da www.proletaria.it
di Monica Perugini 23/11/2008 19:05
50.000 donne di tutte le età e di tutte le condizioni, cittadine e immigrate, lavoratrici e studentesse, case delle donne, collettivi e associazioni femministe, provenienti da tutta Italia, hanno manifestato con un lunghissimo corteo auto organizzato dalla rete femminista e lesbica nazionale SOMMOSSE, sabato 22 novembre a Roma contro la violenza maschile sulle donne ovvero contro la principale causa dei danni fisici e psicologici che subiscono le donne e, purtroppo, portano anche alle estreme conseguenze dell’uccisione per motivi di genere, ovvero al femminicidio.
Noi c’eravamo, insieme a questo movimento che ha ripreso con forza e convinzione il conflitto sociale contro un governo ed un sistema programmato e gestito da una borghesia dalla rappresentanza politica trasversale che vorrebbe privare le donne dei diritti conquistati con decenni di lotte, ricacciarle nell’ isolamento e nella subordinazione da cui sono uscite con le loro battaglie, le loro intelligenze e le loro coscienze.
La coraggiosa proposta lanciata dalla rete nazionale di femministe e lesbiche SOMMOSSE, insieme al loro impegnativo sforzo organizzativo, dunque, ha colto nel segno, dopo la grandiosa manifestazione dello scorso anno che, a seguito dei tragici fatti di femminicidio scatenatisi in pochi giorni nel paese, aveva coinvolto oltre 150.000 donne nel corteo romano per ribadire il no alla violenza maschile sulle donne, la necessità di una legislazione a favore delle donne e dello sviluppo di una cultura del rispetto, dei diritti civili personali e collettivi che dovrebbero essere normalità per un paese “civile”.
Da allora molto è cambiato: il governo di centro sinistra non ha rispettato le promesse fatte alla donne: la legge sulla fecondazione assistita voluta dal precedente esecutivo di destra, è rimasta intatta, quella sulle copie di fatto, dapprima svuotata di significato e poi ridicolizzata nei contenuti è stata cacciata nel dimenticatoio, la legge 30 che danneggia le donne nel mondo del lavoro imponendo loro eterno precariato, bassi salari, ostacoli d’ogni tipo e tempi inconciliabili fra le necessità di vita e di lavoro, nemmeno è stata sfiorata e ciò, purtroppo, con la compiacenza di una parte cospicua del sindacato, i servizi pubblici sono stati aggrediti e svuotati dei loro compiti fondanti, dalle continue esternalizzazioni che ne hanno dequalificato le gestioni, imponendo per le stesse solo contratti di lavoro sempre e solo precari, in particolare per le donne (dalle scuole per l’infanzia, alle mense, alla sanità, ai lavori di cura ecc…), il protocollo su stato sociale e pensioni ha fatto il resto e … chi più ne ha più ne metta.
Berlusconi sta completando l’opera con la sua politica aggressiva sul versante sociale ed economico, sessista, ipocritamente filo cattolica e biecamente maschilista su quello etico. L’apoteosi è arrivata con la Carfagna Ministra alle pari opportunità: travolta dal suo “solito destino”, ha scambiato opportunità e diritti di genere e differenze con la sua fobia per prostitute e trans, scatenando una crociata fuori dal tempo e dallo spazio che getta il velo sulle reali impellenze sociali e politico – culturali del paese. Si prosegue con la Gelmini, replicante che vuole privare il paese dell’istruzione pubblica, rinverdire le classi differenziali per i “negri” (perché è così che sono tornati a chiamarli!) in base a dettami non solo economici ma culturali ben precisi. Donne che nulla hanno da invidiare ai vari Brunetta, Calderoli, Bossi, Tremonti, come ricordava uno striscione in piazza.
Idee che sono lo specchio di quell’Italia da pregiudizio cattolico e da ignoranza e superficialità divenuta valore assolto a guardia del capitalismo e dei suoi interessi.
Il tutto amplificato e potenziato dalla dittatura dei media e dalla tv a cui, per esempio, la così detta opposizione democratica parlamentare dei tristi giorni nostri, risponde con una “grande operazione contemporanea”, collegata alla continua evoluzione tecnologica in atto: quella di un sia pur bravissimo ex giornalista Rai, oggi 85. enne, quale candidato alla presidenza della commissione di vigilanza RAI, nell’arduo tentativo di smontare un ennesimo inciucio andato a male, a proposito di un tema che,sull’onda berlusconiana, rischia di trattare di vallette o “veline”, come oggi si chiamano, e non di libertà di stampa e comunicazione!
Le donne della rete SOMMOSSE romane e nazionale, dell’assemblea Facciamo Breccia, la rete delle donne di Bologna, di Fuori campo lesbiangrup, i gruppi femministi e le case antiviolenza milanesi, le case antiviolenza e le donne del sindacalismo di base, dei collettivi e dei gruppi, le donne della Sicilia, della Calabria e della Campania, di tutto il sud in lotta per il lavoro e la qualità della vita, del movimento femminista proletario, dei collettivi di base, le migranti romane e del Lazio, le studentesse e le universitarie e del movimento c’erano tutte ed hanno riempito Roma in un freddo sabato pomeriggio che ha segnato un altro punto a favore di quel conflitto sociale che sta riprendendo con la sua variegata rappresentanza, solidarietà e convinzione politica che non ci si deve omologare, chinare la testa, adeguare q questo modello di società che avrebbero confezionato per noi.
Se una donna dice no, è no.
Probabilmente è per questo motivo che le donne di partiti, sindacati e rappresentanze “istituzionali” e consolidate della politica nazionale non c’erano.
Hanno perso una grande manifestazione e comunque hanno fatto male, anche se, sempre dalle donne, leggiamo partire quell’ invito alla chiarezza politica che potrà solo giovare a questo movimento antagonista a Berlusconi ma sempre e anche alternativo al PD.
La piattaforma della manifestazione discussa, costruita e alla fine pubblicizzata e diffusa a livello nazionale con le adesioni di centinaia di realtà femministe e lesbiche locali, lancia tempi e modi degli appuntamenti di questa lotta che si svilupperà sul territorio, contro la violenza alle donne, per una cultura rispettosa dei diritti, delle conquiste, dei servizi sociali e pubblici di qualità a partire da scuola e sanità, per tutte: cittadine e straniere, studentesse e lavoratrici tutte antifasciste, indipendentemente dalla presenza e militanza in forze politiche, sindacali organizzati; per una cultura femminista sempre più diffusa e cosciente, per le donne, contro i dettami di una società capitalistica, maschilista che impone loro sfruttamento ed emarginazione.
Monica Perugini