Il Nuovo Femminismo, nato dal movimento del 24 novembre 07, appena
vista la luce, ha dovuto vedersela con la violenza maschilista più
bieca, l’attacco al diritto di autodeterminazione della donna sulla
riproduzione, l’attacco all’aborto. Spacciata per campagna
elettorale la criminalizzazione dell’aborto, Giuliano Ferrarara e la
cricca clerico-fascista, è stata sbaragliata dalla nostra
‘democrazia del pomodoro’, a suon di legnate, in meno di 70 giorni.
Ma il messaggio elettorale femminista, non mettere mano a politiche
reazionarie, antifemminili e antiproletarie, sembra non essere stato
ben compreso dalle zucche maschiliste di governo, né dalle loro ‘bon-
bon’, ora giulive ministre.
Il patriarcato nazionale intende risolvere la sua crisi scaricandola
su noi donne. In primis cancellando anche la pur minima indipendenza
economica che ci deriva dal lavoro precario e dal part-time. Queste
due forme di utilizzo della nostra forza lavoro ad orario ridotto, non
consentendo di riprodurre il salario, vengono drasticamente ridotte,
ricacciandoci a casa.
Anche nelle fabbriche, nei servizi, nei
trasporti, si rimarca – in tempo di crisi – sempre più la divisione
sessuale del lavoro, che colloca sempre la donna nella domesticità e
nei compiti della riproduzione e l’uomo in quelli della produzione-
per quanto è oggi possibile.
Nella scuola, terreno di occupazione femminile per eccellenza, la
Gelmini decide la ‘strage’ delle maestre ben consapevole che la
scuola è una nostra conquista di decenni di lotta.
In più oggi sulla donna si scarica anche il taglio dei costi
scolastici e sanitari, tutto il lavoro di cura ‘gratis’ e sull’uomo il
taglio del salario, che non basta nemmeno a lui.
Così si aggrava la dipendenza della donna dal salario ridotto del
maschio e si pompa, per questa via, la radice economica della violenza
maschile, e ‘il naturale destino’ della donna, la famiglia, è l’
anticamera del cimitero, luogo di pestaggi e accoppamenti.
Queste misure reazionarie sono anche coperte dall’ideologia del
‘decoro’ (femminile) affidata ad un’esperta, la ministra Carfagna, che
di ‘decoro’ ne sa qualcosa, essendo stata la ‘frifri’ dei camionisti
per i cui calendari ha posato per anni.
La ministra si è assunta l’onere del nostro ‘decoro’, di ‘regolare’
e ‘normare’ anche la nostra condotta sessuale.
Ha cominciato a dar la caccia alle prostitute, colpevoli di fornicare
per strada e di defraudare della rendita gli immobiliaristi, che come
libere professioniste, invece, potrebbero affittare i loro lussuosi
appartamenti. La ministra ha detto di avere ‘orrore’ delle donne che
vendono il loro corpo, dimenticando che la prostituzione è la
colonna dorica della sacra famiglia monogamica, di cui lei è la
novella Pulcelle.
Noi donne, il 22 novembre, caliamo nella Capitale da ogni
paesello d’Italia, per urlare, in questa grande manifestazione
romana, che noi, indecorose e libere, non abbiamo alcuna intenzione di
pagare la crisi patriarcal-capitalista e che siamo pronte, per non
essere legnate, a legnare!
Circolo femminista donna proletaria- milano