La violenza è esercitata dagli uomini e dalle istituzione maschili sulle donne e sulle lesbiche.
La violenza maschile è un fatto culturale trasversale, rappresenta uno strumento di controllo e disciplina finalizzato ad impedire alle donne e alle lesbiche di liberarsi dai ruoli imposti di mogli, madri e oggetti del desiderio. Ruoli imposti dal sistema patriarcale.
Affermiamo la nostra soggettività e identità in quanto donne e lesbiche libere di autodeterminarsi.
Individuiamo nella famiglia l’ambito privilegiato dell’esercizio del potere e della violenza maschile sulle donne e sulle lesbiche, con il beneplacito delle istituzioni che riconoscono la famiglia e non la donna come soggetto di diritti.
Le istituzioni sociali (religione, diritto/leggi, sistema educativo, media) ancora oggi legittimano e riproducono la cultura dello stupro, contribuiscono a fondare e assicurare la subordinazione delle donne e delle lesbiche, sia nelle relazioni di potere familiare che in quelle economiche e sociali, ma in particolar modo attraverso il controllo dello svolgimento della funzione procreativa femminile, considerata un’obbligazione naturale, e nella funzione di ammortizzatore sociale.
Continua a vigere la cultura dello stupro, che è fisico e simbolico e che viene legittimato e riprodotto in maniera pervasiva.
Donne e lesbiche provenienti da percorsi e pratiche differenti concordano sulla necessità di condividere linguaggi e pratiche su molteplici piani.
L’elaborazione dei saperi delle donne e delle lesbiche è frutto della relazione fra donne, che è pratica politica, la quale riesce a produrre cultura condivisa che viene agita nell’autonomia dei linguaggi e delle pratiche di cui ciascuna è portatrice.
Valorizziamo la solidarietà come pratica tra donne e lesbiche.
Vogliamo rendere visibili tutte le forme di violenza maschile, attraverso presidi fisici e virtuali, riprendendoci ogni spazio di azione e di parola; creare percorsi di autodifesa che valorizzino la solidarietà tra donne e lesbiche e il riconoscimento della nostra forza individuale e collettiva;
Riconosciamo la pratica dei centri antiviolenza che, attraverso la ricontestualizzazione culturale della violenza maschile, l’accoglienza e il sostegno alle donne, creano percorsi di presa di coscienza e autodeterminazione così da porre le basi per una vita indipendente, autonoma e libera.
Denunciamo la mistificazione della violenza maschile agita attraverso un linguaggio sessista e rispondente ai desideri maschili.
Contro l’informazione e la pubblicità maschiliste, agiamo pratiche di controinformazione e decostruzione degli stereotipi veicolati dall’immaginario maschile.
Tra le nostre strategie è fondamentale avere più spazi per confronto e per la socialità di tutte.
Riconosciamo una unica radice della violenza maschile contro le donne e le lesbiche, che pur esprimendosi in diverse forme è agita sempre dallo stesso genere come strumento sessuato di controllo sistematico e strategico.
Partendo dalla manifestazione del 24 novembre, e considerando la violenza maschile trasversale nei temi trattati dai Tavoli, proponiamo un 8 marzo caratterizzato con questi contenuti e una data di mobilitazione nazionale, in maggio, al sud, che abbia un manifesto nazionale comune.
Informiamo tutte che nel mese di marzo ci sono degli appuntamenti importanti:
a) 4 marzo a Bologna, presidio sotto il tribunale per un processo per stupro
b) 5 marzo Roma, presidio a piazza Cavour (sede della Cassazione) per solidarietà alle donne che hanno denunciato per stupro un medico anestesista
c) 18 marzo a Perugia, presidio sotto il Tribunale dove si terrà l’udienza preliminare per il femminicidio di Barbara Cecioni.
Va impostata anche una strategia circolare di contrasto alla violenza che investa con esplicito conflitto e precise rivendicazioni le istituzioni del potere che reggono questo stato governato da gruppi oligarchici e maschilisti.
Anche su questo livello è possibile un’autorganizzazione femminista