DENUNCIAMO L’OFFENSIVA SESSISTA da Quelle che non ci stanno

“Quelle che non ci stanno” nasce nel settembre 2006 in seguito al tentato stupro subito da una di noi.
Nasce dall’esigenza di alcune donne e lesbiche di nominare lo stupro
per quello che è e contrastare le definizioni false e manipolate che ne
vengono date.
Nasce dall’esigenza di diventare protagoniste attive e non più
spettatrici passive contro la violenza che quotidianamente i nostri
corpi subiscono.
Abbiamo scelto la pratica della denuncia pubblica e separatista
attraverso la nostra presenza nelle piazze e nei luoghi in cui le donne
sono state stuprate.
La nostra solidarietà si traduce in forza, la forza di reagire,
denunciare e invertire la logica strumentale del patriarcato che ci
vuole solo vittime.
Solo tra donne pensiamo sia possibile esprimere la volontà e l’energia
che ci permettono di uscire dai ruoli e dai legami sociali tradizionali
dove si annida la violenza che subiamo quotidianamente.
Ci hanno insegnato ad essere accondiscendenti e a interiorizzare come
naturale un comportamento docile e disponibile. Ci hanno insegnato ad
anteporre sempre e comunque gli altri a noi stesse, ad annegare nella
tolleranza, ad avvelenarci nel perdono.

Non inghiottiamo qualsiasi umiliazione. Non inibiamo l’odio.
    REAGIAMO
Non abbiamo paura di essere etichettate pazze o isteriche quando reagiamo.
Più diventiamo consapevoli che lo stupro è parte integrante del nostro
sistema sociale, più cresce il desiderio di ricercare e creare spazi di
socialità appaganti. Non  siamo spinte dall’allarmismo
emergenziale che sbatte lo stupro nelle pagine dei giornali quando non
ha una notizia da copertina e per questo la nostra lotta non si fermerà
quando qualcuno ci infermerà dalle testate degli stessi giornali che
l’emergenza è rientrata o quando il silenzio tornerà a coprire la
guerra contro le donne nelle case..
Siamo ben coscienti che stampa ed istituzioni si destano da un sonno secolare solo quando non hanno scelta.
Si ricordano dei corpi delle donne solo per strumentalizzarli a scopo
economico o per legiferare, utilizzando termini come “tutela del
soggetto debole”, con lo scopo di stringere ancora di più la morsa del
controllo sociale.
Non ci sentiamo soggetto debole e non ci sentiamo oggetto da vendere o da acquistare.
I nostri corpi da sempre sezionati e studiati oggi si dimenano e occupano spazi.
Ci propongono lo stupro come se fosse una cosa che è nella natura
stessa del rapporto uomo-donna, ma noi non abbiamo nessuna intenzione
di interiorizzarlo come normalità.
Pensiamo di vivere a livello planetario una guerra tra i sessi,
eclatante, evidente, ma non dichiarata, che miete milioni di vittime.
Vediamo che la violenza contro le donne e le lesbiche produce terrore,
paura e morte e quindi la chiamiamo con il suo nome: terrorismo.
Donne uccise perché donne.
Questa strage quotidiana, occultata dal potere patriarcale attraverso i
suoi strumenti (vaticano, stato, stampa, etc), noi la definiamo
Femminicidio.
Femminicidio è un termine politico che ci appartiene e rende giustizia
a ogni donna e lesbica, che dopo essere stata stuprata e uccisa, è
stata relegata nel dimenticatoio del delitto passionale, o ancora
peggio, nella sfera del privato.
Sappiamo bene che la prima causa di morte per le donne nel mondo è l’omicidio commesso da un uomo.
Omicidio di donne che raramente avviene nelle strade ad opera di
sconosciuti. Gli autori sono quasi sempre conoscenti, amici, mariti, ex
fidanzati, fratelli, suoceri che hanno in comune l’appartenenza a un
genere, quello maschile, e il movente, impedire l’autodeterminazione
della donna.
Lo stupratore raramente è un deviante. Quasi sempre è un uomo qualunque
che fa quello che gli è stato insegnato, ed agisce il suo privilegio di
maschio virile con il consenso, anche se nascosto, dei suoi amici.
Lo stupratore è il braccio armato di una società che ha fatto della paura del diverso la sua forza.
Lo stupro è un atto che riproduce la supremazia dell’individuo
sull’individuo e della società sulle donne. E’ l’accentuazione
distruttiva di una violenza più generale e quotidiana.
Chi violenta e uccide è sempre maschio, garantito e protetto dall’appartenenza al genere maschile.
Uccidere una donna e una lesbica oggi in qualsiasi parte del mondo è
possibile grazie alla copertura continua fornita da chi riconosce in
questo metodo lo strumento più efficace per zittire, annientare e
rendere invisibile ogni forma di reazione che le donne attuano.
Infatti, la violenza più profonda, la più radicata è quella antecedente
e successiva al singolo episodio di stupro. L’aspetto peggiore è la
mancanza di solidarietà e l’esplicita ostilità che la società dimostra
alla vittima e alla donna “emancipata”.
Lo stato e la chiesa in primis sono responsabili di leggi e anatemi che
ufficializzano la supremazia del maschio sulla donna, basano sulla
subordinazione della donna il successo del sistema economico e del
controllo sociale al punto di vista economico e sociale, e fondano sul
possesso dei corpi delle donne i privilegi maschili.
La chiesa distribuisce benedizioni su tutta la normativa e le forme di interdizione attuate contro le donne e le lesbiche.
       Riteniamo importante ritornare ad
attraversare e a riprenderci gli spazi che ci vorrebbero interdire con
la violenza, e ricordare a chi agisce violenza che donne e lesbiche non
dimenticano.
        Per questi motivi abbiamo manifestato pubblicamente:
•    Al parco nord di Bologna alla festa dell’Unità, il
10 settembre2006, luogo all’uscita del quale è stata aggredita Mara.
•    Al quartiere Cirenaica di Bologna, il 1 ottobre
2006, quartiere nel quale è stata violentata e picchiata una ragazza.
•    In zona universitaria nei giorni successivi
all’aggressione, zona di frequentazione dei due studenti che hanno
aggredito la ragazza in Cirenaica.
•    Nel centro di Bologna sotto le due torri luogo di
visibilità e di passaggio di tante aggredite e di tanti aggressori.
•    Ai giardini margherita, il 29 ottobre 06, parco nel
quale è stata massacrata di botte una ragazza solo per non aver
assecondato gli uomini che la importunavano.
•    A Crevalcore, il 2 dicembre 2006 luogo di residenza di Luigi Maraia, aggressore di Mara
•    Il 27 gennaio 07, in piazza dell’Unità, in seguito
all’aggressione avvenuta i primi di gennaio tra via Stalingrado e il
Centro Commerciale Minganti, e per ricordare lo stupro in via Tibaldi
di due anni fa.
•    L’ 8 marzo 2007, in piazza Nettuno con una mostra,
“Le armi di una donna > o …ogni tanto un diversivo”, che vuole dare
voce alla capacità di reazione delle donne, la cui idea abbiamo preso
in prestito dalle compagne di Kassel.
•    20 Aprile 2007, presidio alla Cirenaica, per
opporci al concerto di Cagliari indetto per raccogliere fondi per gli
stupratori di via Libia.
•    Il 18 Settembre, davanti al Tribunale di Bologna,
per portare solidarietà alla donna che ha denunciato e per riprendere
la pratica di essere presenti ovunque una donna si ribelli alla
violenza.
•    Ottobre 2007 presidio all’Ex-Mercato di via
Fioravanti per denunciare la presenza degli amici degli stupratori
della Cirenaica in un luogo di movimento e contro il sessismo negli
spazi sociali.
•    Domenica 10 Febbraio 2008 presidio davanti alla
Chiesa dell’Antoniano –quella dello Zecchino d’Oro- contro il convegno
promosso dal Movimento per la Vita e da Federvita “Cose da Bios”, in
difesa della autodeterminazione di donne e lesbiche
•    Il 16 febbraio davanti all’ospedale S.Orsola,
presidio, che si trasforma in corteo spontaneo, contro l’incursione
della polizia in un ospedale napoletano per accertare la legalità di un
aborto terapeutico.
Crediamo, a partire dall’analisi del reale, che oggi l’autodifesa sia
un’opzione irrinunciabile per ogni donna e lesbica che abbia
l’ambizione di tenere lontana da sé la violenza. Siamo convinte che il
corpo possa trasformarsi da luogo dell’attacco a luogo della difesa,
così come siamo persuase che solo la solidarietà fra donne e lesbiche e
l’attenzione che prestiamo a noi stesse ed alle altre possa garantirci
e tutelarci.
Riconosciamo enormi responsabilità alle istituzioni locali e nazionali
che intervengono raramente con sostegni concreti a chi subisce
violenza, che sono incapaci di mantenere i finanziamenti alle
associazioni di donne che agiscono da tempo sul territorio e che
ostacolano da sempre ogni iniziativa autorganizzata delle donne e delle
lesbiche, sottraendo loro spazi separatisti di socialità e di
confronto.

Nonostante la guerra che ci fanno…
continuiamo ad esistere
Quelle che non ci stanno
maragridaforte@inventati.org

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