da http://femminismo-a-sud.noblogs.org/
Intro | Mezzi di comunicazione | Le donne e il computer | I blog | Gli spazi liberati (e il triste mondo della rete assoggettato a google)| La mailing list | Fare mailing list | Fare blog
Ovviamente vi consiglio di leggere tutto perchè la suddivisione in
paragrafi in realtà è speculare ad un unico filo conduttore. Tutto il
testo (che è da integrare, arricchire e quindi consideratelo una versione 1.0
di qualunque scrittura di codice) parla di come fare comunicazione, di
una etica femminista possibile nella comunicazione teknologica, di
quello che non va’ nella rete e nella comunicazione attuale. Se vi
piace, buona lettura:
Intro
– Il pensiero femminista che non si serve di mezzi di comunicazione resta solo nella nostra testa.
– Il mezzo di comunicazione che vi apre la porta per poter raggiungere
tante persone contemporaneamente, ovunque esse si trovino, con poca
spesa, è il web.
– Lo strumento per arrivarci è: il computer!
Il computer non è una macchina infernale: è solo un elettrodomestico.
– Come tutti gli elettrodomestici il computer ha un tasto On/Off e voi lo userete per quello che vi è utile fare.
– Come una lavatrice il computer si serve di un programma di gestione o sistema operativo.
– Il sistema operativo più comunemente usato è Windows.
– Il computer più spesso vi serve per: scrivere testi, ricevere e mandare mail, viaggiare su internet.
– Per scrivere testi generalmente usate file in word.
– Per ricevere e mandare mail generalmente usate microsoft outlook o outlook express.
– Per viaggiare su internet generalmente usate Internet Explorer.
Windows, word, outlook, internet explorer non sono gli unici programmi
per poter raggiungere gli stessi scopi. Si tratta infatti di un sistema
operativo e di software proprietari il cui utilizzo viene imposto e
viene da voi pagato. Esistono programmi free, gratuiti e in
condivisione che potete scaricare liberamente dalla rete e installare
sul vostro computer senza nessuna spesa.
Una piccola parentesi giusto per spiegarvi di cosa parlo quando mi
riferisco a sistemi e software proprietari. Immaginate che vostra nonna
abbia inventato una ricetta di cucina particolare e che invece che
passarvela per permettervi di riprodurla, personalizzarla, migliorarla,
abbia deciso di depositare la formula all’ufficio brevetti, di non
condividere la sua conoscenza con nessuno e di permettervi di
assaggiare il suo fantastico piatto solo a patto che lo acquistiate
nelle confezioni pronte al supermercato. Ecco: questo è un software
proprietario. Un programma free e in condivisione invece è una
creazione, una idea che si arricchisce della competenza di tante altre
persone che via via la fanno diventare sempre più ricca. Il concetto
della condivisione si oppone al copyright e alla appropriazione della
conoscenza da parte di monopoli (come microsoft) che su di essa attuano
una vera e propria speculazione.
– Il sistema operativo in alternativa a windows è Linux. Ma questa è
un’altra storia che potrà essere approfondita in una lezione avanzata
per le femministe teknologiche.
– Ci sono programmi gratuiti che potete comunque installare anche su
windows: Il programma di scrittura word può essere sostituito con open
office. Outlook può essere sostituito con Mozilla Thunderbird. Internet
explorer può essere sostituito da mozilla firefox. Per vedere e
modificare le vostre foto potete usare Gimp.
Mezzi di comunicazione
Attraverso una semplice connessione internet, un computer e qualche
software gratuito potete comunicare con moltissime persone e a più
livelli.
Bisogna premettere che la comunicazione attraverso un computer è spesso
definita una peculiarità di chi dispone di una preparazione tecnica per
farlo. Tale preparazione pare generalmente essere “esclusiva” degli
uomini. Essi hanno dominato ogni settore tecnologico e l’informatica è
uno di questi settori. Essi si sono impadroniti di un mezzo
fondamentale per stabilirne priorità, finalità e obiettivi. Hanno
dominato il mezzo attraverso l’uso di linguaggi complicati e fatti
quasi esclusivamente per addetti ai lavori. Hanno creato regole che
discriminano le persone non sufficientemente preparate e quelle che non
sposano le finalità stabilite. Hanno dunque creato una sorta di recinto
esclusivo richiamando ad una predisposizione “naturale” verso la
tecnologia.
La naturale predisposizione di cui parlano è di fatto una selezione
prestabilita per attribuzione di ruoli nell’infanzia. Agli uomini
giocattoli da smontare e alle donne bambole cui cambiare i pannolini.
La naturale predisposizione è data da una effettiva diversità
nell’approccio alla tecnologia. Una diversità “di genere” che va
rivendicata e che è fatta di una comprensione del mezzo, il computer,
senza dedicarvi una particolare adorazione e senza creare zone di
sacralità che non possono essere infrante. Una diversità che ci è stata
negata – come avviene per la sessualità – perché non ci viene
riconosciuto il nostro grande senso pratico e la nostra capacità di
restituire al mezzo la reale dimensione che esso riveste: quella
appunto di mezzo e nulla più.
Si è detto inoltre che di fronte alla tecnologia non c’e’ una
discriminazione. Di fatto la discriminazione c’e’ ed è fatta dal
monopolio delle informazioni che non vengono condivise, da quella
regola infausta che dice che le donne sono ben accette ovunque purchè
siano “preparate” dove il livello di preparazione corrisponde comunque
sempre ad uno standard che altri hanno fissato e che adopera la
meritocrazia utilitaristica e la produttività come metro di giudizio
per i soggetti che vorranno impegnarsi nella conoscenza di questo mezzo.
Come per la società reale, nel mondo virtuale gli uomini hanno
inventato regole che non tengono conto dell’analfabetismo, della
differenza di classe, della differenza di genere. Così sono state
stabilite regole di ingresso e anche finalità di impiego delle
preparazioni tecniche che ciascuno può assumere. Con il computer, così
come per tutto il resto, vali se produci. Con il computer vali se usi
un linguaggio codificato ed escludente che equivale alla bibbia in
latino prima della traduzione luterana. Con il computer la socialità
viene spesso ridotta a mere corporazioni di bassissimo, basso o medio
alto livello. Pochi sono quelli consapevoli dell’importanza di
alfabetizzare chi non sa garantendo un passaggio di informazioni chiaro
e semplice e il più possibile adatto alle necessità di tutti e tutte.
Le donne e il computer
La comunicazione attraverso il computer sta di fatto soppiantando
quella che siamo state abituate a conoscere e attraverso essa abbiamo
possibilità di accesso a numerosissime possibilità. E-mail, siti, blog,
video, audio, intere biblioteche digitalizzate a disposizione di
tantissimi utenti, teleconferenze, chat, incontri virtuali in città non
reali come second life, comunicazione veloce e a bassissimo costo
dall’uno all’altro capo del mondo.
Queste enormi potenzialità sono state ben intercettate dal
“mercato” e
di fatto mentre accedete ad internet la fonte privilegiata di notizie
pare essere quella dedicata ad ogni sorta di prodotto in vendita
ovunque. Pubblicità, aste online spadroneggiano e cercano di
appropriarsi di ogni piccola o grande vetrina visitata in web. Persino
un piccolo blog diventa appetibile per multinazionali come google che
– oltre ad avere l’esclusiva sulle notizie da rendere più o meno
visibili e quindi dei contenuti da veicolare attraverso il suo canale
di ricerca – ci piazza sopra le sue pubblicità con guadagni enormi che
al momento
nessun altro dello stesso settore pare avere nel mondo.
Tali potenzialità sono state intercettate anche da conservatori e
fascisti di ogni genere che hanno aperto un blog allo scopo di
egemonizzare, assieme ad altri, la cultura in rete e di orientarla
sempre in senso fascista, moderato, maschilista, patriarcale.
La rete è dunque una piazza “virtuale”. Presidiarla è un nostro dovere.
Comunicare nel miglior modo possibile per cambiare la cultura dominante
è un obiettivo possibile e va perseguito. Bisogna entrarci dentro per
modificare i linguaggi, le finalità, le priorità.
I blog
I blog sono la novità del web 2.0. Sono piattaforme che consentono agli
e alle utenti di aprire un “sito”, che ha le caratteristiche del blog,
con estrema facilità.
Vi faccio un esempio più semplice: un sito è come una casa. Per
costruirla dovete acquistare un terreno, costruire le fondamenta, fare
i muri, metterci gli infissi, rifinire con la rete elettrica, quella
idraulica etc etc fino ad ottenere una casa che potrete abitare.
Un blog è un po’ come un appartamento in residence. C’e’ una impresa
edile che ha costruito le case, di varie forme e dimensioni. Vi lascia
però la possibilità di personalizzare i vostri spazi come volete pur
mantenendo la stessa struttura di base. In ogni appartamento voi
trovate il necessario per cucinare, dormire, fare la doccia, andare al
cesso. Qualunque altra cosa vi serve bisogna che la cambiate da voi.
Potete tenervi l’appartamento così com’e’ o cambiare la doccia con una
bella vasca da bagno, per esempio.
Per certi versi una piattaforma di blog consente quello che nelle
comunità reali abbiamo una certa difficoltà a fare. Stabiliti dei punti
comuni per tutti, si sta tutti assieme ciascuno mantenendo salda la
propria individualità.
In un blog voi potete scrivere quello
che volete nel rispetto delle leggi vigenti (copyright, diffamazione,
non dovrebbe essere una testata giornalistica con periodicità di
pubblicazione perché altrimenti serve la registrazione come testata
giornalistica in tribunale) e potete veicolare le notizie che volete.
E’ cosa saggia, anche quando si sceglie di fare un blog così come un
sito, mettersi in rete, collegarsi ad altri/e. Una potenzialità della
rete è la grande capacità di essere portatrice sana di virus. Parlo
della comunicazione come un fatto virale. Parlo della capacità di
contagiare con un effetto “eco” che può arrivare anche molto lontano da
noi. Pubblicare una idea, una notizia, senza che questa sia replicata
altrove, in un tam tam continuo, effetto sms per intenderci, annulla lo
sforzo di chi ha avuto l’idea e riduce a nulla il suo valore.
Non vi sto suggerendo di spammare – che significa mandare ovunque mail
o link con i vostri contenuti perché siano conosciuti, almeno non
fatelo quando questo risulta essere non richiesto, contrario alla
policy dei luoghi cui inviate o non voluto. Vi suggerisco invece di
fare rete. Siete voi a scegliere quali contenuti veicolare con la
consapevolezza che il vostro può essere un mezzo che appartiene a voi –
relativamente parlando – ma si pone una finalità collettiva. In nome di
quella finalità bisogna cercare di essere veicolo delle notizie, delle idee e delle persone che le producono.
Gli spazi liberati
Molte piattaforme blog che potete trovare in giro per la rete vi danno
l’opportunità di aprirne uno e quindi di fare parte di una community
(la comunità virtuale di abitanti del recidence/piattaforma). In genere
vi forniscono spazio limitato e vi propongono altro spazio a pagamento.
Tutti si attengono alle leggi dei vari Stati in cui risiede il server –
ovvero la macchina sulla quale viene contenuto tutto quello che i vari
blogger producono in una community. Tutti registrano gli indirizzi ip di
chi gestisce o si collega al blog.
Tutti loggano – tengono la memoria – dei contenuti che passano nei blog
e degli indirizzi di chi li ha prodotti. Molti hanno norme restrittive
in fatto di pubblicazioni di materiali giudicati osceni o che possano
costituire vilipendio al capo di stato, se parliamo del papa.
Ovvero: La community non è una community con il senso di responsabilità
collettiva che dovrebbe sostenere una formula di aggregazione virtuale
di questo genere. Una community nei casi che ho descritto è
semplicemente un residence con affittacamere che non si assume la
responsabilità politica di quello che pubblicate e che anzi conserva
prove e dettagli cui possono attingere le forze dell’ordine quando ne
fanno richiesta. Per loro siete un affare e come per tutti i business
che si rispettano nulla è gratis.
Voi rappresenterete la quantità di visite alle pagine della community
stracolma di pubblicità. Come per il clero e i contributi economici che
riceve, voi sarete la quota di “utenti” in base alla quale loro
stabiliscono il loro valore contrattuale sul mercato. Chi paga per
mostrare la propria pubblicità sulle loro pagine vuole sapere quanti
affittuari possono avere accesso a quel manifesto pubblicitario. Più
sono e più si paga. Voi siete dunque un affare e comunque vi si chiede
di pagare per avere la versione “Pro” del blog con maggiore spazio e
maggiori opportunità di gestione. Inoltre vi si invita allo stesso modo
a farvi voi stessi tramite di quelle pubblicità. Così voi stessi
diverrete parte di quel mercato che vi spreme fino alle stesse idee che
non potranno più essere leggibili allo stesso modo perché svilite dalla
presenza di tante pubblicità google fuori contesto.
Avrete infatti visto più di un blog con tanti richiami google. Google
ha attivato da tempo il servizio adsense. Diventare utente adsense
significa poter ospitare sul proprio sito o blog le pubblicità google
che in cambio garantisce una percentuale di guadagno. Per alcune
piattaforme blog è già previsto che i blogger possano attivare adsense.
Splinder e blogspot (per fare un esempio) già lo prevedono. Serve una
password utente adsense e serve anche che l’utente autorizzi google a
dare una percentuale del guadagno a splinder (il 15%) o a blogspot
(0%). Per altre piattaforme invece è l’utente che deve inserire il
codice adsense a mano nel template. In genere è consentito soltanto se
l’utente possiede una versione pro (a pagamento) del blog.
La percentuale di guadagno si realizza attraverso i click sulle
pubblicità targate "google". Non solo: un servizio adsense è anche
quello dello spazio ricerca. Se all’interno di un sito o un blog voi
cercate dei contenuti sullo spazio google, anche in quel caso
realizzate un guadagno per google e per chi gestisce il sito o il blog.
Adsense ha anche un’altra particolarità: registra gli ingressi del sito
o del blog in cui le pubblicità google sono presenti. Questo perchè
segna anche quante volte una pubblicità è stata semplicemente
"visionata" (soltanto vista e non clikkata). Ne deriva che google adsense registra i
dati dei visitatori e delle visitatrici del sito o blog in cui è
presente. I dati raccolti costituiscono in qualche modo una violazione della privacy e
serviranno a fare ulteriori indagini di mercato.
Ci sono molti blog che consapevolmente fanno uso di questo servizio
perchè a loro modo identificano in esso una possibilità di guadagno.
Nulla di male. La cosa che invece è particolarmente contraddittoria,
priva di etica, incoerente è vedere dei blog militanti (anche
femministi) che ospitano pubblicità di questo tipo. Può accadere così
che in un blog femminista voi trovate pubblicità del tipo: "Donne da
conoscere", "Conoscersi", "Trova
donne in 5 minuti". Questo succede perchè le pubblicità google vengono
piazzate su siti e blog riadattate sulle parole chiave di certe pagine.
Così per assurdo potete trovare un post che parla di donne maltrattate
e accanto una pubblicità di stampo maschilista che recita appunto
"Trova donne in 5 minuti".
Altra cosa da registrare e cui fare attenzione è la presenza in rete di
siti da "abbocco" come femministe.com, sito di derivazione maschilista,
che attrae persone in buona fede interessate all’argomento che invece
si ritrovano con un sito pieno zeppo di argomenti maschilisti e di
pubblicità di donne in offerta speciale per far compagnia agli uomini e
di quelle delle agenzie di incontri a pagamento. Chi ha aperto quel
sito ovviamente è interessato agli ingressi. Più gente arriva a cercare
contenuti femministi più chi gestisce il sito guadagna.
In questo panorama desolato però in Italia si distingue Noblogs per
ragioni etiche, politiche e volendo anche affettive. Noblogs nasce per
mano della comunità di Autistici/Inventati che da tempo si occupa di
difesa dei diritti digitali e della privacy. La community cui hanno
dato vita è aperta ai contributi tecnici di chi vuole migliorarla, è
gestita in maniera volontaria e chiede dei contributi (che si possono
versare anche online) per far sopravvivere il progetto che necessita di
strumenti tecnici, manutenzione e revisione.
Noblogs non tiene traccia dei log. Non registra neppure gli indirizzi
di chi scrive, commenta, ci fa visita. Anzi a proposito di quanto
specificato sopra dice:
A proposito di: "[…] pubblicità (es. adsense), strumenti di analisi
del traffico (analytics) o traccianti di vario tipo a scopo di
statistica (clustrmaps o shinystat). […] tutti questi elementi
tengono più o meno memoria di tutti gli utenti che visualizzano il
blog per fare commercio dei dati raccolti. Ci sembra pleonastico farvi
notare che queste cose sono palesemente in contrasto con la logica di
NO-b-LOGS (il blog *senza* log) e che violano la policy del progetto e
la privacy dei visitatori."
Ovviamente A/I non si assume la responsabilità di quello che scriviamo
(ma sappiamo che sostiene una battaglia politica se la condivide) e non
garantisce l’anonimato di nessuno perché se io scrivo il mio nome a
firma degli articoli è chiaro che se vengo perseguit@ per un reato –
che potrebbe essere di vilipendio della religione di stato – la polizia
postale viene a cercare me.
Noblogs è uno spazio liberato, difeso e tenuto gelosamente in vita. Per
questioni clericali (la pubblicazione del gioco pretofilia di Molleindustria) hanno già provato a chiudere tutta la piattaforma
con gli oramai oltre quattrocento blog che ci stanno dentro ma la
questione si è risolta in un nulla di fatto perché lo Stato presso cui
poggia il server non ha reputato il reato contestato dall’italia
sufficiente ad operare la chiusura.
Autistici/Inventati inoltre fornisce servizi per account mail, mailing
list, siti. Per ciascuno di questi vale lo stesso identico principio
che viene specificato in risposta a qualunque richiesta di servizi:
“Le pregiudiziali per poter partecipare ai servizi offerti su questo
server sono la condivisione dei principi di antifascismo, antirazzismo,
antisessismo e non commercialità che animano questo progetto, oltre
ovviamente a una buona dose di volontà di condivisione e di relazione
;)))))
Spazi e servizi di questo server non vengono destinati ad attività
(direttamente o indirettamente) commerciali, al clero, ai partiti
politici istituzionali: o comunque, in sintesi, a qualunque realtà che
disponga di altri potenti mezzi per veicolare i propri contenuti, o che
utilizzi il concetto di delega (esplicita o implicita) per la gestione
di rapporti e progetti.
Il server conserva esclusivamente i log strettamente necessari a
operazioni di debugging, che comunque non sono associabili in alcun
modo ai dati identificativi degli utenti dei nostri servizi”
Per ogni informazione su servizi, policy e altro potete guardare il loro sito: Autistici/Inventati.
Per conoscere qualcos’altro delle comunità virtuali più libertarie potete leggere questo post che parla dell’hackmeeting.
La versione al femminile dell’Hackmeeting è l’eclectic tech carnival (quest’anno ad amsterdam) che è rappresentato in europa soprattutto dalle Gender Changers ed è raccontato bene dalle Feramenta
che di quel percorso sono parti attive. In pratica ci sono delle donne
che invitano altre donne e svelano loro trucchi, condividono saperi e
insegnano persino a montare e smontare un computer.
La mailing list
Da Wikipedia: La Mailing-list è un sistema organizzato per la
partecipazione di più persone in una discussione tramite email. Per
inviare un messaggio a tutti gli iscritti, è normalmente sufficiente
inviarlo ad uno speciale indirizzo e-mail, e il servizio provvede a
diffonderlo a tutti i membri della lista. In questo modo, non è
necessario conoscere gli indirizzi di tutti i membri per poter scrivere
loro.
Ogni mailing list è sottoposta a particolari regole di o da
comportamento (vedi netiquette) a cui ogni iscritto deve attenersi.
Generalmente i messaggi devono obbligatoriamente trattare di un
particolare argomento, per generico che possa essere.
Fatta questa premessa spiego ora brevemente come si apre una mailing
list. Bisogna innanzitutto fare richiesta a chi eroga questo servizio.
Per aprire la lista “sommosse”
l’amministratrice ha dovuto fare richiesta ad Autistici/Inventati.
Autistici/Inventati, se accetta la richiesta perché rispondente
alla sua policy, attiverà la mailing list e invierà all’amministratrice
link e password attraverso i quali potrà provvedere alla
“configurazione” della lista. Configurare una lista significa
programmarla per farle fare quello che voi volete che faccia. Come per
la lavatrice la pagina di configurazione avrà varie opzioni tutte
scritte in linguaggio comprensibile. Tra il lavaggio a 90° e quello a
freddo con centrifuga voi sceglierete quello che è meglio per il
lavaggio dei vostri capi. Tra la gestione di una mailing list che
accetta allegati di peso superiore a 2 mega e quella che non accetta
allegati se non in file di testo (senza immagini) voi potrete scegliere
quello che è più corretto nel rispetto della netiquette che avete
stabilito per la lista che andrete a gestire.
Fare mailing list
Fare mailing list significa prendere confidenza con il mezzo che state
utilizzando. Una mailing list non è un mare aperto in cui lanciate una
bottiglia nella speranza che qualcuno la raccolga. Abbiamo già letto
che si tratta di un sistema che vi permette di inviare una mail ad un
solo indirizzo che però vi collega a tutti gli indirizzi delle iscritte.
Se scrivete in una mailing list siete in una stanza piena di gente che
dovrà imparare ad autogestirsi o dovrà essere moderata (esiste infatti
la figura di moderatrice delle liste).
Ogni lista rispetta una propria netiquette, che in generale si
riferisce a quella che pare valida per tutto il web. Io ne ho
contestato alcune parti secondo me molto discriminatorie e totalmente
vincolate all’elitarismo corporativo che rappresenta molte comunità
virtuali di specialisti informatici. La mia proposta provocatoria era
ed è quella di realizzare una netiquette femminista. Trovate un po’ di
chiacchiere su questo argomento a questo LINK.
Proviamo comunque a immaginare cosa non si dovrebbe fare in una mailing list:
– non bisogna rispondere all’indirizzo della lista immaginando di
parlare con una sola persona. Tutte quelle che vi leggono rimarranno
silenziose per discrezione ma sono tutte lì e ricevono le vostre mail
indirizzate male.
– Una lista è come una bella assemblea virtuale. Se non si leggono le
mail non si partecipa al percorso di condivisione delle informazioni
che ci sono necessarie ad avere rispetto di quello spazio comune.
Rispetto alla lista Sommosse: sono stati spediti vari richiami a
rispettare delle regole e anche alcune mail in cui veniva precisato che
per la prenotazione ai tavoli e/o ai pranzi e al caffe’ bisognava
scrivere ad un indirizzo diverso da quello della lista. Ora noi tutte
sappiamo quanto e come mangiate e possiamo persino intuire quanto
zucchero prendete nel caffè.
– Una assemblea virtuale ha bisogno di un ordine di interventi e anche
di automoderazione. Se in una stanza si alza a parlare sempre la stessa
persona per dieci volte, aggiungendo dettagli o comunicando anche
preferenze rispetto al pasto preferito si finisce per prevaricare il
resto dell’assemblea. Se a spedire molte mail sono in tante si produce
un caos che è impossibile da seguire anche per quelle armate di
pazienza.
– In una assemblea virtuale – come in quella reale – chi interviene
non recita a memoria tutti gli interventi precedenti prima di arrivare
al proprio. Semmai prende spunto da qualche battuta che vorrà citare e
poi continuerà con il proprio intervento. Con le mail bisogna fare
esattamente la stessa cosa. Quando spedite la vostra opinione ricordate
sempre di cancellare le parti delle mail precedenti che non servono
alla comprensione del vostro discorso. Questo si chiama “quotare”.
– In una assemblea virtuale bisogna sforzare di comprenderci tutte, a
partire dalle nostre reciproche differenze di linguaggio e di
preparazione tecnica. La volontà comune è quella di condividere
informazioni necessarie. E’ cosa buona e giusta se chi ha difficoltà lo
dice e agisce con autodeterminazione per autogestirsi e sforzarsi di
non delegare.
Fare blog
Il manuale costruito da Autistici/Inventati per fare un blog su Noblogs potete trovarlo a questo indirizzo: Manuale per l’uso del blog
– Per aprire un blog su Noblogs bisogna innanzitutto avere un account
mail su uno dei server a cura delle comunità che si occupano di
rispetto della privacy e difesa delle libertà digitali.
Autistici/Inventati è una di queste (ma c’e’ anche ecn, indivia,
riseup, etc).
– Quando avrete ricevuto l’account potete andare alla pagina: http://noblogs.org/summary.php dove potrete trovare la voce “Registrati” a partire dalla quale potete iniziare le operazioni di attivazione del vostro blog.
– La pagina admin del blog è molto facile da gestire e vi troverete
immediatamente uno spazio in cui inserire il file di testo. Scrivete,
salvate e pubblicate. Il vostro articolo apparirà nella homepage del
vostro blog.
– Altri approfondimenti saranno diffusi in un how to semplificato con
tempi spero non biblici. Intanto sappiate che esiste un forum di auto
aiuto in cui potete trovare anche una sezione dedicata ai blog.
Sul fare blog ho effettivamente cominciato a riflettere grazie al FemCamp (raduno di blogger e individu@ interessat@ al mondo delle tecnologie al femminile organizzato dalle donne dell’Associazione Orlando che hanno sviluppato il progetto Technèdonne).
Delle regole imposte del fare blog io contesto alcune
cose precise. Chiunque vi dirà di puntare sulla brevità del testo
perché secondo l’audience registrata da altri famosi blogger pare che
molti facciano fatica a leggere oltre la prima schermata. Seguendo
questi parametri quindi l’indicazione, che io mi rifiuto di seguire, è
quella di andare sempre più verso una comunicazione/spot simile agli assertivi
proclami-annuncio dal balcone di mussolini e piegati alla volontà di un
“pubblico” che ha fretta di leggere comunicazioni interessanti, piene
di verve, sagaci e anche piene di senso dell’umorismo ridotte in
pillole, in aforismi essenziali e asciutti che non tengono conto della
necessità di condivisione della elaborazione e delle informazioni che
ciascuno di noi può mettere in comune.
L’altra regola che contesto è quella che vorrebbe una scrittura
impersonale o una classificazione dei blog, valutati secondo una
differenza tra quelli gestiti da uomini e quelli gestiti da donne,
sulla base della capacità di tenere separato il personale dal politico
o il politico dal personale.
Molti pensano che i blog di donne sono diaristici e non interessanti
dal punto di vista pubblico. Quelli degli uomini sembrerebbero invece
generici, universalizzanti, mancanti del soggetto “io”. Usano cioè una
comunicazione con presunzione di universalità delle proprie opinioni
che raramente vengono definite in quanto tali. C’e’ poi in questo anche
una precisa constatazione di quello che è viene considerato “politico”
e “interessante” e quello che no. Parlare di cuffaro, per farvi un
esempio, sarebbe politicamente interessante. Parlare della prima
poppata di vostra figlia invece no.
Elenco altri meccanismi che non preferisco del mondo dei blog:
– il concetto di indicizzazione in algoritmi che ti permette di stare
tra i primi o gli ultimi posti della classifica dei blog: ovvero lo
scambio dei link.
– Non mi piace la corsa alla classifica delle blogstar, la perdita di
vista del motivo che ti ha spinto ad aprire un blog, l’adattamento alle
preferenze del “pubblico".
– l’uso di traccianti di vario tipo a scopo di
statistica (clustrmaps o shinystat)
Inizio da quest’ultimo. Un tracciante a scopo di statistica è quello
che spesso viene usato per vedere quante persone vanno a guardare un
blog. Tutto ciò è possibile perchè il tracciante registra gli ingressi
dei visitatori e delle visitatrici, ne identifica l’ip e dunque
l’identità e la provenienza. Ecco dunque, semmai ve ne fosse bisogno,
un’altra "spia" che viola la nostra privacy e che analizza e utilizza i
nostri dati ancora una volta per venderli a qualche azienda che fa
indagini di mercato.
Ogni volta che noi entriamo a vedere un sito i traccianti stabiliscono
i nostri gusti, le nostre preferenze ed è in base a quelle che viene
lanciato, pubblicizzato un prodotto sul mercato. Proprio sulla base di
quanti potenziali compratori potrà avere. E’ dunque questo un modo per
essere nostro malgrado forza lavoro senza neppure una retribuzione. E’
questo un modo per legittimare le regole del "mercato" senza esserne
effettivamente neppure consapevoli.
Inoltre: In rete esistono alcuni aggregatori di blog che ne indicizzano il
gradimento. Se un sito viene linkato molte volte allora sale in
classifica. Sulla base di questo meccanismo la comunicazione di molti
blog pare essere diventata puramente finalizzata al raggiungimento o al
mantenimento delle prime posizioni in classifica. Pare indispensabile
trattare di una "attualità" imposta da altri, in special modo dai media
ufficiali. Si perde così la caratteristica fondamentale del blog:
quella di poter essere una voce personale o collettiva originale,
alternativa, differente.
La pluralità di contenuti si strozza in una crescente omologazione che
impedisce che si realizzi una vera controinformazione o comunque che si
realizzi una intromissione effettiva nel basso panorama culturale
esistente perchè esso sia suscettibile di un cambiamento.
Far conoscere il pensiero femminista significa casomai rielaborare i
contenuti che vengono propinati nei media ufficiali e ripassarli sotto
la lente della analisi critica che ne svela contraddizioni, incoerenze,
omissioni, prevaricazioni, bugie.
Far conoscere il pensiero femminista significa raccontarlo in tutte le
sue forme. Perchè se non siamo noi a raccontarlo altri lo faranno per
noi e certamente diranno cose che ci somigliano molto poco.
Buona narrazione dunque e – come sempre – vi invito a commentare per
arricchire, segnalare inesattezze, criticare questo vademecum della
femminista teknologica.
Nota: il vademecum è stato presentato al Flat: femministe e lesbiche ai tavoli, più precisamente al tavolo su comunicazione, linguaggi e informazione del 23/24 febbraio.
—>>>La foto viene da RiotClitShave