Il tavolo 6 è partito da una relazione introduttiva di Luna e le altre che si interrogava sul nascente movimento femminista nel quale le lesbiche compaiono accanto alle femministe secondo un meccanismo di nominazione reciproca.
Abbiamo rilevato – e ci sembra importante sottolinearlo – che il tavolo ha visto l’importante partecipazione di alcune compagne femministe non lesbiche ma in gran maggioranza era composto da lesbiche.
Il tavolo 6 si è interrogato quindi su come rafforzare l’intreccio tra femministe e lesbiche e quali pratiche comuni mettere in atto.
Siamo partite nella riflessione dalla provocatoria dichiarazione di Monique Wittig: “Le lesbiche non sono donne. Non è più donna chi non è in relazione di dipendenza da un uomo”.
Da qui l’autonominazione come lesbiche piuttosto che come donne. Ma a questo va aggiunto che molte compagne eterosessuali hanno contestato l’uso della parole donne per nominarsi e hanno assunto l’autodefinizione di femministe che è una scelta politica mentre il termine donna è tutto interno al sistema e rivendicarlo diventa difficile.
Nel porre la discussione su quali pratiche scegliere, abbiamo analizzato il pericolo che può correre il movimento lesbico di cadere in pratiche identitarie – contro le quali è fondamentale un’alleanza con le femministe – o nella costruzione di una mitologia della scelta lesbica secondo la quale la scelta lesbica sarebbe la posizione radicale per eccellenza. Invece noi vogliamo un’alleanza tra femministe e lesbiche che non preveda né tolleranza né mitologie.
Il percorso del 24 novembre ha collettivizzato il rifiuto del vittimismo: abbiamo scelto insieme di ribaltare il vittimismo e di parlare della nostra forza, delle nostre energie da liberare.
Parlando di percorsi politici, il punto comune su cui ci siamo subito ritrovate è la critica alla famiglia e la lotta contro il familismo in quanto la famiglia è alla base del patriarcato e il luogo dove comincia e viene commesso il maggior numero di violenze sulle donne. Abbiamo visto come oggi la critica alla famiglia e al paradigma familista è divenuto ancora più necessaria perché la precarietà economica, imposta dal sistema neoliberista, ci risospinge tutte là dentro a causa della mancanza di garanzie sociali. La precarizzazione ci risospinge nella famiglia e nella scelta della vita in coppia sia per motivi di sopravvivenza economica sia per la sottrazione di tempi dell’esistenza che sono il tempo della socializzazione, quindi delle relazioni tra femministe e lesbiche.
Abbiamo anche analizzato come in questi anni anche il movimento LGBT ha contribuito a rinforzare la retorica della famiglia così come parallelamente le politiche delle pari opportunità, assunte da gran parte del movimento delle donne, hanno minato la radicalità del discorso femminista.
Il fulcro della nostra analisi è stato la forte connessione non solo tra patriarcato e famiglia ma anche tra famiglia e eterosessualità obbligatoria, un sistema che preferiamo definire eterosessista oltre che patriarcale per la necessità di sottolineare che alla base dell’oppressione delle donne c’è la centralità sociale ed economica del contratto eterosessuale, infatti l’eterosessualità viene costruita e presentata come opzione primaria, giusta, unica e naturale. Dal sesso è stato per questo bandito tutto ciò che esce dall’imperativo dell’eterosessualità. Questo è ciò che chiamiamo eterosessualità indotta o obbligatoria o meglio regime dell’eterosessualità. Alcune di noi in questo discorso hanno sottolineato tra le alternative all’eterosistema la fluidità delle scelte sessuali.
Detto tutto ciò, abbiamo convenuto sul fatto che una lotta autentica contro il familismo significa lottare contro l’eterosistema. Per questo chiediamo a tutte un’assunzione collettiva di responsabilità rispetto alla produzione culturale anche nella direzione di esplicitare l’esistenza di altre forme di desiderio e sessualità fuori dalla norma eterosessuale, nella prospettiva di un’educazione non solo non sessista ma non eterosessista e in questo ci rivolgiamo esplicitamente alle compagne del tavolo 5 e nella prospettiva dell’assunzione della pratica dell’autoproduzione culturale. Più in generale chiediamo un’assunzione dello specifico punto di vista lesbico e delle istanze delle lesbiche da parte delle femministe.
Un punto strettamente legato alla lotta contro il familismo e l’eterosessismo è risultato essere la critica alla maternità obbligatoria e l’attenzione al rischio del controllo sui corpi delle donne e delle lesbiche attraverso le biotecnologie. Riteniamo che la critica alla maternità obbligatoria sia il terreno per rispondere, senza farci ricacciare in lotte di retroguardia, alla legge 40 e agli attacchi all’autodeterminazione delle donne condotti attraverso la rimessa in discussione della legge 194. Parallelamente è stato sottolineato come forme di lotta individuale contro il familismo eterossessista siano anche le diverse forme di genitorialità ricercate da alcune.
Nella discussione sulla famiglia abbiamo anche analizzato criticamente la centralità che spesso ha la coppia nelle nostre esistenza lesbiche, convenendo anche però di non voler riproporre un nuovo dualismo tra coppia e comunità, tra vita basata sulla coppia e invece vita basata sulla comunità, sottolineando come, crescendo in una società oppressiva, sviluppiamo bisogni profondi a cui possono dare risposte sia la coppia che la comunità e quindi il discorso rimane aperto, senza lasciarci intimorire dalle contraddizioni che portiamo avanti nelle nostre esistenze.
Abbiamo cercato di individuare forme di resistenza collettiva, nella prospettiva di passare dalla resistenza alla liberazione, che rafforzino le esistenze individuali, evidenziando l’importanza di cercare percorsi politici che rendano più forti i percorsi personali. Alcune compagne non lesbiche hanno esplicitato come le femministe che lottano contro la famiglia e che nei loro percorsi personali si pongono come soggetti eccentrici si trovano nella stessa situazione delle lesbiche sia nel rapporto di oppressione, pregno di contraddizioni, con la famiglia d’origine sia nella necessità e nel desiderio di relazioni di cura, solidarietà e piacere da istaurare tra femministe e lesbiche.
Scegliamo quindi di sviluppare e porre al centro la pratica di relazioni privilegiate tra femministe e lesbiche, pratiche che sono di resistenza e di sopravvivenza, sottolineando la necessità di costruire comunità di differenti, usando le parole di Lorde, e di creare spazi femministi e lesbici. La base di resistenza e alleanza potrebbe passare attraverso la condivisione di uno dei vissuti più intrinsecamente rivoluzionari del lesbismo: cioè la riappropriazione del “tuo” corpo attraverso il corpo dell’”altra”. Rispetto agli spazi è stata ricordata la difficoltà non solo di creare spazi femministi e lesbici ma anche di mantenere aperti quelli esistenti, spesso vessati dalle difficoltà economiche. In questo discorso è stata denunciata in specifico la difficoltà di mantenere aperti gli spazi separatisti femministi e lesbici, per cui chiediamo a tutte un riconoscimento e quindi un sostegno alla pratica separatista anche da parte delle femministe e lesbiche che non assumono questa pratica.
Un ultimo punto fondamentale emerso dalla discussione è stato evidenziare come la cultura dello stupro sia uno strumento di controllo dell’eteropatriarcato, una forma di appropriazione del corpo, il corpo di ciascuna di noi che è campo di battaglia, ma nello specifico è una forma di appropriazione del corpo delle donne e di riappropriazione del corpo lesbico: vogliamo porre all’attenzione che spesso le lesbiche vengono stuprate in quanto tali tanto che spesso gli stupri di lesbiche vengono perpetrati vicino a luoghi di socialità lesbica o in conseguenza della visibilità politica delle lesbiche.
Infine il tavolo 6 chiede all’assemblea una presa di posizione pubblica che dica un forte e chiaro NO alla strumentalizzazione a fini elettorali dell’8 marzo di CGIL CISL UIL, ricordando anche la diretta responsabilità della CISL di Pezzotta nella costruzione del family day.