OLTRE L’ABORTO di Cristina Damiani

Tratto da “OLTRE L’ABORTO” a cura di Cristina Damiani- Marina Graziosi- Valeria Moretti- Marina Pivetta- Nucci Re- Rosetta Stella- Alessandro Zito ed-aprile 1981

Autogestione della sessualità autodeterminazione nella maternità

In questo particolare momento politico in cui a vari livelli si torna a parlare del problema aborto senza tener conto delle esigenze espresse in questi ultimi anni dal movimento delle donne, riteniamo indispensabile aprire il discorso sulla contraccezione. Si ritiene infatti da più parti che una larga diffusione dei contraccettivi possa risolvere automaticamente la piaga dell’aborto, non prendendo in considerazione la complessità del problema.
Con fiducia e speranza ci siamo avvicinate agli anticoncezionali che dagli anni ’60 si sono diffusi. Essi sembravano promettere una contraccezione facile, sicura ed efficace. Lo slogan delle manifestazioni degli anni ’76-’77, “Contraccezione per non abortire, aborto libero per non morire”, è diventato meno schematico e si è arricchito di una maggiore coscienza critica sulle implicazioni della contraccezione nei confronti della nostra maternità, sessualità e salute, rilevando come anche in questo campo le speranze di liberazione si siano rivelate illusorie. Siamo noi donne a vivere in prima persona le contraddizioni legate all’uso dei contraccettivi mentre medici e case farmaceutiche ne mantengono il controllo: i vari prodotti tengono maggior conto dei profitti e  dei  bisogni sessuali degli uomini che non della salute e della sessualità femminili.
Nelle società industrializzate, la pubblicità, i mezzi di comunicazione di massa, la moda, tendono a dare un’immagine di donna emancipata che lavora, studia, ha rapporti sessuali anche con più uomini. Inconsapevolmente le donne si trovano a vivere una contraddizione tra questo modello sessuale e i loro reali desideri. Inoltre questa figura femminile falsamente liberata è funzionale ad una politica di controllo demografico sempre più esteso che nega alla donna il diritto di scegliere la maternità, respingendola ancora una volta vero il suo millenario ruolo di riproduttrice passiva. I contraccettivi che meglio rispondono a questa situazione sono la pillola e la spirale.
In questo senso infatti si dirige essenzialmente la ricerca scientifica.
Le iniziative in questo campo partono quasi sempre dalle multinazionali farmaceutiche che sperimentano nei propri laboratori e tendono quindi ad influenzare le opinioni degli organismi pubblici preposti al controllo. Inoltre sono le stesse industrie a gestire la pubblicità dei nuovi prodotti, indirizzando l’opinione delle consumatrici in base ad interessi economici nascosti dietro a presunti criteri di sicurezza e innocuità. Potremmo richiamare al riguardo la vicenda clamorosa degli ovuli Patentex che largamente pubblicizzati, furono ritirati dal mercato dopo che si verificarono numerose gravidanze. C’è da chiedersi se in realtà la vera sperimentazione non sia a carico delle donne, una volta che i prodotti siano stati immessi sul mercato. Un altro esempio viene dato dalla pillola, i cui eventuali effetti collaterali potranno apparire a distanza di decenni e sulle nuove generazioni.
E’ illusorio quindi pensare che l’aborto possa essere sconfitto attraverso una sempre maggiore diffusione degli attuali contraccettivi se le donne contuinuano ad essere espropriate dai loro corpi e dai loro bisogni.

Gruppo femminista per la salute della donna –Roma

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Presentazione della discussione

"Media, linguaggi ed immaginari.
Strategie e pratiche di autorappresentazione e riappropriazione dei mezzi
di comunicazione e dei linguaggi"

Il tavolo verrà co-gestito da feramenta e enza panebianco.
feramenta è una rete di donne che da tre anni lavora su condivisione di
saperi, freesoftware, immaginario e identità di genere.
enza panebianco è redattrice di femminismi a sud, un blog di espressione e
analisi politica femminista.

Il tavolo verrà focalizzato sull’autorappresentazione e sugli strumenti
del comunicare in rete.

Abbiamo ragionato su come impostare il tavolo e siamo arrivate alla
conclusione che parlare dell’attacco alle donne attraverso i media
piuttosto che dell’oggettivazione del corpo delle donne nella televisione
e nella pubblicità o della violenza mediatica in generale è un approccio
generalista e in un confronto ampio è difficile condurre la discussione
verso approdi comuni diversi da quelli di partenza, che ci vedono già
tutte d’accordo.
Ci siamo quindi proposte per  introdurre il tavolo a partire dai nostri
percorsi politici fondati sulla riappropriazione, la condivisone e
l’autorappresentazione dandogli un taglio molto pragmatico.
La seconda parte del tavolo avverrà infatti sotto forma di workshop.

I PARTE

Intro:

che cosa è e come si radica il gender divide.

la riappropriazione: dal cyberfemminismo agli eclectictechcarnival

l’autodeterminazione e l’uso della tecnologia

uso consapevole della tecnologia
(spazi liberati, free software, comunità virtuali)

DISCUSSIONE APERTA

II PARTE

Spazi liberati nella rete

Comunicare tra noi:

la mailing list come assemblea virtuale
(come si apre, come si gestisce, come ci si autogestisce, la netiquette)

Comunicare all’esterno:

Il blog
(come si apre, come si gestisce, cosa vuol dire aurappresentarsi e come si
comunica in un blog)

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PER UNA LETTURA (MOLTO) CRITICA DELLA 194 da maistat@zitt@

Ehm!… scaricalo cliccando qui

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OBIETTIAMO GLI OBIETTORI da maistat@zitt@


Di fronte agli attacchi sempre più pesanti all’autodeterminazione delle
donne non si può più rispondere semplicemente invocando la difesa della 194.
Le scellerate dichiarazioni degli antiabortisti in queste ultime settimane
rendono ancor più evidente il potere sulla sfera della riproduzione (e, più
in generale, su quella della salute) che la classe medica può esercitare,
coadiuvata anche dall’articolo 9 della legge 194 che prevede per il
personale sanitario la possibilità dell’obiezione di coscienza – possibilità
contemplata unicamente rispetto all’interruzione di gravidanza: in nessun
altro ambito medico né in altra professione vale questa opzione.

Per riaffermare con efficacia il nostro diritto di autodeterminazione
dovremmo, quindi, ripartire proprio dal nodo dell’obiezione di coscienza, da
questa “opzione”, riconosciuta per legge, secondo cui alle scelte e ai
problemi di sofferenza delle donne (perché abortire è una scelta sofferta)
il personale medico-sanitario può anteporre i suoi “problemi di coscienza”,
la sua visione della vita – in poche parole, in nome della propria
“coscienza” può opprimere il soggetto a cui deve assistenza.
Gli effetti di ciò sono sotto gli occhi di tutte: oggi abortire è diventato
quasi impossibile e le donne stanno ritornando a pratiche clandestine per
l’interruzione di gravidanza; l’arroganza degli obiettori è immensa, e nei
reparti il personale che non vuole adeguarsi ai diktat dei primari obiettori
ha vita dura; perfino l’accesso alle scuole di specializzazione in
ostetricia e ginecologia è sempre più vincolato all’“atto di fede”
dell’obiezione di coscienza. Chi si adegua ha una strada privilegiata per
far carriera; chi invece non obietta è costretta/o a impiegare la maggior
parte del proprio tempo a praticare aborti per sopperire alla scarsità di
personale non obiettore. Per non parlare, poi, della cospicua fetta di
finanziamenti pubblici destinata agli ospedali cattolici in cui non è
riconosciuta la possibilità dell’interruzione di gravidanza.

Se una cattiva legge permette, attraverso l’obiezione, di calpestare i
diritti individuali, anche le/i cittadine/i hanno diritto di sapere chi sono
coloro che le/i curano e di scegliere da chi farsi curare: che fiducia si
può avere in quel/la ginecologo/a che costringe a inutili sofferenze in nome
delle proprie convinzioni morali, pensando di aver dei diritti sul corpo
dell’altra?

Crediamo sia arrivato il momento non solo di rivendicare dei diritti ma
anche di praticarli.

“Obiettiamo gli obiettori” significa che esercitiamo il diritto di scegliere
da chi farci curare, pretendendo un rapporto di fiducia, trasparenza e
assunzione di responsabilità con la persona a cui affidiamo la nostra
salute.
Significa, quindi, pretendere dalle Asl, dai Consultori e dagli Ospedali
l’elenco del personale medico-sanitario che pratica l’obiezione di
coscienza.

Alle donne che intendono difendere e affermare il diritto
all’autodeterminazione proponiamo di:
1. costituirci come soggetti politici che esigono la pubblicizzazione e
l’affissione pubblica negli ospedali e nei consultori delle liste del
personale sanitario che fa obiezione;
2. cominciare a raccogliere città per città, ospedale per ospedale,
consultorio per consultorio tutte le informazioni che già si hanno, facendo
una prima lista dei nominativi che si posseggono;
3. promuovere il boicottaggio in toto di tutti i reparti e di tutte le
prestazioni (analisi del sangue, visite, ecc) degli ospedali in cui ci sono
più obiettori;
4. creare un sito dedicato a questo dove raccogliere informazioni.

Sappiamo bene che in nome di “sacri principi” vengono compiuti i più grandi
crimini della storia, la violazione dei più elementari diritti umani. Hannah
Arendt ci ha insegnato che “Il male appare banale e proprio per questo
ancora più terribile: perché i suoi più o meno consapevoli servitori, altro
non sono che dei piccoli, grigi burocrati, simili in tutto e per tutto al
nostro vicino di casa”.
Difendere la nostra autodeterminazione dai “burocrati del male” significa
diventare protagoniste nell’esercizio e la difesa dei nostri diritti.
Smantellare il sistema che si è creato intorno all’obiezione di coscienza,
significa smantellare un sistema che alimenta e legittima gran parte degli
attacchi contro l’autodeterminazione dei nostri corpi e delle nostre vite.
Sta a noi donne determinare un grande risveglio prendendo coscienza della
vastità dell’abuso subito e impedire che si ripeta, rimpadronendoci di un
sapere e di pratiche che ci mettano in grado di opporci agli abusi e di
chiederne conto.


Collettivo femminista Maistat@zitt@

Scarica ObiettiamoObiettori.pdf

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L’AUTODETERMINAZIONE da a/matrix

L’autodeterminazione, intesa come spazio di auto-nomia dei corpi e
delle diverse sessualità, e il riconoscimento della libertà, per tutti gli infiniti
generi, di disertare l’istituzione matrimoniale sperimentando modelli alternativi
di relazione, sono due questioni sulle quali per definizione non si può affatto delegare.
E’ questa la ragione sociale del movimento delle donne e del movimento
glbt(q)(z).
Dire basta, una volta per tutte, all’imposizione di morali univoche
nelle scelte individuali, ai tentativi di sottrarre alle donne (e agli uomini) il
potere sul proprio corpo, di disciplinarci attraverso una norma sessuale, riproduttiva e
produttiva.
La società dello spettacolo e della precarietà cerca di addomesticare
le donne che non intendono ricoprire i ruoli scelti da altri, stringendole
nell’abbraccio mortale tra l’immagine della donna-perfetta madre-moglie-manager e la coreografica
donna-velina, che se parlasse diventerebbe pericolosa anche lei. Ma dal silenzio si esce
davvero provando ad allargare l’orizzonte della comunicazione ed è possibile farlo
giocando con le parole, inventando un nuovo vocabolario, senza abusare di termini o
slogan che hanno avuto fortuna in passato ma che ora hanno bisogno di essere rimodulati.
Siamo alla ricerca di una politica radicale della parodia capace di mettere in scacco
l’opposizione violenza/nonviolenza.
A chi vuole impropriamente strumentalizzare il corpo delle donne, i suoi molteplici
significati e piani di espressione, banalizzando le scelte che stanno dietro all’aborto o
alla fecondazione assistita, rappresentandoli come melodrammi in cui il protagonista di
tutte le inquadrature è un feto che galleggia nel vuoto, noi vogliamo rispondere con
l’uso in proprio del desiderio, dell’immaginario e della materialità del corpo.
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NASCITURI TE SALUTANT da a/matrix

Censorino, pedagogo romano del primo secolo A.C., proclamava che è
impossibile stabilire se siano state create prima le galline o le
uova, poiché è vero che un uovo non può essere generato senza gallina
ma anche che la gallina stessa nasce da un uovo.  Ecco una semplice
osservazione di buon senso che si è sedimentata nel corso dei secoli
nella saggezza popolare, ma anche metafora dell’eterno ciclo della
vita.
Finalmente oggi siamo vicini alla soluzione del problema, con il
disegno di legge n. 1514. Ed ecco alcune delle conseguenze: i dati
dell’associazione italiana per l’educazione demografica ci dicono che
circa il 20 per cento delle coppie in età riproduttiva ha problemi di
infertilità. E la società italiana di studi di medicina riproduttiva
ha compiuto una simulazione tenendo conto dei limiti imposti dalla
legge: il risultato è che ben due terzi delle donne che hanno avuto
una gravidanza, seguendo un trattamento convenzionale, non avrebbe
concepito se la legge fosse già stata in vigore. Con l’obbligo del
consenso informato, dinanzi a una così alta percentuale di fallimenti
non rimangono molte scelte: rinunciare completamente ad avere una
gravidanza o darsi al "turismo riproduttivo".
Con questa legge l’Italia diventa l’unico paese al mondo a mettere un
limite numerico all’inseminazione di cellule-uovo, l’unico paese
europeo a vietare la fecondazione eterologa e l’unico, con la
Germania, a impedire di fatto la diagnosi sugli ovociti prima
dell’impianto. La legge consente la revoca al consenso all’impianto
solo fino al momento della fecondazione dell’ovulo e rende
obbligatorio il trasferimento nell’utero della donna anche di embrioni
malati. Così che resterebbe alla donna solo la libertà di praticare
l’aborto terapeutico.

Potranno accedere alle tecniche di procreazione [rectius:
fecondazione] assistita solo coppie di sesso diverso, conviventi o
legate dal sacro vincolo del matrimonio, sterili o infertili.
Di fronte a tutto ciò, possiamo pensare che il nobile consesso
parlamentare abbia approvato una tale legge per tracotanza? O che la
virile schiera di deputati e senatori sia ossessionata dal fantasma
dell’esclusione della presenza maschile dalla scena della
riproduzione?
L’articolo 1 parla chiaro: la legge assicura i diritti di tutti i
soggetti coinvolti, compreso l’uovo, pardon, il concepito. Dietro
l’oscura selva di divieti si cela dunque un grande servigio reso
all’umanità, con la soluzione di un dilemma millennario: grazie a
questa legge possiamo consegnare ai posteri la limpida certezza che
l’uovo viene prima della gallina!
Come simbolo di concreta riconoscenza nei confronti di tale e tanta
sapienza, A/Matrix invita tutte le galline a deporre decine,
centinaia, migliaia di uova ben sode. Uova d’oro, costose e
inaccessibili come le tecniche di riproduzione. Ognuna avrà da una
carta d’identità, garanzia del possesso dei requisiti del perfetto
cittadino italiano: bianco, eterosessuale, preferibilmente di sesso
maschile.
Ave Cesare, nascituri te salutant!

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Era post-legge etica – frammento 01 da A/matrix


micronarrazioni per soggettività eccentriche
frammento 01

Era post-legge etica

A Life is Born: lo spettacolo della vita.
Grandi lettere affusolate campeggiano all’ingresso della clinica e ritornano miniaturizzate ovunque. Anche accanto alla tradizionale insegna della toilette dove, tra le rassicuranti icone dell’uomo e della donna, c’è anche quella di un embrione. Lo stimolo aumenta sempre di più, devo fare in fretta. Sorridendo a chiunque incrocio tra i corridoi, come impone il codice di comportamento imparato nel job training successivo all’assunzione, mi infilo in bagno. Appena in tempo. Chiudo la porta e ahhhhh. E’ sempre più intensa, irresistibile, quasi svengo. E’ lei che spinge dal mio corpo, incontenibile. Scorre fuori tra umori caldi e la guardo srotolare fino a terra. Siiiiiii.
E’ la mia coda dorsale. Piccola mostruosità frutto di chissà quale errore genetico. Si struscia contro la mia mano per poi accucciarsi gentile tra le gambe.

E’ dolce sprofondare nell’ukiyo, mondo fluttuante dove si vive momento per momento, volgendosi interamente alla luna, alla neve, ai fiori di ciliegio e alle foglie rosse degli aceri, dove si cantano le canzoni, si beve sakè, ci si consola dimenticando la realtà e dove non ci si fa scoraggiare dalla miseria che sta di fronte, dove si sommano impermanenza e vacuità, frivolezza e ricerca del piacere, bellezza e evanescenza, danze eccentriche e femminili.

– Occupato?.
Qualcuno bussa energicamente alla porta. In una frazione di secondo riaffioro dalla materia onirica, riabbottono il camice, un’occhiata allo specchio ed esco.

Il design della sala d’attesa è progettato per far sintonizzare l’utenza con la calda memoria primordiale della placenta. Morbide pareti translucide ad effetto flusso continuo, sedili immersivi e musica acquatica di sottofondo. Su un enorme schermo fluttuano immagini di embrioni che diventano feti. Un omaggio alle celebri icone del fotografo biomedico Lennart Nilsson pubblicate nella copertina di "Life" dell’aprile 1965 e poi trasmesse in uno speciale tv della NOVA del 1983.

Le prime in cui il feto diventò oggetto pubblico e significante supremo della vita, in cui l’utero fu ridotto a spettacolo biologico, entrambi costruiti grazie alla potenza delle tecnologie di visualizzazione

Però, bel restyling rispetto agli spazi asettici dei tempi delle vecchie cliniche! E proprio loro, gli embrioni silenziosi, grumo di cellule non in grado di amare e respirare, provare dolore o avere fame sono le presenze fantasmatiche che popolano la clinica A Life is Born, filiale dell’omonima multinazionale.
Un nome che, come recita l’homepage del sito www.alifeisborn.com, "è una promessa per tutte le coppie che per ragioni biologiche non possono avere figli e che da anni sono impantanate nell’infinito iter burocratico delle adozioni. All’avanguardia nella ricerca e l’applicazione delle TRA (tecniche di riproduzione assistita), offre garanzie di privacy, sicurezza e prezzi ultracompetitivi. Qui il sogno di ogni famiglia diventa realtà".

– Tutto inutile, tutto inutile.
Un uomo esce dallo studio del Supervisore Etico. In mano tiene una cartella color carta da zucchero con un vistoso timbro nero: Numero G804. Richiesta respinta. E’ sconvolto. Con occhi allucinati guarda la donna sprofondata in poltrona e la travolge con un fiume di parole:
– Mia moglie credeva che qui avrebbero risolto il nostro problema. E ora chi glielo dice?
Sull’orlo delle lacrime continua:
– E’ tutta colpa mia. Il mio seme è una brodaglia inutile. Acqua sporca. Sono un fallito, un maschio sterile. Non ho più il coraggio di guardare in faccia i miei colleghi. Sa, tutti mostrano orgogliosi le foto dei loro pargoli. Lo so, quei bastardi mi provocano.
Lei non fa in tempo a reagire che lui le si aggrappa alla manica del tailleur e sottovoce sibila:
– Dopo anni di inutile attesa per ottenere, a suon di denaro, un bambino o una bambina in adozione, pensavamo di risolvere tutto usando il gamete di un donatore. Ma non si può. Non lo sapevo. Si rende conto: è vietato dalla legge! La fecondazione eterologa è un adulterio biologico (1), mi hanno detto. Maledetti.
La donna abbassa gli occhi. Pensa alla sua girl-friend, medica, che ha attestato la sua sterilità per aggirare l’odiosa legge sulle TRA approvata all’inizio del secolo.

La legge tutela i diritti del concepito e muove così un chiaro attacco alla libertà di abortire, consente l’accesso alle TRA solo a coppie eterosessuali e per fini terapeutici (infertilità, sterilità) (2). Il vecchio slogan femminista "il personale è politico" è stato rovesciato con tale intensità che i confini tra pubblico e privato si sono sbriciolati, sostituiti da circuiti di controllo che sondano tutta la "sfera pubblica dell’intimità"

Già da qualche tempo si erano trasferite in un’orribile palazzina sulla tangenziale, nello stesso condominio di un caro amico complice che si era prestato a presentare con lei domanda di accesso alle TRA fingendo di essere una coppia convivente. Così, in caso di controlli, le bastava scendere le scale e farsi trovare in vestaglia con la scopa in mano.
Rischiavano grosso, il DCR (Dipartimento controllo riproduzione) aveva cominciato a chiudere tutti i centri per l’autogestione delle TRA e ad arrestare le tecnolesbiche che distribuivano kit per l’autoinseminazione. Un vero regime del terrore attuato in nome dellintegrità della Vita e della Famiglia.

Una voce suadente chiama il suo nome dall’altoparlante e interrompe il flusso dei suoi pensieri.
– Mi scusi, devo andare.
Ma ormai l’uomo, in preda ai tic nervosi tipici da crisi della maschilità, non l’ascolta più. Poverino. Sta per dirgli qualcosa, vorrebbe raccontargli la sua storia e incoraggiarlo a trovare una via di fuga dagli imperativi dello stato etico. No, troppo rischioso, magari è un agente in borghese. Dice solo:
– Su, vedrà che troverà una soluzione. Lei e sua moglie potreste provare in qualche altro paese. L’eterologa è permessa in tutto il mondo tranne da noi e in Giordania, Egitto, Turchia e Arabia Saudita.
Con lo sguardo fisso nel vuoto lui volta le spalle e si allontana sconsolato.

– Infermiera, mi passi la cartella Numero C205. Poi può andare.
– Ecco dottore.
Mentre mi sporgo dall’altro capo della scrivania lui vecchio porco bavoso sbircia il mio generoso decolté.
La sento scattare in avanti, pronta ad afferrarlo per il collo. Cristo, no!.
– Che succede signorina. Si sente male?
Mi guarda stupito incrociare le mani sul bassoventre e stringere con forza.
– No, sa è che… ho un problema di cistite e allora, mi scusi, scappo al bagno, sono desolata.
Rossa come un peperone, guadagno luscita e Ahhhh, atroce urlo di dolore. La coda ribelle è sfuggita al controllo ed è rimasta incastrata tra la porta e lo stipite. Con uno strattone la libero dalla stretta e mi accascio a terra. Maledetta!. Mi rialzo, non c’è tempo da perdere.
Ascensore, piano 2, laboratorio centrale, password d’entrata, sono dentro il sistema d’archivio, i bastardi sono fottuti, apri i files, sfilza di codici che si intrecciano, la mia coda voluttuosa sfiora la tastiera, inizio dal numero G804: la richiesta respinta si trasforma in ammessa, scrollo veloce la pagina e procedo con le sostituzioni.

La coda pulsa di piacere. Poi fulminea si ritira nella sua morbida tana. Allarme.
– Che cosa sta facendo ancora qui?
Un’imperiosa voce maschile mi fa gelare il sangue nelle vene:
– La clinica sta per chiudere. Non lo sa? Mi mostri la sua tessera di riconoscimento. Le faccio rapporto.
Merda! Il tizio della sorveglianza gode da morire: le settimane passate il troglodita cha provato come un disperato e lho sempre pisciato. Ora gusta la vendetta.
– Scusa. Non mi ero accorta. Vado via subito balbetto.
Niente da fare. Solo il personale di livello A è autorizzato ad entrare qui dentro. Parla al suo stupido walky talky:
– Presenza irregolare nel lab. 5.
Mi muovo verso di lui:
– Ma dai, falla finita, il Supervisore Etico mi ha chiesto di inserire dei dati al suo posto.
Sono sempre più vicina: un guizzo e la coda gli si avventa contro rabbiosa. E già stordito, un bel calcione tra le gambe e cade a terra intontito:
– Così impari a guardarmi sempre il culo, coglione!.

Me la do a gambe su per scale antincendio, l’allarme suona in tutto l’edificio. Porco cazzo, mi saranno addosso in un attimo. Corro a perdifiato fino all’uscita di servizio, raggiungo il giardino illuminato a giorno. Sento il rumore del cancello automatico che si chiude. Sono in trappola: l’unica risorsa è la metamorfosi.
Ore 9.30: un nuovo giorno comincia nella A Life is Born. Due addetti alle pulizie spruzzano gas solventi contro graffiti rossi.
TRA: UNA SCELTA OLTRE LA TERAPIA, VIENE PRIMA LA GALLINA DELL’UOVO, L’UNICA LEGGE È QUELLA DEL DESIDERIO
– Allora, niente di nuovo?
Chiede un signore incravattato in doppiopetto grigio a un alto funzionario del DCR.
– No, signor presidente, dell’infiltrata si sono perse le tracce. Abbiamo analizzato la vernice usata per quelle scritte – una smorfia di disgusto gli deforma il volto – e’ sangue mestruale arricchito di agenti chimici. Le assicuro che faremo tutto il possibile per consegnare alla giustizia quella schifosa puttana.
Si interrompe per guardarsi attorno guardingo, poi con un filo di voce:
– Ma è mio dovere avvertirla che le azioni di disobbedienza riproduttiva si stanno moltiplicando. Ovunque casi di diserzione, sabotaggio, infiltrazione e resistenza da parte di singole e gruppi organizzati. Siamo preoccupati.
– Capisco. Darò ordine di aumentare le misure di sicurezza. Mi raccomando il massimo riserbo. I nostri tecnici sono già al lavoro, ci vorranno settimane per riportare ordine nel caos dei codici. E non voglio giornalisti qui: se si viene a sapere della manomissione dei dati, il buon nome della clinica andrà in malora.
– Non si preoccupi, la protezione della privacy delle corporations è il principio base del DCR. Senta, un’ultima cosa: abbiamo rinvenuto strane uova e tracce di membrana organica disseminate nel giardino e nelle scale antincendio. Lei ha per caso idea da dove provengano?.

Nasciamo dentro e contro il regime del tecnobiopotere. Figlie illegittime dell’utero tecnoscientifico, nuotiamo nel suo liquido amniotico, placenta material-semiotica.
Immerse nel ventre della matrice senza centro né fuori, giochiamo per farla implodere perché come l’ultima Ripley non siamo più né umane né aliene. Come mostri biopolitici viaggiamo tra i flussi dell’Impero per sottrarci alle sue reti e godere delle nostre metamorfosi.
a/ matrix corpi a venire vs il mito dell’origine.

Note:
1) Definizione della fecondazione eterologa usata dall’on. Angelo Sanza (Ccd-Cdu) all’inizio del dibattito parlamentare (marzo 2002) sul progetto di legge sulla procreazione medicalmente assistita. Una perla concettuale per cui lo ringraziamo.
2) Inoltre, la legge vieta la riduzione embrionaria di gravidanze plurigemellari, la soppressione di embrioni e la loro crioconservazione, la produzione di un numero di embrioni superiore a tre. Prevede che tutti gli embrioni prodotti debbano essere contemporaneamente trasferiti nel corpo della donna.

thanks to: anne balsamo, barbara duden, donna j. haraway, sf femminista, michael hardt & antonio negri, ristorante ukiyo di roma, zin-na.

 

Era post-legge etica – frammento 01 (aprile 2002)

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Dati ISTAT sulle violenze


Troppo silenzio sulle violenze domestiche


Uno sguardo d’insieme
Il fenomeno della violenza e dei maltrattamenti contro le donne
ha nel nostro Paese grande rilevanza: sono stimate in quasi 7
milioni le donne italiane tra i 16 e i 70 anni che hanno subito
nel corso della vita, dentro o fuori della famiglia, una forma di
violenza, fisica o sessuale; 1 milione 400 mila donne hanno
subito forme di violenza sessuale prima dei 16 anni; oltre 7
milioni di donne hanno subito o subiscono violenza psicologica.
Spesso, inoltre, coloro che subiscono forme di violenza
psicologica sono anche vittime di violenze fisiche o sessuali.
Definizioni utilizzate
La percentuale di donne da 16 a 70 anni che hanno subito
violenza fisica o sessuale nel corso della vita per autore e la
percentuale delle donne da 16 a 70 anni che hanno subito
violenza sessuale prima dei 16 anni, entrambe calcolate rispetto
alla popolazione femminile della stessa classe di età, per
regione di residenza, sono stati scelti quali indicatori per descrivere
la distribuzione territoriale rispettivamente del fenomeno
della violenza contro le donne nel suo complesso, e per
la più specifica analisi degli abusi sessuali subiti dalle bambine
e dalle giovani donne.
L’Italia e le sue regioni
Nel nostro Paese le quote più elevate di donne che hanno
subito violenza fisica o sessuale da un uomo qualsiasi si rilevano
nelle regioni del Nord, in alcune del Centro e, in particolare,
nei centri metropolitani (42%): in Emilia-Romagna e nel
Lazio le vittime sono oltre il 38% della popolazione femminile,
in Liguria il 35,4% (a fronte di un valore medio nazionale pari a
31,9%). Sono 3 milioni 961 mila le donne in Italia che hanno
subito violenze fisiche (18,8%), mentre 5 milioni sono state
vittime di violenze sessuali (23,7%) e, tra queste, circa 1 milione
ha subito stupri o tentati stupri (4,8% della popolazione
femminile nella classe considerata). I partner (o ex) risultano
responsabili della quota più elevata di tutte le forme di violenza
fisica, e anche di alcune forme di violenza sessuale (in particolare
gli stupri e i rapporti sessuali non desiderati ma subiti per
timore di conseguenze). Solo il 18,2% delle donne che hanno
subito violenze fisiche o sessuali in famiglia le considera reati;
le denuncia come tali appena il 7,2% di coloro che le subiscono.
A sottolineare i problemi connessi alla percezione delle
violenze da parte delle donne e alla limitata ricerca di tutela
giuridica rispetto agli abusi subiti, dall’analisi della distribuzione
territoriale del fenomeno della denuncia delle violenze domestiche
emerge che le quote di donne che sporgono denuncia
sono inferiori alla media nazionale, non solo in tutte le regioni
del Sud (ad eccezione della Puglia), ma anche in alcune regioni
del Nord (Piemonte 5,8% e Emilia-Romagna 5,1%).
La valutazione della forma di violenza varia se ci si riferisce
solo a “stupri o tentativi di stupro”: la percentuale delle donne
che si considerano vittime di un reato sale in questo caso al
26,5%, ma le denunce restano limitate al 4,1% dei casi di violenza.
Il 6,6% del totale della popolazione femminile da 16 a 70 anni
ha subito forme di violenza sessuale prima dei 16 anni. In un
caso su quattro la violenza è perpetrata da un conoscente;
sempre una donna su quattro indica invece in un parente
l’autore dell’abuso e, nei casi di violenza segnalati come molto
gravi, nella maggioranza dei casi risultano proprio le persone
più vicine i responsabili dei reati. Oltre la metà delle vittime
dichiara di non avere parlato con nessuno dell’accaduto. I dati
relativi a tale forma di violenza presentano dei picchi distribuiti
a macchia di leopardo sul territorio nazionale: le regioni dove si
rilevano le quote più elevate sono, al Nord, l’Emilia-Romagna
(11,5%) e il Trentino Alto-Adige (in particolare la provincia di
Bolzano, con un quoziente pari al 10,1%); al Centro, il Lazio e
la Toscana (entrambe con quote superiori all’8%); al Sud, ove
nella generalità delle regioni le quote risultano inferiori al valore
nazionale, la Sardegna (7% della popolazione femminile). Tali
valori – da analizzare con cautela in quanto possono nascondere
diversità nella disponibilità da parte delle donne a parlare
dell’argomento – sottolineano comunque la rilevanza e la gravità
del fenomeno.



Fonti
Istat – Indagine Multiscopo, Sicurezza delle donne, Anno 2006
Altre informazioni
Pubblicazioni
La violenza e i maltrattamenti contro le donne dentro e fuori la famiglia
Siti Internet
http://www.istat.it

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Intervento dei Quaderni Viola

Il termine politica ha avuto il potere di suscitare sulla lista Sommosse forti reazioni allergiche. Varrebbe la pena di riflettere sulle ragioni per cui questa parola sembra diventata impronunciabile, ma la discussione produrrebbe forse reazioni sul versante opposto. E non è comunque questo il luogo e il momento per farla.
Cercherò di spiegare quali esigenze e quale itinerario ci ha portate a formulare la proposta sullo SPAZIO PUBBLICO.   Abbiamo proposto , come Quaderni Viola, che il tavolo numero 5, quello sulla “cultura non sessista” diventasse un tavolo sulla “critica femminista delle culture patriarcali”.
Si tratta di un tema più ampio, perché il sessismo è solo un aspetto dell’ideologia patriarcale. Il sessismo, per analogia con il razzismo, allude al disprezzo per le donne, alla teorizzazione della loro inferiorità,all’intenzione di segregarle o di metterle sotto accusa.
L’iniziativa di Giuliano Ferrara, per esempio, è sessista perché l’equiparazione dell’aborto alla pena di morte equivale all’accusa a milioni di donne di svolgere il ruolo di boia o di dare il proprio consenso all’azione del boia. Ma la cultura patriarcale non è sempre così rozza e volgare.   

L’avversario più temibile delle donne è oggi l’ex professore di teologia fondamentale delle università di Bonn, Tubinga e Ratisbona, Joseph Ratzinger. Questo signore ha pensato o ispirato le più recenti elaborazioni della dottrina cattolica ufficiale sulle donne. E’ stato l’estensore o il suggeritore di documenti importanti in cui si parla di donne e di femminismo, del quale dimostra di avere una conoscenza ben più profonda di quella di molte femministe.
Nel suo lavoro spesso le donne sono elogiate come depositarie di importanti virtù, anche intellettuali. Non sarebbe difficile dimostrare le intenzioni tutt’altro che femministe di quegli elogi, ma anche per questo non c’è spazio e tempo. La natura patriarcale della cultura è evidente in tutta una serie di manifestazioni: i saperi sono androcentrici; punti di vista presunti neutrali portano il segno del lungo monopolio maschile della tradizione simbolica.
Ecco, la cosa di cui desideravamo discutere era proprio questa, in modo particolare la sua attualizzazione. Con quali culture patriarcali il femminismo deve oggi fare i conti? Quali critiche ha  da fare nei loro confronti?

Aggiungo che nella lunga storia del femminismo l’aspetto di critica non solo del sessismo, ma delle culture patriarcali in genere, è stato fondamentale. Alcune femministe, per esempio Simone de Beauvoir, hanno decostruito i più diversi discorsi maschili sulle donne per mostrarne la logica patriarcale, anche se spesso non necessariamente sessista.
La POLITICA fa parte dell’insieme delle pratiche e delle culture patriarcali. Anzi forse è la più patriarcale delle culture. La differenza di fondo tra le donne e gli uomini al di là del corpo, di cui per altro è quasi impossibile definire i significati, è l’esclusione del potere, l’estraneità al potere. Tutte le donne in tutte le civiltà, anche dove non esisteva o non esiste un patriarcato assoluto,sono state escluse o emarginate dal potere con eccezioni rarissime e che non mutano la realtà di fondo.
La politica, appena un po’ meno degli apparati militari, è il luogo in cui si può trovare la maggiore condensazione di maschile. E di conseguenza la politica ha subito la critica forse più drastica non solo da parte del femminismo, ma anche delle donne non femministe nella forma spontanea del disinteresse e della distanza.  
Avremmo quindi accennato nella nostra relazione anche alla CRITICA DELLA POLITICA, ma appunto solo accennato.

Dopo aver formulato la proposta due di noi, Lidia e Rosa, hanno partecipato alla discussione di un nuovo collettivo, il Collettivo femminista di Porta Nuova. Lì si è discussa l’esigenza di ridefinire il rapporto delle donne con lo spazio pubblico. E precisiamo in quale senso. Non si pensava affatto di discutere del rapporto tra femminismo, istituzioni, partiti ecc. Il problema naturalmente esiste e potrebbe essere prima o poi discusso. Ma la questione che ci interessa è un’altra. Riprendo una formulazione di Floriana Lipparini che ha proposto il tema : “ Il discorso rischia di banalizzarsi e di  appiattirsi sul rapporto tra generici spazi femminili e e spazi della politica ufficiale (partiti, istituzioni). Già visto. Ben altro è tentare di immaginare e costruire una sfera di riflessione e deliberazione collettiva sulle questioni di fondo del vivere personale e sociale, un punto di riferimento non istituzionale ma riconoscibile e riconosciuto, un livello consultivo differente da quelli esistenti, che rovesci le logiche stantie e logore della rappresentanza cosiddetta democratica, lì dove stanno i nodi del vivere per ciascuna e per tutte.”

Il nostro rapporto con la politica, intesa come altra politica, nuova e diversa politica, è uno dei nodi più difficili da sciogliere e per il femminismo forse anche una questione di vita o di morte. Non basta infatti criticare questa politica, se si vuole davvero rispondere agli attacchi che stiamo ricevendo e cambiare qualcosa di questo mondo, bisogna costruirne un’altra, trovare un modo femminista per occupare ancora lo spazio pubblico.
Nel corso della discussione Lea Melandri ha osservato che negli anni Settanta i GRUPPI DI AUTOCOSCIENZA riuscirono a occupare davvero lo spazio pubblico, perché la loro critica, soprattutto delle relazioni sessuali, penetrò nella parte femminile della società e divenne forza capace di imporsi alla politica e di mutare il senso comune. Oggi non sarebbe più possibile ripetere la stessa esperienza per il cambiamento dei contesti sociale e culturale.   E allora?

Dopo questa discussione nel Collettivo di Porta Nuova si è deciso di chiedere un settimo tavolo e nel caso il settimo non fosse stato possibile, di chiedere l’accorpamento delle due richieste, trasformando ancora un po’ il titolo :”La critica femminista alle culture patriarcali, con particolari riferimenti a quelle politiche” o qualcosa del genere.
Il tavolo sulle pratiche politiche dovrebbe discutere questioni più concrete e diverse, il nostro voleva essere più di impostazione metodologica.
Aggiungiamo, perché il discorso sia chiaro, una citazione dalla relazione fatta a nome dei Quaderni Viola in un’assemblea del FORUM SOCIALE EUROPEO di Parigi nel 2003 e poi pubblicata con il titolo La luna severa maestra “ Da sempre il femminismo, cioè l’insieme dei femminismi esistenti e possibili, ha agito con la vaga percezione o con la lucida consapevolezza che cambiare il mondo della politica non fossa possibile e che la politica delle donne fosse altrove.
A loro modo per altro tutti i soggetti di liberazione hanno dovuto prendere atto che nel mondo della politica, così come l’avevano trovato con i suoi sensi unici, i suoi divieti di transito, le sue barriere architettoniche non c’era posto per loro. Negli spazi che pure talvolta si aprivano rischiavano, come soggetti collettivi, di restare schiacciati o inceneriti. Anzi – a dire meglio – questi spazi nemmeno si aprivano, se una condizione di esistenza non si era trasformata in soggetto collettivo con le sue rivendicazioni e la sua capacità di minacciare un ordine costituito. Ma una condizione di esistenza non diventa soggettività in grado di minacciare un ordine, se già non ha fatto a sufficienza politica, appunto un’altra politica e una politica altrove.”

 

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Legge 19 febbraio 2004, n. 40

"Norme in materia di procreazione medicalmente assistita"
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 45 del 24 febbraio 2004  
 

CAPO I
PRINCÌPI GENERALI
ART. 1.
(Finalità).
1. Al fine di favorire la soluzione dei problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità o dalla infertilità umana è consentito il ricorso alla procreazione medicalmente assistita, alle condizioni e secondo le modalità previste dalla presente legge, che assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito.
2. Il ricorso alla procreazione medicalmente assistita è consentito qualora non vi siano altri metodi terapeutici efficaci per rimuovere le cause di sterilità o infertilità.
ART. 2.
(Interventi contro la sterilità e la infertilità).
1. Il Ministro della salute, sentito il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, può promuovere ricerche sulle cause patologiche, psicologiche, ambientali e sociali dei fenomeni della sterilità e della infertilità e favorire gli interventi necessari per rimuoverle nonché per ridurne l’incidenza, può incentivare gli studi e le ricerche sulle tecniche di crioconservazione dei gameti e può altresí promuovere campagne di informazione e di prevenzione dei fenomeni della sterilità e della infertilità.
2. Per le finalità di cui al comma 1 è autorizzata la spesa massima di 2 milioni di euro a decorrere dal 2004.
3. All’onere derivante dall’attuazione del comma 2 si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2004-2006, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2004, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero della salute. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
ART. 3.
(Modifica alla legge 29 luglio 1975, n. 405).
1. Al primo comma dell’articolo 1 della legge 29 luglio 1975, n. 405, sono aggiunte, in fine, le seguenti lettere:
"d-bis) l’informazione e l’assistenza riguardo ai problemi della sterilità e della infertilità umana, nonché alle tecniche di procreazione medicalmente assistita;
d-ter) l’informazione sulle procedure per l’adozione e l’affidamento familiare".
2. Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
CAPO II
ACCESSO ALLE TECNICHE
ART. 4.
(Accesso alle tecniche).
1. Il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita è consentito solo quando sia accertata l’impossibilità di rimuovere altrimenti le cause impeditive della procreazione ed è comunque circoscritto ai casi di sterilità o di infertilità inspiegate documentate da atto medico nonché ai casi di sterilità o di infertilità da causa accertata e certificata da atto medico.

2. Le tecniche di procreazione medicalmente assistita sono applicate in base ai seguenti princípi:
a) gradualità, al fine di evitare il ricorso ad interventi aventi un grado di invasività tecnico e psicologico più gravoso per i destinatari, ispirandosi al principio della minore invasività;
b) consenso informato, da realizzare ai sensi dell’articolo 6.
3. È vietato il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo.
ART. 5.
(Requisiti soggettivi).
1. Fermo restando quanto stabilito dall’articolo 4, comma 1, possono accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile, entrambi viventi.
ART. 6.
(Consenso informato).
1. Per le finalità indicate dal comma 3, prima del ricorso ed in ogni fase di applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita il medico informa in maniera dettagliata i soggetti di cui all’articolo 5 sui metodi, sui problemi bioetici e sui possibili effetti collaterali sanitari e psicologici conseguenti all’applicazione delle tecniche stesse, sulle probabilità di successo e sui rischi dalle stesse derivanti, nonché sulle relative conseguenze giuridiche per la donna, per l’uomo e per il nascituro. Alla coppia deve essere prospettata la possibilità di ricorrere a procedure di adozione o di affidamento ai sensi della legge 4 maggio 1983, n. 184, e successive modificazioni, come alternativa alla procreazione medicalmente assistita. Le informazioni di cui al presente comma e quelle concernenti il grado di invasività delle tecniche nei confronti della donna e dell’uomo devono essere fornite per ciascuna delle tecniche applicate e in modo tale da garantire il formarsi di una volontà consapevole e consapevolmente espressa.
2. Alla coppia devono essere prospettati con chiarezza i costi economici dell’intera procedura qualora si tratti di strutture private autorizzate.
3. La volontà di entrambi i soggetti di accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita è espressa per iscritto congiuntamente al medico responsabile della struttura, secondo modalità definite con decreto dei Ministri della giustizia e della salute, adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. Tra la manifestazione della volontà e l’applicazione della tecnica deve intercorrere un termine non inferiore a sette giorni. La volontà può essere revocata da ciascuno dei soggetti indicati dal presente comma fino al momento della fecondazione dell’ovulo.
4. Fatti salvi i requisiti previsti dalla presente legge, il medico responsabile della struttura può decidere di non procedere alla procreazione medicalmente assistita, esclusivamente per motivi di ordine medico-sanitario. In tale caso deve fornire alla coppia motivazione scritta di tale decisione.
5. Ai richiedenti, al momento di accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita, devono essere esplicitate con chiarezza e mediante sottoscrizione le conseguenze giuridiche di cui all’articolo 8 e all’articolo 9 della presente legge.
ART. 7.
(Linee guida).
1. Il Ministro della salute, avvalendosi dell’Istituto superiore di sanità, e previo parere del Consiglio superiore di sanità, definisce, con proprio decreto, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, linee guida contenenti l’indicazione delle procedure e delle tecniche di procreazione medicalmente assistita.
2. Le linee guida di cui al comma 1 sono vincolanti per tutte le strutture autorizzate.
3. Le linee guida sono aggiornate periodicamente, almeno ogni tre anni, in rapporto all’evoluzione tecnico-scientifica, con le medesime procedure di cui al comma 1.
CAPO III
DISPOSIZIONI CONCERNENTI LA TUTELA DEL NASCITURO
ART. 8.
(Stato giuridico del nato).
1. I nati a seguito dell’applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita hanno lo stato di figli legittimi o di figli riconosciuti della coppia che ha espresso la volontà di ricorrere alle tecniche medesime ai sensi dell’articolo 6.
ART. 9.
(Divieto del disconoscimento della paternità e dell’anonimato della madre).
1. Qualora si ricorra a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo in violazione del divieto di cui all’articolo 4, comma 3, il coniuge o il convivente il cui consenso è ricavabile da atti concludenti non può esercitare l’azione di disconoscimento della paternità nei casi previsti dall’articolo 235, primo comma, numeri 1) e 2), del codice civile, né l’impugnazione di cui all’articolo 263 dello stesso codice.
2. La madre del nato a seguito dell’applicazione di tecniche di procreazione medicalmente assistita non può dichiarare la volontà di non essere nominata, ai sensi dell’articolo 30, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396.
3. In caso di applicazione di tecniche di tipo eterologo in violazione del divieto di cui all’articolo 4, comma 3, il donatore di gameti non acquisisce alcuna relazione giuridica parentale con il nato e non può far valere nei suoi confronti alcun diritto né essere titolare di obblighi.
CAPO IV
REGOLAMENTAZIONE DELLE STRUTTURE AUTORIZZATE ALL’APPLICAZIONE DELLE TECNICHE DI PROCREAZIONE MEDICALMENTE ASSISTITA
ART. 10.
(Strutture autorizzate).
1. Gli interventi di procreazione medicalmente assistita sono realizzati nelle strutture pubbliche e private autorizzate dalle regioni e iscritte al registro di cui all’articolo 11.
2. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano definiscono con proprio atto, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge:
a) i requisiti tecnico-scientifici e organizzativi delle strutture;
b) le caratteristiche del personale delle strutture;
c) i criteri per la determinazione della durata delle autorizzazioni e dei casi di revoca delle stesse;
d) i criteri per lo svolgimento dei controlli sul rispetto delle disposizioni della presente legge e sul permanere dei requisiti tecnico-scientifici e organizzativi delle strutture.
ART. 11.
(Registro).
1. È istituito, con decreto del Ministro della salute, presso l’Istituto superiore di sanità, il registro nazionale delle strutture autorizzate all’applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita, degli embrioni formati e dei nati a seguito dell’applicazione delle tecniche medesime.
2. L’iscrizione al registro di cui al comma 1 è obbligatoria.
3. L’Istituto superiore di sanità raccoglie e diffonde, in collaborazione con gli osservatori epidemiologici regionali, le informazioni necessarie al fine di consentire la trasparenza e la pubblicità delle tecniche di procreazione medicalmente assistita adottate e dei risultati conseguiti.
4. L’Istituto superiore di sanità raccoglie le istanze, le informazioni, i suggerimenti, le proposte delle società scientifiche e degli utenti riguardanti la procreazione medicalmente assistita.
5. Le strutture di cui al presente articolo sono tenute a fornire agli osservatori epidemiologici regionali e all’Istituto superiore di sanità i dati necessari per le finalità indicate dall’articolo 15 nonché ogni altra informazione necessaria allo svolgimento delle funzioni di controllo e di ispezione da parte delle autorità competenti.
6. All’onere derivante dall’attuazione del presente articolo, determinato nella misura massima di 154.937 euro a decorrere dall’anno 2004, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2004-2006, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2004, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero della salute. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
CAPO V
DIVIETI E SANZIONI
ART. 12.
(Divieti generali e sanzioni).
1. Chiunque a qualsiasi titolo utilizza a fini procreativi gameti di soggetti estranei alla coppia richiedente, in violazione di quanto previsto dall’articolo 4, comma 3, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 300.000 a 600.000 euro.
2. Chiunque a qualsiasi titolo, in violazione dell’articolo 5, applica tecniche di procreazione medicalmente assistita a coppie i cui componenti non siano entrambi viventi o uno dei cui componenti sia minorenne ovvero che siano composte da soggetti dello stesso sesso o non coniugati o non conviventi è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 200.000 a 400.000 euro.
3. Per l’accertamento dei requisiti di cui al comma 2 il medico si avvale di una dichiarazione sottoscritta dai soggetti richiedenti. In caso di dichiarazioni mendaci si applica l’articolo 76, commi 1 e 2, del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.
4. Chiunque applica tecniche di procreazione medicalmente assistita senza avere raccolto il consenso secondo le modalità di cui all’articolo 6 è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 50.000 euro.
5. Chiunque a qualsiasi titolo applica tecniche di procreazione medicalmente assistita in strutture diverse da quelle di cui all’articolo 10 è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 100.000 a 300.000 euro.
6. Chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro.
7. Chiunque realizza un processo volto ad ottenere un essere umano discendente da un’unica cellula di partenza, eventualmente identico, quanto al patrimonio genetico nucleare, ad un altro essere umano in vita o morto, è punito con la reclusione da dieci a venti anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro. Il medico è punito, altresí, con l’interdizione perpetua dall’esercizio della professione.
8. Non sono punibili l’uomo o la donna ai quali sono applicate le tecniche nei casi di cui ai commi 1, 2, 4 e 5.
9. È disposta la sospensione da uno a tre anni dall’esercizio professionale nei confronti dell’esercente una professione sanitaria condannato per uno degli illeciti di cui al presente articolo, salvo quanto previsto dal comma 7.
10. L’autorizzazione concessa ai sensi dell’articolo 10 alla struttura al cui interno è eseguita una delle pratiche vietate ai sensi del presente articolo è sospesa per un anno. Nell’ipotesi di più violazioni dei divieti di cui al presente articolo o di recidiva l’autorizzazione può essere revocata.
CAPO VI
MISURE DI TUTELA DELL’EMBRIONE
ART. 13.
(Sperimentazione sugli embrioni umani).
1. È vietata qualsiasi sperimentazione su ciascun embrione umano.
2. La ricerca clinica e sperimentale su ciascun embrione umano è consentita a condizione che si perseguano finalità esclusivamente terapeutiche e diagnostiche ad essa collegate volte alla tutela della salute e allo sviluppo dell’embrione stesso, e qualora non siano disponibili metodologie alternative.
3. Sono, comunque, vietati:
a) la produzione di embrioni umani a fini di ricerca o di sperimentazione o comunque a fini diversi da quello previsto dalla presente legge;
b) ogni forma di selezione a scopo eugenetico degli embrioni e dei gameti ovvero interventi che, attraverso tecniche di selezione, di manipolazione o comunque tramite procedimenti artificiali, siano diretti ad alterare il patrimonio genetico dell’embrione o del gamete ovvero a predeterminarne caratteristiche genetiche, ad eccezione degli interventi aventi finalità diagnostiche e terapeutiche, di cui al comma 2 del presente articolo;
c) interventi di clonazione mediante trasferimento di nucleo o di scissione precoce dell’embrione o di ectogenesi sia a fini procreativi sia di ricerca;
d) la fecondazione di un gamete umano con un gamete di specie diversa e la produzione di ibridi o di chimere.
4. La violazione dei divieti di cui al comma 1 è punita con la reclusione da due a sei anni e con la multa da 50.000 a 150.000 euro. In caso di violazione di uno dei divieti di cui al comma 3 la pena è aumentata. Le circostanze attenuanti concorrenti con le circostanze aggravanti previste dal comma 3 non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste.
5. È disposta la sospensione da uno a tre anni dall’esercizio professionale nei confronti dell’esercente una professione sanitaria condannato per uno degli illeciti di cui al presente articolo.
ART. 14.
(Limiti all’applicazione delle tecniche sugli embrioni).
1. È vietata la crioconservazione e la soppressione di embrioni, fermo restando quanto previsto dalla legge 22 maggio 1978, n. 194.
2. Le tecniche di produzione degli embrioni, tenuto conto dell’evoluzione tecnico-scientifica e di quanto previsto dall’articolo 7, comma 3, non devono creare un numero di embrioni superiore a quello strettamente necessario ad un unico e contemporaneo impianto, comunque non superiore a tre.
3. Qualora il trasferimento nell’utero degli embrioni non risulti possibile per grave e documentata causa di forza maggiore relativa allo stato di salute della donna non prevedibile al momento della fecondazione è consentita la crioconservazione degli embrioni stessi fino alla data del trasferimento, da realizzare non appena possibile.
4. Ai fini della presente legge sulla procreazione medicalmente assistita è vietata la riduzione embrionaria di gravidanze plurime, salvo nei casi previsti dalla legge 22 maggio 1978, n. 194.
5. I soggetti di cui all’articolo 5 sono informati sul numero e, su loro richiesta, sullo stato di salute degli embrioni prodotti e da trasferire nell’utero.
6. La violazione di uno dei divieti e degli obblighi di cui ai commi precedenti è punita con la reclusione fino a tre anni e con la multa da 50.000 a 150.000 euro.
7. È disposta la sospensione fino ad un anno dall’esercizio professionale nei confronti dell’esercente una professione sanitaria condannato per uno dei reati di cui al presente articolo.
8. È consentita la crioconservazione dei gameti maschile e femminile, previo consenso informato e scritto.
9. La violazione delle disposizioni di cui al comma 8 è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 50.000 euro.
CAPO VII
DISPOSIZIONI FINALI E TRANSITORIE
ART. 15.
(Relazione al Parlamento).
1. L’Istituto superiore di sanità predispone, entro il 28 febbraio di ciascun anno, una relazione annuale per il Ministro della salute in base ai dati raccolti ai sensi dell’articolo 11, comma 5, sull’attività delle strutture autorizzate, con particolare riferimento alla valutazione epidemiologica delle tecniche e degli interventi effettuati.
2. Il Ministro della salute, sulla base dei dati indicati al comma 1, presenta entro il 30 giugno di ogni anno una relazione al Parlamento sull’attuazione della presente legge.
ART. 16.
(Obiezione di coscienza).
1. Il personale sanitario ed esercente le attività sanitarie ausiliarie non è tenuto a prendere parte alle procedure per l’applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita disciplinate dalla presente legge quando sollevi obiezione di coscienza con preventiva dichiarazione. La dichiarazione dell’obiettore deve essere comunicata entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge al direttore dell’azienda unità sanitaria locale o dell’azienda ospedaliera, nel caso di personale dipendente, al direttore sanitario, nel caso di personale dipendente da strutture private autorizzate o accreditate.
2. L’obiezione può essere sempre revocata o venire proposta anche al di fuori dei termini di cui al comma 1, ma in tale caso la dichiarazione produce effetto dopo un mese dalla sua presentazione agli organismi di cui al comma 1.
3. L’obiezione di coscienza esonera il personale sanitario ed esercente le attività sanitarie ausiliarie dal compimento delle procedure e delle attività specificatamente e necessariamente dirette a determinare l’intervento di procreazione medicalmente assistita e non dall’assistenza antecedente e conseguente l’intervento.
ART. 17.
(Disposizioni transitorie).
1. Le strutture e i centri iscritti nell’elenco predisposto presso l’Istituto superiore di sanità ai sensi dell’ordinanza del Ministro della sanità del 5 marzo 1997, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 55 del 7 marzo 1997, sono autorizzati ad applicare le tecniche di procreazione medicalmente assistita, nel rispetto delle disposizioni della presente legge, fino al nono mese successivo alla data di entrata in vigore della presente legge.
2. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, le strutture e i centri di cui al comma 1 trasmettono al Ministero della salute un elenco contenente l’indicazione numerica degli embrioni prodotti a seguito dell’applicazione di tecniche di procreazione medicalmente assistita nel periodo precedente la data di entrata in vigore della presente legge, nonché, nel rispetto delle vigenti disposizioni sulla tutela della riservatezza dei dati personali, l’indicazione nominativa di coloro che hanno fatto ricorso alle tecniche medesime a seguito delle quali sono stati formati gli embrioni. La violazione della disposizione del presente comma è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 25.000 a 50.000 euro.
3. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge il Ministro della salute, avvalendosi dell’Istituto superiore di sanità, definisce, con proprio decreto, le modalità e i termini di conservazione degli embrioni di cui al comma 2.
ART. 18.
(Fondo per le tecniche di procreazione medicalmente assistita).
1. Al fine di favorire l’accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita da parte dei soggetti di cui all’articolo 5, presso il Ministero della salute è istituito il Fondo per le tecniche di procreazione medicalmente assistita. Il Fondo è ripartito tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano sulla base di criteri determinati con decreto del Ministro della salute, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
2. Per la dotazione del Fondo di cui al comma 1 è autorizzata la spesa di 6,8 milioni di euro a decorrere dall’anno 2004.
3. All’onere derivante dall’attuazione del presente articolo si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2004-2006, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2004, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero medesimo. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
 

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