INDECOROSE e LIBERE (da CARTA)

di Anita Sonego, gruppo Soggettività Lesbica,  presidente Libera Università delle Donne, Milano                 

Le femministe e le lesbiche scendono di nuovo in piazza in occasione della giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Non è un rituale. Il 25 novembre è diventata una data-simbolo e il 22, come lo scorso anno il 24, il movimento delle donne torna a manifestare.
Manifesta la propria indignazione contro il femminicidio, la violenza di un genere sull’altro ed il perpetuarsi di un dominio che, proprio perché sempre meno egemone, deve essere mantenuto con la forza ed il sopruso.
Accanto alla denuncia il «nuovo» movimento – che tiene assieme [con un cambiamento epocale in rapporto al femminismo «storico»] femministe e lesbiche – svela in modo limpido che il dominio maschile è un fatto storico e culturale arbitrario e, proprio per questo, si impone con la violenza.
Pierre Bourdieu, in un libro fondamentale – «Il dominio maschile» – scriveva: «Il principio della perpetuazione di questo rapporto di dominio non si colloca principalmente in uno dei luoghi più visibili del suo esercizio, cioè in seno all’unità domestica ma in istanze come la scuola e lo stato, luoghi di elaborazione e di imposizione di principi di dominio che si esercitano anche in seno all’universo più privato».

 

Questa consapevolezza ha portato i collettivi femministi e lesbici a collegare la violenza privata che si esercita in famiglia e nei rapporti d’amore a quella statale esemplificata dalle nuove normative repressive contro le prostitute, contro gli/le extracomunitari/e ed ogni forma di vita non omologata ai principi patriarcali e di eterosessualità obbligatoria. Ma anche alla «riforma» della scuola, che da strumento di «emancipazione» si vuol far tornare  momento meritocratico ed esperienza formativa dipendente dal censo, che diventa uno dei temi di collegamento del Sommovimento femminista e lesbico con l’Onda che si è alzata in tutto il paese un quest’ultimo mese.
Se le femministe avevano scoperto che la «mistica della femminilità» è una delle gabbie create dall’uomo per imporre alla donna le proprie fantasie e bisogni, le nuove femministe che lottano assieme alle lesbiche rivendicano la propria libertà di «soggetti eccentrici» e questa libertà la rivendicano per tutte/i coloro che stanno ai margini di una società che ha come centro il maschio bianco, colto, sano, europeo, eterosessuale.
«Indecorose e libere» – la «parola d’ordine» della manifestazione – contro il perbenismo ipocrita di un ordine sociale che, richiamandosi ai valori religiosi che pretendono di imporsi sulle coscienze, «nega l’autogoverno laico delle vite e avvolge tutte in una rete intessuta di nodi autoritari» [M.Grazia Campari].
La crisi economica avrà  ripercussioni enormi sulla vita delle donne che verranno sollecitate a sopperire ai tagli dei servizi alla salute e alla persona più in generale.
Le femministe e le lesbiche sono consapevoli che alla base della nascita della polis c’è la cancellazione della donna e che la politica ha alle sue radici tale rimozione. Anche da qui nasce molto di quel distacco dalla politica che tanti vanno deprecando. Non solo i partiti sono strutture rigidamente patriarcali costruite ad imitazione delle famiglie di un tempo ma anche i movimenti – in particolare il movimento dei movimenti – hanno visto riemergere, poco dopo la loro nascita, lotte intestine tutte interne alle leadership maschili e più o mento violente emarginazioni delle figure femminili. I movimenti e le organizzazioni di sinistra non garantiscono una maggior consapevolezza del conflitto tra i sessi  che, nel migliore dei casi, si riduce ad una citazione in qualche discorso o convegno.
La strada è difficile ma la nuova consapevolezza presente in tante giovani donne che rivendicano con determinazione libertà ed indipendenza fa sperare che il percorso di autocoscienza e di liberazione iniziato  quasi quarant’anni fa stia riprendendo spazio e sia capace di leggere ed individuare tutte le facce del dominio maschile per riuscire a superarlo liberando, così, sia le donne che gli uomini dalle catene dei ruoli sessuali.

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