Intervento dei Quaderni Viola

Il termine politica ha avuto il potere di suscitare sulla lista Sommosse forti reazioni allergiche. Varrebbe la pena di riflettere sulle ragioni per cui questa parola sembra diventata impronunciabile, ma la discussione produrrebbe forse reazioni sul versante opposto. E non è comunque questo il luogo e il momento per farla.
Cercherò di spiegare quali esigenze e quale itinerario ci ha portate a formulare la proposta sullo SPAZIO PUBBLICO.   Abbiamo proposto , come Quaderni Viola, che il tavolo numero 5, quello sulla “cultura non sessista” diventasse un tavolo sulla “critica femminista delle culture patriarcali”.
Si tratta di un tema più ampio, perché il sessismo è solo un aspetto dell’ideologia patriarcale. Il sessismo, per analogia con il razzismo, allude al disprezzo per le donne, alla teorizzazione della loro inferiorità,all’intenzione di segregarle o di metterle sotto accusa.
L’iniziativa di Giuliano Ferrara, per esempio, è sessista perché l’equiparazione dell’aborto alla pena di morte equivale all’accusa a milioni di donne di svolgere il ruolo di boia o di dare il proprio consenso all’azione del boia. Ma la cultura patriarcale non è sempre così rozza e volgare.   

L’avversario più temibile delle donne è oggi l’ex professore di teologia fondamentale delle università di Bonn, Tubinga e Ratisbona, Joseph Ratzinger. Questo signore ha pensato o ispirato le più recenti elaborazioni della dottrina cattolica ufficiale sulle donne. E’ stato l’estensore o il suggeritore di documenti importanti in cui si parla di donne e di femminismo, del quale dimostra di avere una conoscenza ben più profonda di quella di molte femministe.
Nel suo lavoro spesso le donne sono elogiate come depositarie di importanti virtù, anche intellettuali. Non sarebbe difficile dimostrare le intenzioni tutt’altro che femministe di quegli elogi, ma anche per questo non c’è spazio e tempo. La natura patriarcale della cultura è evidente in tutta una serie di manifestazioni: i saperi sono androcentrici; punti di vista presunti neutrali portano il segno del lungo monopolio maschile della tradizione simbolica.
Ecco, la cosa di cui desideravamo discutere era proprio questa, in modo particolare la sua attualizzazione. Con quali culture patriarcali il femminismo deve oggi fare i conti? Quali critiche ha  da fare nei loro confronti?

Aggiungo che nella lunga storia del femminismo l’aspetto di critica non solo del sessismo, ma delle culture patriarcali in genere, è stato fondamentale. Alcune femministe, per esempio Simone de Beauvoir, hanno decostruito i più diversi discorsi maschili sulle donne per mostrarne la logica patriarcale, anche se spesso non necessariamente sessista.
La POLITICA fa parte dell’insieme delle pratiche e delle culture patriarcali. Anzi forse è la più patriarcale delle culture. La differenza di fondo tra le donne e gli uomini al di là del corpo, di cui per altro è quasi impossibile definire i significati, è l’esclusione del potere, l’estraneità al potere. Tutte le donne in tutte le civiltà, anche dove non esisteva o non esiste un patriarcato assoluto,sono state escluse o emarginate dal potere con eccezioni rarissime e che non mutano la realtà di fondo.
La politica, appena un po’ meno degli apparati militari, è il luogo in cui si può trovare la maggiore condensazione di maschile. E di conseguenza la politica ha subito la critica forse più drastica non solo da parte del femminismo, ma anche delle donne non femministe nella forma spontanea del disinteresse e della distanza.  
Avremmo quindi accennato nella nostra relazione anche alla CRITICA DELLA POLITICA, ma appunto solo accennato.

Dopo aver formulato la proposta due di noi, Lidia e Rosa, hanno partecipato alla discussione di un nuovo collettivo, il Collettivo femminista di Porta Nuova. Lì si è discussa l’esigenza di ridefinire il rapporto delle donne con lo spazio pubblico. E precisiamo in quale senso. Non si pensava affatto di discutere del rapporto tra femminismo, istituzioni, partiti ecc. Il problema naturalmente esiste e potrebbe essere prima o poi discusso. Ma la questione che ci interessa è un’altra. Riprendo una formulazione di Floriana Lipparini che ha proposto il tema : “ Il discorso rischia di banalizzarsi e di  appiattirsi sul rapporto tra generici spazi femminili e e spazi della politica ufficiale (partiti, istituzioni). Già visto. Ben altro è tentare di immaginare e costruire una sfera di riflessione e deliberazione collettiva sulle questioni di fondo del vivere personale e sociale, un punto di riferimento non istituzionale ma riconoscibile e riconosciuto, un livello consultivo differente da quelli esistenti, che rovesci le logiche stantie e logore della rappresentanza cosiddetta democratica, lì dove stanno i nodi del vivere per ciascuna e per tutte.”

Il nostro rapporto con la politica, intesa come altra politica, nuova e diversa politica, è uno dei nodi più difficili da sciogliere e per il femminismo forse anche una questione di vita o di morte. Non basta infatti criticare questa politica, se si vuole davvero rispondere agli attacchi che stiamo ricevendo e cambiare qualcosa di questo mondo, bisogna costruirne un’altra, trovare un modo femminista per occupare ancora lo spazio pubblico.
Nel corso della discussione Lea Melandri ha osservato che negli anni Settanta i GRUPPI DI AUTOCOSCIENZA riuscirono a occupare davvero lo spazio pubblico, perché la loro critica, soprattutto delle relazioni sessuali, penetrò nella parte femminile della società e divenne forza capace di imporsi alla politica e di mutare il senso comune. Oggi non sarebbe più possibile ripetere la stessa esperienza per il cambiamento dei contesti sociale e culturale.   E allora?

Dopo questa discussione nel Collettivo di Porta Nuova si è deciso di chiedere un settimo tavolo e nel caso il settimo non fosse stato possibile, di chiedere l’accorpamento delle due richieste, trasformando ancora un po’ il titolo :”La critica femminista alle culture patriarcali, con particolari riferimenti a quelle politiche” o qualcosa del genere.
Il tavolo sulle pratiche politiche dovrebbe discutere questioni più concrete e diverse, il nostro voleva essere più di impostazione metodologica.
Aggiungiamo, perché il discorso sia chiaro, una citazione dalla relazione fatta a nome dei Quaderni Viola in un’assemblea del FORUM SOCIALE EUROPEO di Parigi nel 2003 e poi pubblicata con il titolo La luna severa maestra “ Da sempre il femminismo, cioè l’insieme dei femminismi esistenti e possibili, ha agito con la vaga percezione o con la lucida consapevolezza che cambiare il mondo della politica non fossa possibile e che la politica delle donne fosse altrove.
A loro modo per altro tutti i soggetti di liberazione hanno dovuto prendere atto che nel mondo della politica, così come l’avevano trovato con i suoi sensi unici, i suoi divieti di transito, le sue barriere architettoniche non c’era posto per loro. Negli spazi che pure talvolta si aprivano rischiavano, come soggetti collettivi, di restare schiacciati o inceneriti. Anzi – a dire meglio – questi spazi nemmeno si aprivano, se una condizione di esistenza non si era trasformata in soggetto collettivo con le sue rivendicazioni e la sua capacità di minacciare un ordine costituito. Ma una condizione di esistenza non diventa soggettività in grado di minacciare un ordine, se già non ha fatto a sufficienza politica, appunto un’altra politica e una politica altrove.”

 

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2 Responses to Intervento dei Quaderni Viola

  1. paolaics says:

    oppure si dovrebbe fondare un soggetto politico che entri nella competizione elettorale e farsi il c. a raccogliere migliaia di firme.. mentre lorsignori senza arte nè parte governano i ns destini
    vero più fattibile la campagna astensionista nazionale con battage on the road

  2. Giovanna says:

    Oggi per occupare lo spazio pubblico bisogna anzitutto negarlo. Infatti lo spazio pubblico è oggi solo il luogo del privilegio dei politici di professione. In Italia non esiste nemmeno più una seria politica riformista, ma solo un’ideologia di governo perbenista e cinica che di continuo fomenta il qualunquismo e la richiesta di ordine e sicurezza per poterli governare a proprio vantaggio. È sotto gli occhi di tutte che lo spazio della politica in questi anni si è andato via via restringendo e appare sempre più appiattito sulle direttive di organismi sovranazionali non elettivi né democratici (la Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale). Finora qualsiasi tentativo di cambiare la politica dall’interno ha sempre e soltanto garantito una più larga legittimità a un sistema sociale fondato sullo sfruttamento e sulla diseguaglianza.
    A me pare che una forte campagna astensionista proprio in quanto donne – la volontà di non legittimare più istituzioni che perpetuano l’oppressione femminile – potrebbe sortire l’effetto di rendere evidente questa fondamentale assenza di spazio pubblico, di spazio “civile”, di “civicness”, come dicono le compagne anglosassoni.
    Credo che una campagna astensionista al femminile potrebbe essere un modo forte di porci come presenza nello spazio pubblico.

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