Femministe e lesbiche in Onda

da www.liberazione.it

In cinquantamila sfilano a Roma per il corteo autorganizzato di donne. Presenti le migranti e le ondine

No alla violenza degli uomini
Lo spezzone delle ragazze dell´Onda ieri al corteo di Roma Chris Helgren/Reuters

Castalda Musacchio
«Io? Mi chiamo Khadhja come la moglie di Maometto. Vengo dal Marocco e da noi questo è un nome santo. Sono laureata in lettere e oggi in Italia pulisco i cessi». Lei, musulmana, è dietro lo striscione di Action – A insieme alle tante altre donne che la accompagnano e che ieri hanno attraversato di nuovo la capitale per tornare a chiedere "Indecorose e libere" di fermare la violenza maschile che – sottolinea Khadhja – «non è solo una violenza fisica che dobbiamo sopportare quotidianamente ma è anche soprattutto psicologica. E’ il mancato riconoscimento di una dignità e degli stessi diritti. E questi, in molte altre parti del mondo, non ci sono e sono ancora negati». Con parole come queste, ieri femministe e lesbiche sono scese di nuovo in piazza a Roma, in un corteo colorato, vivace, e soprattutto «autorganizzato e apartitico» come in moltissime tengono a sottolineare. E se all’inizio c’era il timore di essere in poche, striscioni, furgoni e soprattutto donne di tutte le età si sono aggiunte pian piano lungo tutto il percorso – da piazza della Repubblica a piazza Navona – fino a contare più di cinquantamila manifestanti.


"Libere e travolgenti" dice uno striscione: quasi a concludere il corteo, le studentesse hanno voluto portare il segno della presenza dell’"Onda" che in questi giorni continua in tutta Italia la sua mobilitazione e non ha alcuna intenzione di arrestarsi. Una ragazza di Napoli urla dai microfoni:«Sono precaria e studentessa. Sono qui anche per continuare a dire che "noi la crisi non la paghiamo"». Dietro lo striscione viola, firmato "Donne in Onda" ci sono loro, le studentesse dei collettivi universitari. Ballano scatenate al ritmo di Nada e dei Blues Brothers, parrucche colorate e cappellini mostrano quanto questo movimento possa – dice Patrizia della facoltà di lettere di Roma – «portare anche gioia e vitalità in un sistema che ci vuole oppresse». E si intonano anche canti di lotta come quel "Ti lamenti, ma che ti lamenti, piglia lu bastuni e tira fora li denti" trasmessa a ritmo cadenzato dal carro in testa al corteo.
Al centro del corteo c’è lo striscione delle metalmeccaniche della Fiom. Per loro parla Barbara Pettine: «Siamo state tra le prime, come categoria, a inserire nel contratto le sanzioni contro la molestia sessuale verso le donne – spiega – e oggi sfiliamo insieme per chiedere stessi diritti sul lavoro, quella parità ancora negata, e che si aboliscano tutte le condizioni di un pregiudizio che resta sessista».
Ci sono anche le bandiere rosse dei Carc. Contro la politica della sicurezza del governo, quasi giunte sotto piazza Venezia si urla contro la casa del premier affinché «Berlusconi senta che ci siamo e siamo ben attente». «Vogliamo – grida ancora Laura – intraprendere un nuovo percorso soprattutto culturale, perché è da qui che deve partire una nuova coscienza, politica ma soprattutto sociale, che punti al rispetto delle differenze e dei generi nel segno distintivo della parità». Certo, verrebbe quasi immediatamente da replicare: con questo governo come sarà possibile? Non è un caso che in molte intonano slogan anche contro Maroni.
Le donne della Casa internazionale di Roma e quelle di Bologna distribuiscono volantini con scritte nero su bianco le cifre di quella violenza che viene quotidianamente perpetrata in Italia e nel mondo. La fredda statistica è lì che parla chiaro: ogni tre giorni in Italia una donna muore per mano di un uomo. In particolare, nel 2007, sono state 126 le donne morte a causa delle violenze messe in atto da uomini. Tra questi, 44 sono i mariti, 11 i fidanzati o i conviventi, nove gli ex mariti e gli ex fidanzati, 10 i figli e 14 gli sconosciuti. «E questo – denuncia Marisa – è un problema chiaramente culturale». Le violenze, e la tragedia accaduta da poche ore a Verona se ce ne fosse bisogno lo dimostra, avvengono soprattutto all’interno delle mura domestiche. Secondo il rapporto Eures 2007, presentato nel gennaio 2008, i delitti compiuti all’interno del nucleo familiare sono al primo posto con il 31,7% del totale nazionale, con 195 casi registrati su un totale di 621 del 2006. Come dire, appunto, che la violenza consumata in famiglia uccide più della mafia. Le vittime sono le donne. Delle 195 vittime dei delitti familiari del 2006 – anno dell’ultima inchiesta – 134 sono donne, con un aumento del 36,7% rispetto all’anno precedente. Il rischio più alto lo corrono le casalinghe tra i 25 ed i 54 anni. In nove casi su dieci l’autore del delitto è un uomo.
Come lo scorso anno, la manifestazione nell’intento delle promotrici voleva essere separatista. Ma ieri hanno sfilato anche loro, gli uomini, in pochi per la verità, alla fine del corteo, con sulle giacche scritte come "La violenza non è amore", o ancora "Ci siamo contro la violenza".
"La violenza sulle donne – si legge su altri striscioni – ha molte facce": sono quelle dei ministri Brunetta, La Russa, Gelmini, Carfagna, Tremonti e Calderoli; e non possono certo mancare Berlusconi e papa Ratzinger. Più avanti si balla tecno ed electro-minimal e si intonano altri slogan, sono le femministe e lesbiche separatiste: «Noi chiediamo diritti per le coppie lesbiche, gli stessi che ad oggi ancora nessuno vuole riconoscere». C’è anche il camioncino delle No Vat. «Fino a che avremo il Vaticano in casa – si chiede ad alta voce una delle donne che sfilano dietro – come si potrà pensare ad un vera e nuova laicità?». Appena a qualche metro di distanza, ecco "le donne in nero" per ricordare le vittime di altre guerre, che in questo corteo non si possono dimenticare. «Siamo qui – dicono – per non lasciare nel dimenticatoio quell’orrore che è la guerra. La pace – concludono – passa da noi: dalle donne di tutto il mondo».

23/11/2008

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