Comunicato di adesione del collettivo donnEanimali alla manifestazione
nazionale del 22 novembre 2008 contro la violenza maschile sulle donne
(<http://www.donneanimali.org/it/comunicati/20081122.html>)
Secondo uno studio dell’associazione europea «Du côté des filles»,
condotto sulla letteratura per l’infanzia di Francia, Spagna e Italia, gli
animali antropomorfizzati sono le figure più utilizzate per inculcare
l’immagine di ruoli sessuati rigidi: gli albi per bambine e bambini
pullulano di mamme orse in grembiule, affaccendate a preparare la minestra
in grandi calderoni, e papà castori in pantofole, che aspettano la cena
leggendo il giornale sprofondati in poltrona. Il riferimento ideologico
alla «natura», a presunte leggi originarie ed immutabili di cui gli «amici
animali» sarebbero l’incarnazione, sembra essere una delle armi più
potenti per trasmettere gli stereotipi di genere e rivitalizzare
l’immagine della buona famiglia all’antica: in parole povere, per
legittimare l’oppressione patriarcale sulle donne.
Non sorprende quindi che, anche nella cultura «adulta», numerosi siano i
messaggi che esaltano la rigida differenziazione dei sessi, con le donne
inevitabilmente vincolate alla mansione procreativa e familiare; gli
stessi messaggi inneggiano alla segregazione tra le specie, con gli
animali non umani rigorosamente esclusi dalla società umana e ridotti al
misero ruolo di beni da consumare. Spesso, al fine di legittimare
l’imposizione di ruoli prestabiliti, si fa l’elogio di una «differenza»
(tra sessi, tra specie…) che in realtà ignora l’individualità e la
libera scelta della persona, per generare solo disuguaglianza. Si evocano
principi «naturali» (polarità maschio/femmina, lotta tra le specie…) per
giustificare la violenza degli uni sugli altri, spacciandola per
ineluttabile.
Gli «amici animali» o le «gentili madonne» non sono che immagini di
schermo, a cui corrisponde la brutalità che gli uni e le altre subiscono
quotidianamente nella propria carne, negli allevamenti-lager e nelle
famiglie-prigione. Ma noi sappiamo che non si tratta di semplice
schizofrenia, bensì di cruda ideologia. Il divario tra immagine e realtà
non è il parto di una fantasia malata, ma serve a celare il godimento
continuo che i padroni (umani maschi) traggono da corpi ridotti in
schiavitù: sotto forma di cibo, divertimento, profitto, dagli animali non
umani; di sesso, comodità domestiche, assistenza forzata, lavoro
sottopagato, dalle donne. Noi sappiamo che l’esaltazione delle
particolarità biologiche serve a camuffare l’asservimento dei nostri corpi
politici.
Il 22 novembre 2008, in occasione della manifestazione nazionale contro la
violenza maschile sulle donne, scendiamo in piazza per ribadire che:
nessuno è schiavo per natura: nessun codice genetico condanna i corpi
delle donne e degli animali non umani ad un destino di servitù;
la «differenza» non è il suggello dell’obbedienza: noi rivendichiamo la
diversità (delle donne, degli animali, degli stranieri…) come unicità,
ricchezza e sola speranza di rinnovamento della società.
Riappropriamoci dei nostri corpi e dei nostri cuori!
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donnEanimali
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