Tratto da “OLTRE L’ABORTO” a cura di Cristina Damiani- Marina Graziosi- Valeria Moretti- Marina Pivetta- Nucci Re- Rosetta Stella- Alessandro Zito ed-aprile 1981
Autogestione della sessualità autodeterminazione nella maternità
In questo particolare momento politico in cui a vari livelli si torna a parlare del problema aborto senza tener conto delle esigenze espresse in questi ultimi anni dal movimento delle donne, riteniamo indispensabile aprire il discorso sulla contraccezione. Si ritiene infatti da più parti che una larga diffusione dei contraccettivi possa risolvere automaticamente la piaga dell’aborto, non prendendo in considerazione la complessità del problema.
Con fiducia e speranza ci siamo avvicinate agli anticoncezionali che dagli anni ’60 si sono diffusi. Essi sembravano promettere una contraccezione facile, sicura ed efficace. Lo slogan delle manifestazioni degli anni ’76-’77, “Contraccezione per non abortire, aborto libero per non morire”, è diventato meno schematico e si è arricchito di una maggiore coscienza critica sulle implicazioni della contraccezione nei confronti della nostra maternità, sessualità e salute, rilevando come anche in questo campo le speranze di liberazione si siano rivelate illusorie. Siamo noi donne a vivere in prima persona le contraddizioni legate all’uso dei contraccettivi mentre medici e case farmaceutiche ne mantengono il controllo: i vari prodotti tengono maggior conto dei profitti e dei bisogni sessuali degli uomini che non della salute e della sessualità femminili.
Nelle società industrializzate, la pubblicità, i mezzi di comunicazione di massa, la moda, tendono a dare un’immagine di donna emancipata che lavora, studia, ha rapporti sessuali anche con più uomini. Inconsapevolmente le donne si trovano a vivere una contraddizione tra questo modello sessuale e i loro reali desideri. Inoltre questa figura femminile falsamente liberata è funzionale ad una politica di controllo demografico sempre più esteso che nega alla donna il diritto di scegliere la maternità, respingendola ancora una volta vero il suo millenario ruolo di riproduttrice passiva. I contraccettivi che meglio rispondono a questa situazione sono la pillola e la spirale.
In questo senso infatti si dirige essenzialmente la ricerca scientifica.
Le iniziative in questo campo partono quasi sempre dalle multinazionali farmaceutiche che sperimentano nei propri laboratori e tendono quindi ad influenzare le opinioni degli organismi pubblici preposti al controllo. Inoltre sono le stesse industrie a gestire la pubblicità dei nuovi prodotti, indirizzando l’opinione delle consumatrici in base ad interessi economici nascosti dietro a presunti criteri di sicurezza e innocuità. Potremmo richiamare al riguardo la vicenda clamorosa degli ovuli Patentex che largamente pubblicizzati, furono ritirati dal mercato dopo che si verificarono numerose gravidanze. C’è da chiedersi se in realtà la vera sperimentazione non sia a carico delle donne, una volta che i prodotti siano stati immessi sul mercato. Un altro esempio viene dato dalla pillola, i cui eventuali effetti collaterali potranno apparire a distanza di decenni e sulle nuove generazioni.
E’ illusorio quindi pensare che l’aborto possa essere sconfitto attraverso una sempre maggiore diffusione degli attuali contraccettivi se le donne contuinuano ad essere espropriate dai loro corpi e dai loro bisogni.
Gruppo femminista per la salute della donna –Roma