Le donne per le donne

da www.aprileonline.info

di Marzia Bonacci,   22 novembre 2008, 23:06

Le donne per le donne

    

La
rete nazionale femministe e lesbiche è scesa in piazza nella capitale
per dire basta alla violenza di genere. Un fiume colorato e danzante
che ha visto la partecipazione di 50mila donne, senza distinzione di
razza ed età perchè il fenomeno è trasversale, ma richiede una risposta
politica e una rivoluzione culturale

Avanzano ballando. Avanzano cantando. Ciascuna con la sua storia:
personale sicuramente, forse anche politica. Ma quest’ultimo aspetto è
secondario, superfluo, bandito: in questa piazza di donne per le donne
non c’è spazio per le specifiche di partito e per le confraternite
politiche. Come non esiste la differenza, anzi le differenze. Ceto,
razza, provenienza geografica, qualifica professionale, età: tutto è
azzerato, cancellato, sospeso. Quello che conta è il genere ed il
genere è quello femminile, sceso tra le strade della capitale per dire
basta alla violenza maschile. Per ricordare a padri, fratelli, mariti,
compagni che nella maggioranza dei casi sono loro a rendersi
protagonisti della violenza psicologica, fisica, sessuale verso le loro
figlie, sorelle, mogli, compagne. Non lo straniero in strada, bensì il
parente dentro le mura domestiche è il soggetto principale del
maltrattamento, dell’abuso, dell’intimidazione. Perché, come recita uno
degli striscioni, "Nella casa del Mulino si nasconde l’assassino".

Anche
se l’alibi del diverso è a buon servizio della politica, soprattutto di
destra, come clava da usare per giustificare le misure repressive e
antidemocratiche. Lo stesso alibi del diverso che può, versatilmente,
essere utilizzato dall’uomo come scusante per evitare di guardare
dentro di sé, nel fondo oscuro di una ferocia che pone problemi
culturali, sociali, storici, psicologici. Troppo italici per essere
affrontati evidentemente. Troppo nostri per essere presi di petto. La
loro argomentazione, infatti, è che il fenomeno della violenza di
genere non può essere affrontato come questione di ordine pubblico. Va
bene perseguire con la legge, severamente, chi si macchia dei reati
verso le donne, ma soprattutto bisognerebbe riconoscere il carattere
politico che essi portano con sè, laddove per politica si intende un
nodo fatto di tanti fili: cultura, storia, vissuto, società, pensiero
dominante. Infatti quello che chiedono, ne sono coscienti, "è tutto",
cioè che "il patriarcato deve essere distrutto". Lo scandiscono a
chiare lettere non solo femministe consapevoli ma anche donne comuni,
ragazze (tante per altro), studentesse, lavoratrici, lesbiche.
Patriarcato è infatti un’espressione che raccoglie in sé questa
stanchezza femminile verso una società in cui a dominare è ancora un
solo sesso, protagonista nel bene e soprattutto nel male, come
dimostrano i dati sulla vessazione e il maltrattamento.

Lo
sanno bene le donne, secondo l’organizzazione 50mila, che hanno preso
parte al corteo di oggi a Roma contro la violenza di genere che le vede
vittime. Ad aprire il coloratissimo e vivace fiume femminile, lo
striscione "Indecorose e libere. Contro la violenza maschile". Un
appuntamento organizzato dalla Rete nazionale di femministe e lesbiche,
autoconvocatesi in vista del 25 novembre, giornata mondiale dedicata
alla piaga dell’abuso e del maltrattamento sulle donne. Un fenomeno,
ricordano le stesse partecipanti, che non ha colore di pelle né
discriminazione sociale e culturale: democraticamente trasversale
colpisce tutte e a tutte le latitudini, geografiche e simboliche. "La
violenza sulle donne ha mille facce" è infatti la scritta che campeggia
su un grande cartellone dove sotto compaiono ministri e politici: da
Berlusconi a La Russa passando per Carfagna e Gelmini. Non trascurando,
ovviamente, il Papa. Il Vaticano, insieme ai volti della maggioranza di
governo, è un bersaglio costante dei cori critici: aborto, fanatismo,
negazione dei diritti alle coppie di fatto sono i capi di imputazione
che le donne indirizzano verso Oltretevere. E siccome queste donne sono
anche lavoratrici, la questione dell’istruzione e dell’attacco alla
formazione pubblica sono temi altrettanto sentiti, soprattutto quando i
provvedimenti presi affossano il diritto allo studio con una seguendo
il crinale scivoloso del razzismo e dell’autoritarismo. Bocciano dunque
l’esecutivo, compreso il ddl della ministra alle Pari Opportunità in
materia di prostituzione: criminalizza e reprime le vittime, lascia
impunito chi le sfrutta.

Il serpentone, articolato in tre
spezzoni che raccoglievano femministe, lesbiche, centri antiviolenza,
ha lasciato piazza della Repubblica intorno alle 15 per convergere a
piazza Navona, dove in serata è stata organizzata una festa. Ma la
festa in verità ha contraddistinto tutto il corteo, come spirito e come
respiro umano: si cammina giù per via Cavour e i Fori Imperiali senza
smettere un attimo di cantare e di ballare, con cani e figli al
seguito. I mariti, i fidanzati, i padri, i fratelli li hanno lasciati a
casa, tanto che quei pochi che si affacciano in piazza, osando fare
capolino fra di loro, sono invitati dalle organizzatrici a porsi alla
fine del corteo. Questo sabato pomeriggio di novembre è il loro: sono
le donne protagoniste perché sono le donne ad essere vittime. In questo
procedere a passo di danza alternando il canto c’è condensato ciò che
loro stesse sono, quella forza che anche nelle difficoltà sa dare prova
di vitalità. "Ti lamenti, ma che ti lamenti, piglia lu bastuni e tira
fori li denti" è il ritornello più cantato e più sentito, frutto della
rivisitazione di una canzone siciliana, a riprova che sono consapevoli
che per porre fine al fenomeno c’è solo la loro ribellione e la loro
lotta. Insostituibili nella partita di cui sono protagoniste come
vittime. Senza di loro, non c’è rivoluzione culturale che si possa
attuare. Senza rivoluzione culturale non c’è fine della violenza,
sessuale e psicologica. Loro devono denunciare gli abusi e i
maltrattamenti, loro devono imporre che ad essi si dia una risposta.
Non securitaria, ma appunto politica.

Perché, numeri alla mano,
c’è da rabbrividire. Quasi sette milioni di donne tra i 16 ai 70 anni
subiscono violenza fisica o sessuale nel corso della vita (circa il
31,9% della classe considerata). Cinque milioni hanno subito violenza
sessuale (23,7%), quasi quattro milioni violenze fisiche (circa 18,8%).
Quasi un milione e mezzo ha subito stupro o tentativo di stupro prima
dei 16 anni. Il 24,7% ha subito almeno una violenza fisica o sessuale
dal partner e altrettanto da un altro uomo. Quattordici milioni è il
totale delle donne che hanno subito violenza o un abuso nel corso della
vita. Secondo la Casa internazionale delle Donne di Roma e Bologna in
Italia sono state assassinate 126 donne durante il 2007, di queste 44
sono state uccide dai mariti, 11 dai fidanzati o conviventi, 10 dai
figli e 14 da sconosciuti. Un dato confermato dall’Istat a cui va
aggiunto il crescente fenomeno di stalking, molestie ripetute da parte
di ex fidanzati o mariti che coinvolge oltre due milioni di donne e per
cui è in corso di discussione in Commissione Giustizia alla Camera un
ddl. Secondo l’Istat nel 54% dei casi le donne abusate non denuncia
quanto subito. Non è poco per scendere in piazza e manifestare con
rabbia.

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