USI DELL’EROTICO-L’EROTICO COME POTERE di Audre Lorde

Usi dell’erotico – L’erotico come potere > Uses of the Erotic – The Erotic As Power
Traduzione di Rosanna Fiocchetto
Ci sono molti generi di potere, usato e non usato, riconosciuto o meno. Quello erotico è una risorsa dentro ciascuna di noi che giace su un piano profondamente femminile e spirituale, fermamente radicata nel nostro potere di sentire, non espresso o non riconosciuto. Per perpetuare se stessa, ogni oppressione deve corrompere o distorcere nella cultura degli oppressi le varie fonti di potere che possono fornire energia per un cambiamento. Per le donne, ciò ha significato la soppressione dell’erotico in quanto fonte di potere e di informazione nelle nostre vite.
Ci è stato insegnato a diffidare di questa risorsa, svilita, abusata e svalutata nella società occidentale. Da un lato si è incoraggiato il superficialmente erotico come segno di inferiorità femminile; dall’altro le donne sono state indotte a sopportare e a sentirsi sia disprezzabili che sospette, proprio a causa dell’esistenza di questa risorsa.
Da qui alla falsa opinione che solo mediante la soppressione dell’erotico nelle nostre vite e nella nostra coscienza le donne possono essere veramente forti, il passo è breve. Ma quella forza è illusoria, perché è formata nel contesto dei modelli maschili di potere.
Come donne, siamo state indotte a diffidare di quel potere che sorge dalla nostra conoscenza più profonda e non-razionale. Durante tutta la nostra vita siamo state messe in guardia contro di esso dal mondo maschile, che percepisce l’importanza di questa profonda capacità di sentire tanto da tenersi intorno le donne perchè la esercitino al servizio degli uomini; ma che ha troppa paura di essa per esaminarne le possibilità. Così le donne vengono mantenute in una posizione distante/inferiore per poterle mungere psichicamente, nello stesso modo in cui le formiche mantengono colonie di afidi che forniscono una sostanza vitale alle loro padrone.
Ma l’erotico offre una fonte di abbondante e provocatoria forza alla donna che non teme la sua rivelazione, e che non cede alla credenza che sia sufficiente la sensazione.
L’erotico è stato spesso nominato in modo sbagliato dagli uomini e usato contro le donne. E’ stato trasformato nella confusa, triviale, psicotica, plasticizzata sensazione. Per questo motivo, noi abbiamo spesso rifiutato l’esplorazione e la considerazione dell’erotico come fonte di potere e di informazione, confondendolo con il suo opposto, con il pornografico. Ma la pornografia è una diretta negazione del potere dell’erotico, perché rappresenta la soppressione della nostra vera capacità di sentire. La pornografia enfatizza la sensazione senza sentimento.
L’erotico è una misura tra l’inizio del nostro senso di sé e il caos dei nostri sentimenti più forti. E’ un senso interiore di soddisfazione al quale, una volta che l’abbiamo sperimentato, sappiamo di poter aspirare. E una volta che abbiamo sperimentato la pienezza di questa profondità di sentire, riconoscendo la sua forza, per onore e rispetto di noi stesse non possiamo pretendere niente di meno per noi.
Non è mai facile pretendere il meglio da noi stesse, dalle nostre vite, dal nostro lavoro. Andare oltre la caldeggiata mediocrità della nostra società significa incoraggiare l’eccellenza. Ma cedere alla paura di sentire e lavorare solo per produrre, è un lusso che può permettersi solo chi vive senza propositi, cioè chi non vuole prendere in mano il proprio destino.
Questa richiesta interiore di eccellenza che impariamo dall’erotico non deve significare pretendere l’impossibile da noi stesse e dalle altre. Una simile pretesa ci renderebbe tutte incapaci. Poiché l’erotico non è solo questione di che cosa facciamo, ma anche di quanto siamo in grado di sentire intensamente e pienamente nel farlo. Se sappiamo quanto siamo capaci di percepire quel senso di soddisfazione e completamento, saremo poi in grado di capire quali dei nostri vari sforzi vitali ci portano più vicine a quella pienezza.
Lo scopo di ogni cosa che facciamo è di rendere le nostre vite e le vite dei nostri figli più possibili e ricche. Con la celebrazione dell’erotico in tutti i miei tentativi, la mia attività diventa una consapevole decisione – un letto a lungo desiderato dove entro con soddisfazione e dal quale mi alzo potenziata.
Naturalmente, le donne così potenziate sono pericolose. Perciò ci viene insegnato a separare la richiesta erotica dalle aree più vitali delle nostre esistenze, tranne che dal sesso. E la mancanza di interesse per la radice erotica e per le soddisfazioni del nostro lavoro è avvertibile nella disaffezione rispetto a tanta parte di quello che facciamo. Per esempio, quanto spesso amiamo veramente il nostro lavoro pur nella sua difficoltà?
Il principale orrore di ogni sistema che definisce il bene in termini di profitto piuttosto che in termini di bisogno umano, o che definisce il bisogno umano escludendo le sue componenti psichiche ed emotive, è che esso deruba il nostro lavoro del suo valore erotico, del suo potere erotico, della sua attrazione vitale e del suo appagamento. Un sistema del genere riduce il lavoro ad una parodia della necessità, ad un dovere con il quale guadagniamo il pane arrivando ad annullare noi stesse e le persone che amiamo. Ma ciò equivale ad accecare una pittrice e poi a chiederle di migliorare il suo lavoro e a trarre piacere dall’atto di dipingere. Non solo questo è pressoché impossibile, ma è anche profondamente crudele.
Come donne, abbiamo bisogno di esaminare in quali maniere il nostro mondo può essere veramente diverso. Sto parlando della necessità di rivalutare la qualità di tutti gli aspetti delle nostre vite e del nostro lavoro, e di come ci muoviamo verso di essi e attraverso di essi.
La stessa parola erotico viene dalla parola greca eros, la personificazione dell’amore in tutti i suoi aspetti. Eros è nato dal Caos, e personifica il potere creativo e l’armonia. Quando parlo dell’erotico, dunque, ne parlo come di un’asserzione della forza vitale delle donne; di quella potenziata energia creativa, la cui conoscenza e il cui uso stiamo ora rivendicando nel nostro linguaggio, nella nostra storia, nella nostra danza, nel nostro amore, nel nostro lavoro, nelle nostre vite.
Ci sono frequenti tentativi di equiparare pornografia ed erotismo, due usi del sessuale diametralmente opposti. In seguito a questi tentativi, è diventato di moda separare lo spirituale (psichico ed emotivo) dal politico, vederli come contraddittori o antitetici. "Cosa vuoi dire, una rivoluzionaria poetica, una contrabbandiera d’armi che medita?". Nello stesso modo, abbiamo tentato di separare lo spirituale e l’erotico, riducendo così lo spirituale ad un mondo di piatta affettazione, un mondo dell’ascetico che aspira a non sentire nulla. Ma niente è più lontano dalla verità, perché la posizione ascetica è quella della massima paura, la più grave immobilità. La severa astinenza dell’ascetico diventa l’ossessione dominante. Ed è quella non di un’auto-disciplina, ma di un’auto-abnegazione.
La dicotomia tra lo spirituale e il politico è anch’essa falsa, risultato di una incompleta attenzione alla nostra consapevolezza erotica. Perché il ponte che li connette è formato dall’erotico, dal sensuale, dalle espressioni fisiche, emotive e psichiche di ciò che è più forte, profondo e ricco entro ciascuna di noi, e che è condiviso: le passioni d’amore, nei suoi più profondi significati.
Al di là della sua espressione superficiale, se riflettete sulla frase "lo sento giusto", essa riconosce la forza dell’erotico come una vera consapevolezza; significa che ciò che si sente è la prima e più potente luce-guida verso ogni comprensione. E la comprensione è un’ancella che può solo servire, o chiarificare, quella consapevolezza profondamente nata. L’erotico è la nutrice di tutta la nostra più profonda coscienza.
L’erotico agisce per me in molti modi, ed il primo è fornire il potere che deriva dal condividere profondamente qualsiasi occupazione con un’altra persona. Condividere la gioia, sia fisica che emotiva, psichica o intellettuale, crea un ponte tra coloro che la condividono, che può essere la base per comprendere di più quello che non è condiviso tra loro, e riduce la minaccia della loro differenza.
Un altro modo importante in cui la relazione erotica agisce è la sottolineatura aperta e senza paura della mia capacità di gioia. Come il mio corpo si distende con la musica e si apre in risposta ad essa, ascoltando i suoi ritmi più profondi, così ad ogni livello del sentire mi apro all’esperienza eroticamente soddisfacente, sia essa danzare, costruire uno scaffale, scrivere una poesia, esaminare un’idea.
Quando questa relazione con me stessa è condivisa, è una misura della gioia che so di poter sentire, un promemoria della mia capacità di sentire. E quella profonda e insostituibile conoscenza della mia capacità di gioia mi porta ad esigere che tutta la mia vita venga vissuta nella consapevolezza che questa soddisfazione è possibile, e non deve essere chiamata matrimonio, nè dio, nè un’altra vita.
Questa è una delle ragioni per cui l’erotico è così temuto, e così spesso relegato soltanto nella camera da letto, oppure non viene addirittura riconosciuto. Perché una volta che cominciamo a sentire profondamente tutti gli aspetti delle nostre vite, cominciamo ad esigere di sentirci, e che le nostre occupazioni vitali ci facciano sentire, in sintonia con quella gioia di cui sappiamo essere capaci. La nostra consapevolezza erotica ci potenzia e diventa una lente attraverso la quale scrutiamo tutti gli aspetti della nostra esistenza; e ci obbliga a valutare questi aspetti onestamente, nei termini del loro relativo significato nelle nostre vite. E questa è una seria responsabilità, proiettata dall’interno di ciascuna di noi, che non ci permette di accontentarci di ciò che è conveniente, scadente, di accettare l’aspettativa convenzionale, la semplice sicurezza.
Durante la seconda guerra mondiale, compravamo pacchetti sigillati di bianca e incolore margarina, con una minuscola pillola colorata di giallo intenso collocata come un topazio proprio dentro l’involucro chiaro del pacchetto. Dovevamo lasciare la margarina fuori per un po’ ad ammorbidire, e poi dovevamo sbriciolare la pillola nel pacchetto, distribuendo il ricco colore giallo dentro la massa soffice e pallida della margarina. Poi, prendendola attentamente tra le dita, dovevamo impastarla dolcemente avanti e indietro, ancora e ancora, finché il colore non si fosse amalgamato in tutta la libbra di margarina, lasciandola completamente colorata.
Considero l’erotico come un simile nucleo in me stessa. Quando viene liberato dalla sua costrittiva pillola, fluisce e colora intensamente la mia vita con una energia che innalza, sensibilizza e rafforza tutta la mia esperienza.
Siamo state allevate ad aver paura dei "sì" dentro noi stesse, delle nostre voglie più profonde. Ma, una volta che le abbiamo riconosciute, quelle che non danno intensità al nostro futuro perdono il loro potere e possono essere modificate. La paura dei nostri desideri li rende sospetti e indiscriminatamente potenti, perché sopprimere ogni verità significa rafforzarla oltre il sopportabile. La paura di non poter superare qualunque distorsione scopriamo dentro di noi ci rende docili e fedeli e obbedienti, definite dalle circostanze esterne, e ci porta ad accettare molti aspetti della nostra oppressione come donne.
Se viviamo al di fuori di noi stesse, e con questo intendo il vivere solo secondo direttive esterne, e non secondo la nostra consapevolezza interiore e i nostri bisogni; se viviamo distanti dalle guide erotiche dentro di noi, le nostre vite sono limitate da forme esterne ed estranee, e ci conformiamo ai bisogni di una struttura che non è basata sui bisogni umani, per non parlare di quelli individuali. Ma se cominciamo a vivere da dentro a fuori, in contatto con il potere dell’erotico in noi stesse, permettendo a questo potere di ispirare e di illuminare le nostre azioni nel mondo intorno a noi, allora cominciamo ad essere responsabili di noi stesse nel senso più profondo. Perché, man mano che cominciamo a riconoscere i nostri più profondi sentimenti, smettiamo necessariamente di essere appagate dalla sofferenza e dall’autonegazione, e dal torpore che così spesso sembra essere la loro sola alternativa nella nostra società. I nostri atti contro l’oppressione diventano integrati con noi stesse, motivati e potenziati dall’interno.
In contatto con l’erotico, io divento meno incline ad accettare la mancanza di potere, o gli altri stati sostitutivi dell’essere che non mi sono connaturati, come la rassegnazione, la disperazione, l’auto-cancellazione, la depressione, l’odio di sé.
Sì, c’è una gerarchia. C’è una differenza tra dipingere di nero uno steccato e scrivere una poesia, ma solo una differenza di quantità. Per me non c’è alcuna differenza tra scrivere una buona poesia e muovermi nella luce del sole accanto al corpo di una donna che amo.
Questo mi porta all’ultima considerazione sull’erotico. Condividere il potere dei reciproci sentimenti è diverso dall’usare i sentimenti di un’altra come potremmo usare un kleenex. Se prescindiamo dalla nostra esperienza, erotica o altro, invece di condividere usiamo la capacità di sentire delle altre che partecipano all’esperienza con noi. E usare senza il consenso di chi viene usata è un abuso.
Per essere utilizzati, i nostri sentimenti erotici vanno riconosciuti. Il bisogno di condividere un sentimento profondo è un bisogno umano. Ma, nella tradizione europea ed americana, questo bisogno viene soddisfatto da determinati incontri erotici già prescritti. Queste occasioni sono quasi sempre caratterizzate da una simultanea volontà di non vederle nella loro realtà, dalla finzione di chiamarle in un altro modo, o una religione, un parossismo, violenza di massa, o persino giocare al dottore. E questo nominare in modo falso sia il bisogno che l’azione dà origine a quella distorsione che sfocia nella pornografia e nell’oscenità – nell’abuso della nostra capacità di sentire.
Se prescindiamo dall’importanza dell’erotico nello sviluppo e nel sostentamento del nostro potere, o se prescindiamo da noi stesse quando soddisfiamo i nostri bisogni erotici insieme ad altre, ci usiamo l’un l’altra come oggetti di soddisfazione, invece di condividere la nostra gioia nel soddisfare, invece di mettere in relazione le nostre similarità e le nostre differenze. Rifiutare di essere consapevoli di ciò che sentiamo in ogni momento, per quanto comodo possa sembrare, vuol dire rinnegare una larga parte dell’esperienza, e permettere che ci riduciamo al pornografico, all’abusato, e all’assurdo.
L’erotico non può essere sentito di seconda mano. Come femminista lesbica Nera, io ho una mia specifica capacità di sentire, una specifica coscienza e comprensione per le sorelle con cui ho danzato in modo sfrenato, giocato, o anche lottato. Questa profonda partecipazone è stata spesso la premessa per azioni comuni che prima non erano state possibili.
Ma questa carica erotica non viene condivisa facilmente dalle donne che continuano ad operare entro una tradizione esclusivamente europea-americana maschile. So che non è stata disponibile per me quando cercavo di adattare la mia coscienza a quel modo di vivere e di sentire.
Solo adesso trovo sempre più donne che si identificano con le donne, abbastanza coraggiose da rischiare di condividere la carica elettrica dell’erotico senza doverne prescindere e senza distorcere la natura enormemente potente e creativa di questo scambio. Riconoscere il potere dell’erotico nelle nostre vite può darci l’energia di perseguire un’autentica trasformazione nel nostro mondo, invece di accontentarci di un mero cambio di personaggi nello stesso stantìo dramma.
Così, non solo tocchiamo la nostra più profonda fonte creativa, ma facciamo ciò che è femminile e auto-affermativo di fronte ad una società razzista, patriarcale, ed anti-erotica.
"Uses of the Erotic – The Erotic As Power" è stato letto da Audre Lorde al quarto convegno sulla Storia delle Donne tenuto al Mount Holyoke College il 25 agosto 1978; è stato pubblicato in opuscolo da Out & Out Books e poi incluso nella raccolta "Sister Outsider – Essays & Speeches by Audre Lorde", edita da The Crossing Press, Trumansburg e New York 1984, pp. 53-59. Questa traduzione italiana, di Rosanna Fiocchetto e Julienne Travers, è stata pubblicata nella "Bollettina del CLI" nel giugno 1986, e poi ristampata in opuscolo dal CLI (Collegamento tra Lesbiche Italiane), Roma

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