PROGETTO “IL FEMMINILE INTEGRA E CREA SALUTE” da La que sabe

ASSOCIAZIONE  “LA QUE  SABE”

PROGETTO
“IL FEMMINILE INTEGRA E crea salute”

[ESTRATTO DAL PROGETTO PER IL BANDO: “PROGETTI DELLE ASSOCIAZIONI FEMMINILI DI VOLONTARIATO
E PROMOZIONE SOCIALE DEL TERZO SETTORE per ridurre e contenere situazioni di disagio inerenti la popolazione femminile immigrata”]

PREMESSA

Il Friuli-Venezia Giulia, da terra di emigranti, si è trasformata, negli ultimi trent’anni, in terra di immigrati, diventando, così, area di attrazione per popolazioni provenienti da terre economicamente povere.
I friulani possono comprendere, avendo vissuto la stessa esperienza,  come si senta uno straniero, proprio perché con lui si identifica. Ognuno di noi può essere figlio di un pugliese, un calabrese o un siciliano e può  scegliere di aprirsi al diverso con disponibilità e tolleranza, piuttosto che chiudersi e rifiutare. Questa scelta determinerà le condizioni di vita e di sviluppo  futuri anche in Italia.
La collocazione geografica stessa del Friuli-Venezia Giulia, ne ha fatto una terra di frontiera, confluenza di tre nazioni, quella slava, quella austriaca e quello italiana, abituando, così i propri abitanti al contatto ed al confronto con lingue e culture diverse. La regone è stata crocevia tra le emergenze economiche e politiche dei paesi dell’est: ricordiamo l’esodo degli albanesi e dei profughi dalle zone di guerra della Croazia, della Bosnia e della Serbia.
In particolare, gli abitanti della provincia di Gorizia hanno quotidianamente a che fare con i lavoratori transfrontalieri che provengono dalla vicina Slovenia e ricordano ancora, con qualche brivido, i carri armati che stazionavano lungo il confini con l’allora Yugoslavia, al tempo della crisi Balcanica.
Pertanto, l’immigrazione costituisce nella nostra Regione un problema sentito, problema che istituzioni e associazioni di volontariato già da tempo hanno iniziato ad affrontare.

Il contributo che l’Associazione “La Que Sabe” intende dare rispetto alla problematica dell’integrazione di donne immigrate è quella di costruire con loro scambi culturali, incontri, conoscenza reciproca, che sono la base di un senso di appartenenza alla comunità dove si vive, comunità in cui, in seguito, trovare sbocchi occupazionali che le aiuti ad uscire dallo sfruttamento e dall’emarginazione.

Nell’ampio quadro dell’immigrazione, quella femminile ha assunto una propria e particolare rilevanza: le donne sono circa il 46% degli stranieri regolari residenti nella nostra regione, ma questa presenza ha connotati suoi particolari in riferimento alle diverse nazionalità delle straniere. Ci sono, infatti, fenomeni migratori quasi interamente femminili, come quelli delle donne provenienti dai paesi dell’est, dove la donna emigra da sola per sostenere la propria famiglia che rimane nel suo paese di origine. In altri casi, l’immigrazione è costituita da donne giovani e non sposate con un livello di istruzione medio-alto per le quali la ricerca di una indipendenza economica rappresenta il motivo dell’immigrazione, come, ad esempio, per molte donne provenienti dai paesi dell’Africa. In altre culture e fasce geografiche, le donne musulmane, ad esempio, migrano con i figli per ricongiungersi al marito. Queste ultime risultano essere le più isolate, sia perché vittime di culture che le vedono in ruoli subalterni, sia per motivi linguistici e di scarsissima alfabetizzazione.

Questo Progetto si costruisce intorno al concetto di integrazione.  Si fonda, pertanto, sul presupposto che, più un individuo è integrato nella comunità in cui vive, migliore sarà il suo stato di benessere. L’integrazione, intesa come rete di relazioni, come inclusione nel tessuto sociale di appartenenza, riguarda tutte le fasce o i gruppi di persone, siano essi anziani, adolescenti, donne, “malati mentali” o immigrati. Chiunque appartenga ad una di queste categorie vivrà meglio, se si sentirà incluso in una rete di relazioni significative, piuttosto che essere solo o emarginato.

Ciò che il presente Progetto intende perseguire è una buona integrazione sociale per tutte le fasce della popolazione femminile, dal momento che  “La que sabe” ritiene non possa realizzarsi un’inclusione per un’unica categoria di cittadine, ma che ci si debba impegnare per l’integrazione di ogni  gruppo di donne emarginate.
Una migliore integrazione per tutti i gruppi svantaggiati determinerà una maggior salute per tutti i cittadini e, quindi, un miglior benessere per l’intera comunità.
La presenza, nel Friuli Venezia Giulia, di persone straniere, regolarmente soggiornanti nel territorio, non è più un’emergenza ma un fenomeno ordinario, permanente, che va affrontato in modo ordinario.
Le donne, che da sempre, nel corso della storia, si sono occupate di reti e relazioni significative fra persone, fra famiglie, fra generazioni, lo possono fare anche oggi apportando, nella creazione di una società multi-etnica, il loro peculiare contributo di intuito femminile, di creatività e di pace.

La donna, nella cultura occidentale, nonostante i notevoli passi avanti realizzati per le pari opportunità fra i sessi,  è, pur sempre, “soggetto debole”: permane, più dell’uomo, esclusa dal mercato del lavoro e dalla sfera della politica, raggiunge, in media, livelli di istruzione più bassi di lui, soffre, con percentuali più alte, di emarginazione e marginalità sociale, assume più psicofarmaci, soprattutto antidepressivi.

L’identità femminile si è sviluppata storicamente e culturalmente intorno al valore del “prendersi cura di…”: il nucleo centrale dell’essere donna passa attraverso la maternità e il sacrificio di sé per la famiglia. L’autonomia viene vissuta come un danno per l’altro (il marito, i figli). L’autonomia diventa, invece, in questo momento storico, la chiave di una svolta, di cui la donna è sempre più consapevole, la svolta che le permette di autorealizzarsi e autodeterminarsi. La donna ha la necessità di elaborare un nuovo modello a cui riferirsi, che non sia quello tradizionale.

La sistematica negazione dei bisogni di auto-espressione e di auto-realizzazione femminili produce un’enorme sofferenza emotiva (da Mito patriarcale e salute della donna – Cristiane Nortrup, guida medica, ed. Red 2000).
Subire violenza o fare violenza a se stesse crea malattia. Quindi vivere secondo modelli maschili mette la donna a rischio per la propria salute.

D’altra parte, la donna extracomunitaria, porta con sé questi ed altri disagi ancora in quanto la subisce,  rispetto alla donna italiana, regole ed abitudini sociali ancor più marcatamente patriarcali e segreganti.

Rimane, sia per la donna straniera, che per quella italiana, o meglio, friulana, la necessità di un salto evolutivo, teso a raggiungere reali pari opportunità: il percorso di crescita realizzato da qualunque singola donna o gruppo femminile, qualunque ne sia la nazionalità e l’origine culturale, sarà una conquista realizzata a favore del genere femminile nella sua interezza.
 
A conclusione di questa premessa teorica, si può sintetizzare il percorso che “La que sabe” intende costruire, a favore della salute della donna, con le seguenti PAROLE CHIAVE: INTEGRAZIONE – LAVORO – SALUTE, per tutte le donne residenti sul territorio, comprese quelle in stato di marginalità ed esclusione sociale.

INTRODUZIONE

Pertanto la durata prevista è triennale, suddivisa in tre fasi:
1° fase: ricognizione delle offerte istituzionali, analisi dei bisogni, rispetto alla salute, della popolazione femminile immigrata, attraverso questionario
2° fase: messa a punto di una procedura d’accompagnamento presso le strutture sanitarie
3° fase: attuazione della procedura d’accompagnamento alle immigrate.
“I problemi della salute e della maternità sono quelli verso cui le nostre strutture paiono meno preparate: Solo in alcune città si sono realizzate positive esperienze di assistenza, come quella del Centro per la salute delle donne straniere e dei loro bambini, operante a Bologna…” (tratto da A.A.V.V. La condizione della donna immigrata – ricerca sulla condizione femminile nel Friuli-Venezia Giulia Anolf Editore)

Nel titolo dato al presente progetto, “ ILFEMMINILE” sta ad indicare l’origine, la natura, il tempo del cosmo con cui la femminilità si fonde e si identifica (da E. Neuman La grande madre Astrolabio). La donna moderna, condizionata a livello culturale e sociale, ha perso il senso della femminilità e della maternità, come propria essenza naturale e forza propulsiva.

La donna, per sua missione, ha sempre tessuto reti di relazioni; le sarà, quindi, congeniale rispecchiarsi in altre, a lei simili, ma diverse per provenienza ed origini. Sarà curiosa di confrontarsi ed integrarsi con  chi rappresenta il nuovo, lo sconosciuto, l’inesplorato. Sarà  pronta ad aprirsi al diverso, consapevole del fatto che la diversità fra le persone e fra i popoli sia una grande ricchezza per tutti.
Da queste considerazioni nasce l’espressione: “IL FEMMINILE INTEGRA”, dal momento che, nelle migrazioni, la donna ha sempre agito per integrarsi e  per integrare la propria famiglia nel tessuto sociale in cui era approdata, come pure si è impegnata ad includere gli stranieri con cui veniva in contatto.

L’essenza tipicamente femminile, legata alle leggi della natura garantiva un tempo, di per sé, al genere femminile vitalità, fluidità e salute. Essa favoriva nella donna un naturale stato di benessere, stato che, nell’attuale momento storico si può solamente, tentar di recuperare, ristabilire, ricercare con impegno, attenzione e amorevolezza.
 
Ecco, quindi, il significato complessivo attribuito all’espressione IL FEMMINILE INTEGRA  E crea salute: l’essenza naturale della donna la porterà, in modo spontaneo ad includere nella propria esperienza di vita,  chi, per origini, cultura o religione è diverso da sé. Grazie a questa intima inclinazione ad integrare il diverso, sia esso immigrato o “malato mentale” o altro ancora, la donna può ripristinare, in se stessa e intorno a sé, uno stato di benessere, lo stato di benessere che deriva dallo stare con l’altro e non contro l’altro.           

BREVE ANALISI DEL CONTESTO E DELLE  ESIGENZE CUI INTENDE  RISPONDERE IL PROGETTO.

Il contesto, nel quale il presente Progetto si colloca è quello del territorio Monfalconese e Grado, con le sue molteplici sfaccettature: la presenza della Fincantieri e di tutta l’industria dell’indotto, da decenni ormai, attira manodopera, sia dalle regioni meridionali italiane, che dall’estero. L’ambiente sociale è complesso e, per certi versi problematico. Sono aumentati la tensione sociale, la diffidenza nei confronti del diverso, l’intolleranza in ambito scolastico.

L’”Annuario statistico dell’immigrazione in Friuli Venezia Giulia 2005” [ed. Regione FVG – Ires], in merito al contesto Isontino, afferma che è caratterizzato da una “maggior incidenza ‘maschile’ per l’effetto congiunto della presenza della comunità bengalese di Monfalcone e dei frontalieri o comunque di immigrati provenienti dall’area balcanica con progetti migratori di breve-media durata e che non comportano lo spostamento dell’intero nucleo familiare.”
In realtà dal 2005 ad oggi abbiamo assistito ad un incremento dei ricongiungimenti e di residenti donna sul territorio, dovuto anche alla forte presenza di “badanti”, in gran parte rumene, in un intreccio di culture.
Far dialogare queste culture è lo scopo del Progetto, al fine di ribadire l’universalità della donna, non solo in quanto vittima delle guerre degli uomini, ma nei suoi saperi antichi e per diffondere con l’esempio la convivenza creativa di culture-etnie diverse.

A Monfalcone c’è una larga presenza di donne bengalesi che vivono una condizione di chiusura fra le mura domestiche, svantaggiate dalla nulla conoscenza della lingua e da una sudditanza dal maschile. Un altro elemento, laico con L maiuscola, eppure fondante, è appunto aprire un varco alle donne straniere succubi di tradizioni femminicide, nell’invito ad esprimere i loro preziosi talenti nel ricamo e la confezione di abiti e in quant’altro queste donne possano insegnare.

Un’altra presenza, percentualmente significativa, è quella delle croate e delle donne provenienti dall’ex Yugoslavia: per loro l’integrazione nella comunità è più semplice, in quanto la loro cultura è più simile a quella occidentale.

In una visione più ampia dell’integrazione culturale, nell’Isontino possiamo parlare anche di immigrazione interna e di un alto numero di nuclei familiari  provenienti dal sud Italia, data la presenza di molti trasfertisti in forza presso la Fincantieri.

Per un altro verso, il tessuto sociale Monfalconese è piuttosto ricco, con la presenza di istituzioni pubbliche laboriose  e di un associazionismo vivace e propositivo. Da anni essi lavorano sul disagio, a favore delle fasce a rischio, in forme di collaborazione fra pubblico e associazioni del privato sociale.
Una di queste sinergie è quella tra il C.S.M. di Monfalcone e Associazione “La que sabe”. Tale sinergia si è sviluppata intorno all’ idea che, per le donne, impegnate ad uscire da uno stato di sofferenza, sia necessario  un inserimento lavorativo, in grado di dar loro effettiva indipendenza economica.

Gli spazi di aggregazione, avviati dal precedente Progetto,  hanno incontrato  un ampio favore da parte delle donne del territorio, che li hanno frequentati numerose. Quelle di loro, che si trovano in uno stato di difficoltà o di malattia hanno trovato nelle attività proposte momenti di  riequilibrio, di svago e di socializzazione con le altre.

Complessivamente le attività avviate nel 2007 sono state 14, con 18 maestre/professioniste impiegate e per un totale complessivo di 646 ore di lavoro. Le persone frequentanti sono state 92, fra cui 20 bambini.
Due della maestre hanno avuto una patologia tumorale, altre quattro sono di nazionalità estera.
Due della maestre hanno avuto una patologia tumorale, altre quattro sono di nazionalità estera e cinque sono seguite dal Centro di Salute Mentale.

Questi  pochi numeri danno un’idea di quale impegno sia stato richiesto alle singole maestre e/o professioniste nello svolgimento delle diverse attività, come pure all’organizzazione di spazi, orari e laboratori. Si è avuta cura di venir incontro alle persone con problemi familiari o di salute, predisponendo sostituzioni ed orari flessibili.
All’interno di tutti i laboratori si respirava un’atmosfera serena e distesa e non si avvertiva differenza fra chi portava un disagio psichico o fisico e chi ne non lo aveva.

Con vera soddisfazione “La que sabe” può affermare di aver contribuito ad aiutare con il finanziamento regionale al Progetto “IL FEMMINILE RI-crea salute”, donne residenti nel territorio, a migliorare la propria situazione economica.

I laboratori artistici e la sartoria hanno dimostrato essere un luogo di espressione delle arti e dei saperi femminili, dove ogni donna diventa maestra e dove l’ispirazione reciproca crea un clima di creativa serenità e appagamento, indubbiamente salutari per la donna e per il suo contesto di vita.
Nel laboratori, denominati “Le Fucine”, seppur già presenti collaboratrici straniere, vogliamo dar modo alle donne immigrate di trasmetterci le loro conoscenze artistico-artigianali e la loro cultura.

L’anno che sta per concludersi è stato, per l’Associazione “La que sabe”, ricco e fruttuoso di nuove e concrete prospettive, in riferimento all’obiettivo di costruire, per la popolazione femminile, il benessere ed anche concrete opportunità lavorative.
Dall’ ottobre 2006 al giugno 2007, insieme al Centro di Salute Mentale di Monfalcone ed alla Cooperativa “Confini” di Trieste ha realizzato il Progetto  SìLAVORO, finanziato da fondi europei con lo scopo di valutare le opportunità del mercato del lavoro nel territorio della provincia.

Rispetto alle esigenze, cui il progetto intende rispondere, rimangono valide quelle del precedente Progetto e, pertanto si vuole offrire alle donne che presentano qualsivoglia disagio (l’emarginazione, l’immigrazione,  la mancanza di cultura e di strumenti conoscitivi, oltre che la sofferenza psichica), la valorizzazione dell’espressività,  della creatività,  del saper fare e dei saperi propri dell’essere femminile, finalizzati all’inserimento nel mondo del lavoro.
Alle sopraccitate esigenze si aggiungono le seguenti:
1.    il bisogno di riflettere sulla propria salute e di appropriarsi di ciò che le fa star meglio
2.    il bisogno di accedere, per problemi di salute propri e dei figli, con serenità alle strutture sanitarie
3.    il bisogno di comprendere la storia della donna, al fine di emanciparsi e del fare “cultura”
4.    il bisogno di superare le difficoltà emotive legate ad una fase critica della vita dell’essere donna
5.    il bisogno di socializzare fra di loro e di conoscere chi è diversa da sè
6.    il bisogno di sostenersi dal punto di vista economico o di contribuire a sostenere la propria famiglia.
 
DESCRIZIONE DEL PROGETTO
Dall’analisi fatta nella premessa al Progetto, si comprende come l’immigrazione femminile abbia sue precise peculiarità all’interno del fenomeno migratorio e come sia variegata e poco conosciuta.
Il fatto di migrare costituisce per una donna motivo di forte disagio, vuoi perché essa perde i legami identitari con il paese d’origine, vuoi perché il contatto con la cultura del paese di approdo è superficiale e disorientante.
Diverse donne seguite dal C.S.M. di Monfalcone hanno manifestato disagio psichico a causa di difficoltà emotive ed economiche conseguenti ad uno strappo rispetto alla loro precedente storia di vita.

I problemi della salute e della maternità delle immigrate sono quelli verso cui le nostre strutture sanitarie sembrano meno preparate: accade spesso di recarsi in un reparto di Pediatria o Ginecologia e di vedere un medico o un’operatrice sanitaria alle prese con una coppia di donne straniere nell’arduo tentativo di comprendersi a vicenda. Esistono, infatti, macroscopiche difficoltà allorché donne arabe debbano essere visitate da medici maschi o quando donne di provenienza asiatica si ritrovano a gestire la propria gravidanza in quasi completo isolamento.
Scopo dell’Associazione “La Que Sabe” è anche quello di lavorare in collaborazione con tali reparti per costruire un “ponte” sia linguistico, che culturale che aiuti l’accoglienza di donne straniere. Sarà opportuno procedere con gradualità, per non forzare una emancipazione, che per cultura e religione non può appartenere a molte donne extracomunitarie. Per la realizzazione della ricerca si sono presi contatti informali con l’I.S.I.G. di Gorizia.
Il presente Progetto, pertanto, si pone l’obiettivo generale di favorire lo stato di salute delle donne immigrate presenti nel territorio, salute intesa nell’ accezione più ampia di “benessere psico-fisico e sociale” (come da definizione dell’O.M.S.).

La realizzazione del precedente Progetto “IL FEMMINILE ri-crea salute” ha permesso alla nostra Associazione di venire a contatto e di conoscere da vicino l’universo femminile nelle più diverse sfaccettature.
Esse fanno riflettere sulla pluri-problematicità delle condizioni, che ancora oggi impediscono alla donna di raggiungere pienamente pari opportunità rispetto alla figura maschile.
La disparità tra qualità di vita della donna e qualità di vita dell’uomo è ancor più evidente se si considera, poi, la donna straniera, che, per il colore della pelle o per condizionamenti culturali e religiosi è costretta a permanere in uno stato di inferiorità e marginalità.

Pertanto, questo progetto si propone di:

1.    Effettuare una ricerca allo scopo di conoscere i bisogni delle donne immigrate, nell’affrontare i problemi di salute propri e dei figli  e nell’accedere alle strutture sanitarie
2.    avviare una collaborazione con varie strutture sanitarie: Consultorio familiare, reparti di ostetricia-ginecologia e di pediatria, al fine di predisporre una procedura d’accompagnamento per le donne straniere
3.    proporre iniziative, che stimolino la riflessione della condizione della donna nelle diverse culture e che favoriscano la conoscenza della storia della donna: la consapevolezza del proprio passato e delle regole che governano la società attuale, nelle diverse fasce della terra, permetteranno alla donna d’oggi di costruire il proprio futuro
4.    Supportare la donna nei momenti critici della propria vita: adolescenza, puerperio, separazione, menopausa
5.    promuovere il recupero di quelle abilità tipicamente femminili, che pur utilizzate quotidianamente, sono sottovalutate e misconosciute dalla società e, paradossalmente, dalla donna stessa
6.    favorire, rispetto alla donna con disagio psichico, la socializzazione, il reinserimento ambientale ed il sostegno alle parti sane della personalità
7.    permettere una riflessione approfondita sulla salute della donna attraverso incontri, contributi di esperti, conferenze
8.    avviare iniziative che propongano alla popolazione un dibattito sui fenomeni migratori, affinché si giunga a conoscerli in profondità, evitando di ricadere nel pregiudizio, che è frutto dell’ignoranza
9.    promuovere attività culturali, di socializzazione e di apprendimento reciproco fra donne italiane e straniere; sostenere l’identità della donna, indipendentemente dalla nazionalità di provenienza, come ad esempio un coro multi-etnico, composto da sole donne

Inoltre, intende mantenere gli spazi di aggregazione avviati precedentemente, aprendoli a donne immigrate, che potranno trasmettere un loro sapere o che potranno frequentarli

Infine, esso vuole offrire alle donne in stato di bisogno, un servizio di piccolo prestito per una somma massima di 500 euro, da restituire senza interessi in comode rate, nell’arco del semestre successivo al prestito.

METODOLOGIA

La metodologia rimane quella del precedente Progetto, integrata, tuttavia, da una parte non certo secondaria, dedicata ai concetti di identità etnica e di solidarietà sociale.
Con gli spazi di aggregazione siamo andate oltre il concetto di “laboratorio tradizionale”, ove un gruppo di donne svantaggiate si incontra per socializzare e per apprendere un saper fare, trasmesso da un’ “esperta” esterna.  Il laboratorio è diventato luogo in cui avviene la condivisione del sapere del singolo, che trasmette la propria specificità creativa e professionale. L’attività svolta è strumento di interscambio e di crescita, sia per chi insegna sia per chi apprende: entrambi staranno meglio attraverso  il creare e produrre insieme.
Affinchè questo processo di apprendimento possa avere un riconoscimento concreto, i manufatti creati in questo spazio di attività artistico-artigianali e sinergiche-poliedriche stanno trovando, grazie ai contatti costruiti con enti e cooperative, una loro visibilità sul mercato.
Messaggio trasversale, che questi spazi vogliono trasmettere, è quello relativo alla possibilità di recuperare materiali poveri e/o di scarto e abiti dismessi, per contrastare la mentalità consumistica e mettere in luce la capacità creativa della donna.

La diversità tra gli individui può essere considerata ricchezza in una società multi-etnica, ove ci sia la pace ed il rispetto dei diritti di tutti.
Riportiamo le parole di Kobla Bedel, che nel libro “Negro, ma libero” sostiene: “…una perfetta ugliaglianza può provocare reazioni di rigetto da parte dei cittadini autoctoni e lo svuotamento dell’istituto stesso della cittadinanza; un’eccessiva disuguaglianza può produrre nel futuro minoranze discriminate, creando, così, un pericoloso fossato difficile da sanare con il tempo:”
Il concetto che, a questo proposito, l’Associazione La que sabe propone allo scopo di coniugare uguaglianza e disuguaglianza fra individui è quello di identità: la persona che si senta riconosciuta e rispettata nella sua intima essenza, nella sua identità più profonda, nella propria storia personale  e culturale sarà disponibile all’incontro ed al confronto con l’altro ed al rispetto dell’altro.
La que sabe intende promuovere l’identità delle donne che incontrerà, indipendentemente dalle loro origini.

Il canale, il mezzo, la metodologia attraverso cui sostenere l’identità di tutte le donne, ma anche di tutti gli uomini e i bambini è la solidarietà sociale, il sentirsi parte della stessa “umanità”, in cui tutti abbiano il diritto ad una vita dignitosa.
Crediamo in un’inclusione sociale, che sia effettiva integrazione per tutti i cittadini e le cittadine, appartenenti ad una comunità.

SCOPO E OBIETTIVI DEL PROGETTO

 Lo scopo che il progetto persegue è quello di sostenere donne immigrate e non, in stato di marginalità sociale, offrendo loro un percorso di crescita e di uscita dall’emarginazione.

Gli obiettivi specifici saranno:
•    integrare, nel tessuto sociale, donne immigrate, come quelle svantaggiate o con disagio mentale
•    avviare un’indagine sulle risposte istituzionali date alle donne immigrate ed una ricerca sui  loro bisogni, relativi alla salute propria e dei figli 
•    recuperare i saperi della donna: saper fare (ad es. con le mani) e saper essere
•    stimolare la crescita culturale e l’inserimento nel mondo sociale e politico da parte della donna
•    riscoprire e valorizzare le proprie potenzialità di uomini e donne, traducendole, con creatività, in opportunità in campo lavorativo
•    stabilire relazioni con altre donne e uomini per mettere a frutto una solidarietà trasversale
•    comprendere, valorizzare ed utilizzare, come protagoniste e non come vittime, le reti sociali
•    sostenere il dialogo ed il confronto uomo-donna
•    stimolare una riflessione ed un dibattito aperto sui temi della diversità, dell’immigrazione, dell’esclusione e dell’inclusione sociale.
 
MODALITA’ D’INTERVENTO – INIZIATIVE ATTUATIVE DEL PROGETTO

1.    Parecchie donne con varie problematiche si sono avvicinate agli spazi di aggregazione proposti e tutte portando le loro specifiche richieste, che qui di seguito riassumiamo:
•    Donne con una patologia tumorale superata o ben controllata
•    Donne separate, la cui separazione aveva avuto, per loro, un alto costo emotivo
•    Donne con depressione post-partum o lievi disagi emotivi legati al puerperio
•    Donne che ritengono, per se stesse, utile riflettere sulla propria salute e sui propri ritmi di vita
•    Donne con marcato stato di difficoltà economica, anche rispetto alla necessità di sostenere cure costose e prolungate.
A  gruppi omogenei per problematica, tutte loro hanno discusso, hanno ipotizzato dei percorsi utili al proprio star meglio ed hanno iniziato a scrivere.
Ne sono scaturite, diverse, interessanti proposte: il Progetto E.V.A. (Essere Veramente Accanto), progetto di sostegno reciproco per MAMME, per creare una rete di collegamento tra donne, che, nonostante la gioia di essere madri, vogliano uscire da uno stato di stanchezza, solitudine, frustrazione o dubbio.
Per ciò che riguarda queste problematiche, il Progetto attuale prevede come nuove attività le seguenti:
•    spazio gruppo di auto-aiuto per donne separate, italiane e straniere insieme

•    spazio gruppo di auto-aiuto per puerpere, italiane e straniere insieme

2.    In riferimento alle collaborazioni avviate con le Associazioni femminili, che già si occupano di donne immigrate ed ai contatti avuti con il Consultorio  familiare di Monfalcone, i reparti di pediatria e di ginecologia dell’ospedale di Monfalcone, si prevede di sostenere:
•    Iniziative a supporto di donne straniere in gravidanza e al momento del parto
•    Iniziative a supporto di donne straniere, che portino i propri bambini al reparto di pediatria e/o dal pediatra
•    Incontri a carattere artistico o culturale, che vedano insieme donne straniere ed italiane
•    Sostegno ad un coro multi-etnico, composto da sole donne
•    2 dibattiti pubblici sul problema dell’immigrazione e dell’immigrazione femminile, in particolare, 2 dibattiti pubblici sui temi della salute mentale
•    Realizzazione di un’esposizione pubblica dei prodotti artistico-artigianali, realizzati dalle donne nei laboratori, mettendo in particolare risalto quelli i saperi delle donne straniere
•    Vendita dei suddetti prodotti presso mercatini e negozi eco-solidali

3.    Al fine di INTEGRARE e creare salute, verrà data continuità agli spazi d’aggregazione già avviati dal precedente progetto

Oltre a questi si prevede di avviare altri tre spazi, condotti da donne straniere esperte in una determinata tecnica o arte. Per lo spazio della pittura è stata già individuata una pittrice di nazionalità argentina.

RISULTATI ATTESI
– conoscenza dei bisogni delle donne straniere nell’affrontare i problemi di salute propri e dei figli e nell’accedere alle strutture sanitarie
– Socializzazione con altre donne, sia straniere, che italiane
– Condivisione di esperienze di sofferenza e di solitudine legate all’evento migratorio
– Condivisione dell’esperienza della maternità
– Condivisione dell’esperienza della separazione
– Potenziamento della “parte sana” della donna, nella condivisione con altre di cultura simile o dissimile
– Supporto alla donna straniera in rapporto alle strutture sanitarie
– Crescita culturale e visibilità politica della donna di ogni  origine o estrazione sociale
– Uscita dalla propria condizione di malata mentale, o di soggetto debole o subalterno
– Uscita da uno stato di isolamento e di esclusione sociale
–   Rivalutare e mettere a frutto il proprio potenziale espressivo e/ professionale
– Affrontare adeguatamente il re-inserimento lavorativo
– Dar visibilità, ed eventualmente, giungere a vendere gli oggetti realizzati dalle donne
– Attivare di rapporti di solidarietà sociale, che vadano al di là del genere, maschile o      femminile, del ruolo o dello “stigma, che ognuno può avere.  
 

This entry was posted in materiali8. Bookmark the permalink.

One Response to PROGETTO “IL FEMMINILE INTEGRA E CREA SALUTE” da La que sabe

  1. Dario says:

    Tutto ciò che dichiarate è perfettamente condivisibile,tenete conto che esiste anche l’atra faccia della medaglia che è eguale alla vostra al maschile; seppur molto meno visibile e molto meno rilevante, ma esiste: La conferma di tale stato di cose, è la mia assidua presenza come insegnante e sostenitore di queste problematiche alla continua ricerca di poter far risolvere i problemi a queste persone,pur nel mio piccolo mondo di conoscenze. Quindi vi dico non dimenticate anche l’altro grazie, di esserci sul territorio.

Comments are closed.