Corteo di donne autorganizzato
ROMA, 22 NOVEMBRE 2008 vai al MANIFESTO
P.zza della Repubblica, ore 14.00
INDECOROSE E LIBERE!
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La violenza maschile è la prima causa di morte e di invalidità permanente delle donne in Italia come nel resto del mondo. La violenza fa parte delle nostre vite quotidiane e si esprime attraverso la negazione dei nostri diritti, la violazione dei nostri corpi, il silenzio.
Un anno fa siamo scese in piazza in 150.000 donne, femministe e lesbiche per dire NO alla VIOLENZA MASCHILE e ai tentativi di strumentalizzare la violenza sulle donne, da parte di governi e partiti, per legittimare politiche securitarie e repressive e torneremo in piazza anche quest’anno perché i governi cambiano ma le politiche restano uguali e, al giorno d’oggi, peggiorano.
In un anno gli attacchi alla nostra libertà e autodeterminazione sono aumentati esponenzialmente, mettendo in luce la deriva autoritaria,sessista, e razzista del nostro paese. Ricordiamo il blitz della polizia al policlinico di Napoli per il presunto aborto illegale, le aggressioni contro lesbiche, omosessuali e trans,contro immigrate/i e cittadine/i di seconda generazione. Violenza legittimata e incoraggiata da governi e sindaci-sceriffi che vogliono imporre modelli di comportamento normalizzati in nome del “decoro” e della “dignità” impedendoci di scegliere liberamente come condurre le nostre vite.
La violenza maschile ha molte facce, e una di queste è quella istituzionale: vorrebbero risolvere la crisi economica e culturale che stiamo vivendo smantellando lo stato sociale. Per salvare le banche, rifinanziare le missioni militari all’estero e militarizzare le nostre città tagliano i fondi ai centri antiviolenza, ai consultori e a tutti i servizi che garantiscono alle donne libertà, salute e indipendenza.
Con la legge 133 tagliano i fondi alla scuola e all’università pubblica per consegnare l’istruzione nelle mani dei privati determinando la fine del diritto ad una istruzione gratuita e libera per tutte/i.
Con il decreto Gelmini, migliaia di insegnanti, maestre precarie, perdono il posto di lavoro, e viene meno un sistema educativo – il tempo pieno – che sostiene le donne, consentendo loro una maggiore libertà di movimento e autonomia.
L’obiettivo delle riforme del lavoro, della sanità, della scuola e dell’università è di renderci sempre più precarie e meno garantite:mogli e madri “rispettabili” rinchiuse nelle case, economicamente dipendenti da un uomo, che lavorano gratuitamente per badare ad anziani e bambini.
Non pagheremo noi la vostra crisi!
Vogliamo reagire alla violenza fisica, psicologica, economica, normativa, sociale e religiosa agita verso di noi, in famiglia e fuori, "solo" perché siamo donne.Vogliamo dire basta al femminicidio.
SABATO 22 NOVEMBRE
SAREMO DI NUOVO IN PIAZZA COME FEMMINISTE E LESBICHE
PER RIBADIRE
con la stessa forza, radicalità e autonomia che la VIOLENZA MASCHILE non ha classe né confini, NASCE IN FAMIGLIA, all’interno delle mura domestiche, e NON È UN PROBLEMA DI ORDINE PUBBLICO MA E’ UN PROBLEMA DI ORDINE CULTURALE E POLITICO!
E AFFERMARE CHE
al disegno di legge Carfagna, che criminalizza le prostitute e impone regole di condotta per tutte, che ci vuole dividere in buone e cattive, in sante e puttane, in vittime e colpevoli, noi rispondiamo che SIAMO TUTTE INDECOROSAMENTE LIBERE!
al decreto Gelmini che ci confeziona una scuola autoritaria e razzista, noi rispondiamo che VOGLIAMO TUTTE 5 IN CONDOTTA!
ai pacchetti sicurezza e alle norme xenofobe che ci vogliono distinguere in cittadine/i con e senza diritti, rispondiamo che SIAMO TUTTE CITTADINE DEL MONDO E ANDIAMO DOVE CI PARE!
per adesioni: sommosse_roma@inventati.org
la partecipazione maschile alla manifestazione non è prevista?
mi rendo conto che possa sembrare una domanda..bè, alquanto cretina, (avanzo l’attenuante della tenera età) ma dopo aver letto i vari manifesti e comunicati, preso atto della forma di orgogliosa rivendicazione del proprio status di donne, lesbiche, cittadine, femministe (…) non vorrei che una partecipazione (più o Meno numerosa) maschile suonasse come estranea a un movimento che vuol essere di genere e palesato solo da chi è vittima diretta del degrado culturale di questo e altri paesi.
Non sono un cittadino ‘impegnato’, e per esperienza personale, la violenza sulle donne è l’unica piaga sociale che mi scuota emotivamente, che mi veda davvero partecipe, e avrei partecipato volentieri. Faccio in ogni caso i migliori auguri a tutte, per la salute del movimento e per il raggiungimento quanto meno di una buona scossa all’arretratezza spaventosa del paese.
Collettivo femminista Colpo di Streghe di Mantova aderisce all’appello ed alla manifestazione del 22 novembre 2008 c
Care compagne scusate se ri-uso lo spazio per i commenti .ma non immaginavo che l’indirizzo e-mail non apparisse…Allora ,sopratuttutto per le Connettive e Genziana, che ringrazio per l’interesse, l’indirizzo a cui potete chiedermi l’articolo ò : ipazia27@virgilio.it Grazie per l’attenzione Claudia
Ci spedisci l’articolo di Ida Magli di cui parli?
Care compagne,
concordo con Nic di Milano i rituali non mi piacciono….Non sono nè indecorosa nè tantomeno libera e francamente mi chiedo se ,dopo un anno,l’unica cosada proporre è di ri-sfilare in piazza ,forse l’azione politica non sia tutta da rivedere…
Riguardo l’appello lo considero un vero disastro….Non parlo della prostituzione perchè sono pienamente in sintonia con le connettive, parlo invece di un altro punto che ormai è talmente introiettato da apparire “ovvio” : il tempo pieno e la libertà delle donne. Ma compagne non vi sfiora neanche l’idea che ai figli NON devono pensare solo le donne?????? Nel 77 era un motivo di battaglia, adesso stiamo rivendicando di essere schiave del ruolo impostoci?????? Per darvi un’idea di quanto stiamo tornando indietro vi consiglio un articolo di Ida Magli sul nuovo diritto di famiglia in n” Alla scoperta di noi selvaggi” 1976…..Chiunque volesse leggerlo me lo chieda Claudia
Care compagne, non sarò alla manifestazione di Roma. E non perché mi sottraggo, dato che già a Bologna come altre avevo espresso i miei dubbi su una replica del corteo dello scorso anno. Non credo in manifestazioni che diventano rituali. In un anno poco è stato condiviso ed elaborato, e la due giorni bolognese ne era un sintomo evidente, con un’evidente caduta di toni e di slancio politico rispetto agli incontri precedenti.
Non è corretto criticare una piattaforma che non si è contribuito a stendere, ma voglio solo esprimere un dubbio: la rispettabilità di cui si parla nella piattaforma non l’abbiamo pure già ritrovata all’interno del nostro percorso? Non ci sono stati sintomi evidenti di perbenismo già nei mesi passati?
Al di là del fatto che non mi sento né decorosa, né decorativa, come il patriarcato oggi come ieri mi/ci vorrebbe, ho grosse difficoltà a scendere in piazza in pieno delirio securitario, razzista e repressivo per dirmi ‘libera e indecorosa’. Avrei voluto dire qualcosa di più; anzi, molto di più. Abbiamo l’esercito nelle città, e lo spacciano anche per la nostra sicurezza. Che cosa abbiamo fatto in questi mesi contro la militarizzazione dei territori? Eppure le donne – non solo a Kabul – sanno bene quanto la presenza dei militari aumenti per noi l’insicurezza.
L’altro giorno ho attraversato dopo mesi piazza del duomo a Milano, per andare a ritirare l’esito del pap test in un consultorio. Son dovuta passare tra decine di militari e forze dell’ordine varie, tutti stra-armati. C’era perfino un tornado esposto per celebrare il 4 novembre e un simil-carro armato messo lì di guardia. Non sembrava Milano, ma Beirut.
Non si può andare a ritirare l’esito di un’analisi passando tra mitra spianati e carri blindati! Anche questa è violenza maschile (e dello stato!) contro le donne, perché ci vogliono ridurre a ‘povere deboli protette/salvate dall’eroico soldato’ per imporci questa militarizzazione e farcela accettare e io non ci sto!
Non metto in dubbio che diversi gruppi e collettivi facciano un lavoro più che buono nei propri territori, ma se non siamo in grado di condividere e potenziare tutte queste diverse esperienze per rispondere davvero, quotidianamente, al moltiplicarsi e complessificarsi degli attacchi contro di noi, a che serve un corteo? Cosa portiamo in piazza rispetto allo scorso anno?
Il fatto di essere ‘indecorose e libere’ solo perché una valletta di regime, la Carfagna, se la prende con le prostitute?
Ma lei è, appunto, una valletta di regime, messa lì per dire a tutte noi qual è la strada giusta: oca=carriera. Ma il patriarcato e le donne sue complici (in primis le madri) hanno sempre preteso di dirci quale fosse la strada giusta, e cosa ci desse valore e cosa no.
Il DdL Carfagna non è semplicemente ‘contro la prostituzione’, ma traccia una linea precisa di classe e di razza col pretesto di essere contro la prostituzione.
Secondo voi avrebbero mai potuto fare ministra dei pari opportunismi una prostituta di strada (italiana, albanese o nigeriana; donna o trans poco conta)?
La ministra è lì a dirci non quanto debbano essere lunghe le nostre gonne, ma quando, perché e soprattutto PER CHI è giusto scosciarsi e quando invece è sconveniente. Quando si viene promosse e quando si rischia la galera, pur indossando la stessa gonna.
Questo è l’attacco alla nostra autodeterminazione: lo stato che decide quando, perché, come e CON CHI è giusto e auspicabile prostituirsi e quando no. Allo stesso modo in cui dice che le/i rom non possono rovistare nei cassonetti per riciclare gli sprechi della nostra mentalità consumista e poi Maroni propone di ‘integrare’ i rom facendo raccogliere loro i rifiuti tossico-nocivi in Campania.
Non c’è nulla di diverso.
Ma li vediamo i giornali intrisi di moralismo sulla prostituzione mentre, allo stesso tempo, come ad ogni fine d’anno, trasudano di calendari-culi-tette nelle versioni on line?
Questa è l’Italia di oggi, più becera e ipocrita che mai. Schifosamente partiarcale.
Ci vuole puttane, ma solo se di regime; ci vuole lavoratrici, ma solo le ci lasciamo sfruttare più degli uomini; ci vuole mogli e madri, ma guai se poi non difendiamo ‘il nome del padre’.
Ad una ad una riappaiono (ma erano mai davvero scomparse?) vecchie volpi golpiste e repubblichine e le televisioni le sdoganano fra le solite sciarade di sculettanti fanciulle dell’italico intrattenimento spermatico, mentre scopriamo – per altro senza sorpresa – che alla Diaz nel 2001 la mattanza avvenuta ‘non sussiste’.
‘Un culo-un pezzo, un culo-un pezzo’: la logica rimane quella, la stessa magistralmente rappresentata da Volontè nella storica scena de ‘La classe operaia va in paradiso’.
Care compagne, io non mi sento ‘indecorosa e libera’ ma incazzata più che mai. Per questo non sarò a Roma.
Ciò non toglie che spero di incontrarmi presto con molte di voi – soprattutto con quelle con cui si è già condivisa in anni passati una critica femminista dell’esistente, libera da ogni perbenismo e davvero autonoma da partiti, partitini e partitucoli e da tutto il loro portato di ‘rispettabilità’.
ciao, Nic
Mi sembra corretto e doveroso nei confronti dell’Assemblea Romana, anche per evitare che si dia adito a fraintendimenti, riscrivere questo messaggio di Genziana del 4 novembre, che è casualmente scomparso dal blog:
“Errata corrige: ho scritto 24 al posto del 25 novembre.
ho partecipato ad una sola riunione e quindi non sento di poter dare un giudizio al contenuto complessivo dell’appello che è frutto di un lavoro a cui molte si sono dedicate.
ribadisco, in questa sede, solo un concetto che ho espresso – non inserire la parola “DONNE” in “SAREMO DI NUOVO IN PIAZZA COME FEMMINISTE E LESBICHE” mi sembra riduttivo.
La violenza è violenza e colpisce forse di più le donne che non fanno parte di alcun gruppo perchè non essendo “politicizzate” sono sole e più fragili, spero avremo modo di parlarne in seguito.
cmq ho diramato attraverso le mie reti l’appello e sarò presente alla manifestazione.
a tutte quelle che si adoperano affinchè il problema della violenza emerga un GRAZIE.
Fa dispiacere, rilevare comportamenti intolleranti nei confronti di coloro che esprimono opinioni non conformi ai contenuti del volantino di convocazione della oramai imminente manifestazione del 22 novembre. Alcune donne dell’assemblea romana non hanno ancora interiorizzato il concetto, basilare e sempre utile, di democrazia e credono che far parte di un gruppo, più o meno esteso, le esoneri dal portare rispetto e dall’impegno di ascolto autentico delle idee altrui soprattutto quando esse risultano essere adeguatamente giustificate.Si critica genericamente il provvedimento della ministra alle P.O. e si ha il coraggio di dichiarare in tutta tranquillità che l’ assemblea non ha ancora dibattuto sul tema della prostituzione, certamente centrale per chi si dichiara femminista.Non c’è che dire nemmeno alle scuole elementari si possono dire solo dei “no”, occorre necessariamente proporre qualcosa di seriamente alternativo e non è sufficiente definirsi”indecorose e libere”(termini che si prestano, tra l’altro,a molteplici interpretazioni, non sempre nobilissime)per cavarsela.Un caro ringraziamento e apprezzamento a Genziana per i suoi intervanti gravidi di riflessioni profonde e soprattutto di ragionevoli dubbi.
cara “inviato da bologna”
sei la prima a non saper ascoltare.
Stai tranquilla Genziana ce la teniamo NOI.
e’ molto interessante seguire i suoi suggerimenti, al contrario
dei tuoi che nascondi dietro l’anonimato. ti vergogni forse?
Gentili compagne,
a me non sembra il momento storico per la rivendicazione della facoltà di “venderla” per mestiere.
Le nostre figlie, vittime della televisione, sono fin troppo disposte a venderla per un book fotografico e i loro coetanei maschi, di già tornati al maschilismo più becero, cercano “zoccole su my space”.
La prostituzione e con essa la pornografia ha partorito soltanto mostri, alimentato i tristi sudari delle mafie e la clientela di oggi cerca prostitute sempre più giovani, fino a sconfinare nella pedofilia.
Attenzione: del decoro si è persa addirittura la consapevolezza.
Perché mai legare alle parole un evento tanto importante?
Concordo in pieno con Genziana. Anche io faccio fatica a ritrovarmi nel comunicato dell’assemblea romana.
Bologna riflette in pieno il mio percorso politico e le mie priorità. Forse sarò poco democratica ma credo che scendere troppo a compromessi rischia di creare un’ accozzaglia di pensieri che si discostano dalle basi di partenza.
Chiedo gentilmente alle compagne di assumersi la responsabilità di quello che si scrive e di firmarsi con il proprio nome. Questo è un luogo dove confrontarsi e dire la propria e non credo sia giusto usarlo in altri modi.
Valentina
Concordo in pieno con Genziana. Anche io faccio fatica a ritrovarmi nel comunicato dell’assemblea romana.
Bologna riflette in pieno il mio percorso politico e le mie priorità. Forse sarò poco democratica ma credo che scendere troppo a compromessi rischia di creare un’ accozzaglia di pensieri che si discostano dalle basi di partenza.
Chiedo gentilmente alle compagne di assumersi la responsabilità di quello che si scrive e di firmarsi con il proprio nome. Questo è un luogo dove confrontarsi e dire la propria e non credo sia giusto usarlo in altri modi.
Valentina
Che bello Genziana si trasferisce a Bologna! Con tutti i suoi giudizi! Le sue belle parole! La sua intellettualità profonda! Le sue dotte citazioni! La sua capacità di analisi, di costruire reti e soprattutto di ascoltare.
Che bello!
A mente fredda. Io ci sarò alla manifestazione del 22, e non avrò il coltello tra i denti, come non lo avevo ieri.
Malgrado tutte le riserve, mi sta più a cuore la non frammentazione di un movimento femminista ancora fragile, che il resto. Probabilmente sarò più vicina al territorio di Bologna di cui solo adesso ho letto l’intervento.
Nonostante gli sforzi non riesco a far procedere energia e passione sotto le insegne di “indecorose e libere”.
Mi si dice che è frutto del lavoro della maggioranza democratica, ma quello che ho visto io, e non solo ieri, sono modalità di un politically correct di parvenza democratica che ingoia le idee, e le stritola.
Mi fa venire in mente una cosa che avevo letto tempo fa.
“[…]Tutto è stato previsto: dove non si vede il potere non c’è ingiustizia. Tutto ciò che è stato accantonato nella città è stato pesato, inventariato, messo sotto regime. Si fortificano le une e si indeboliscono le altre. E’ il metodo più semplice che ci sia. E’ per questo che molto spesso si vedono delle giganti accasciarsi alla prima spinta: le si affama. Io ho assistito a un dibattito. La questione era di sapere se bisognava cavare gli occhi o in certi casi accecare, coloro la cui vista è eccellente per proteggere coloro che hanno la vista bassa. Io ho preso le mie gambe in spalla senza attendere oltre per paura che improvvisamente qualcuno mi riscontri un’ottima vista.”
Il censo capitale di Monique Wittig
Se in avanti il dibattito sarà più vivace, sarò molto contenta di partecipare e di fare manovalanza oltre che presenza. A queste condizioni proprio non ci riesco.
Coucil of europe-Parlamientary assembly:
punto2: However, violence committed within the family is still considered to be a private matter. Statistics shows that for women between 16 and 44 years of age, domestic violence is thought to be the major cause of death and invalidity, ahead of cancer, road accidents and even war. Therefore, domestic violence should be treated as a political and public problem, and a violation of human rights.
fonte: http://assembly.coe.int/…text/ta02/erec1582.htm#
(Per inciso la pagina di wikipedia “violenza di genere” è stata bloccata a causa di una lunga discussione in merito a questo ed ad altri punti).
Rho.
“La violenza maschile è la prima causa di morte e di invalidità permanente delle donne in Italia come nel resto del mondo.”
FALSO.
L’ultimo dato ISTAT sulle cause di morte è del 2002
In quell’anno morirono in italia 560.390 persone, di cui:
maschi: 279.296
femmine: 281.094
Nella classificazione ISTAT l’omicidio e le lesioni (mortali, evidentemente) provocati INTENZIONALMENTE da altri corrispondono al codice descrittivo BE 77 (“Omicidio e lesioni provocate intenzionalmente da altri”, appunto), a sua volta ricompreso nella classe BE 71-78 (“Cause esterne dei traumatismi e degli avvelenamenti”), così composta:
BE(71-78)E – CAUSE ESTERNE DEI TRAUMATISMI E DEGLI AVVELENAMENTI
BE 71 Accidente stradale da veicolo a motore
BE 72 Altri accidenti da trasporto
BE 73 Avvelenamenti accidentali
BE 74 Cadute accidentali
BE 75 Accidenti causati da incendi e da fuoco
BE 76 Suicidio e autolesione
BE 77 Omicidio e lesioni provocate intenzionalmente da altri
BE 78 Altre cause esterne dei traumatismi e degli avvelenamenti
Per omicidio e lesioni provocate intenzionalmente da altri (BE77) sono morte in Italia, nel 2002, 560 persone, di cui
Maschi: 401
Femmine 159
Le cause di morte sono state, in valori assoluti:
1)Malattie del sistema circolatorio: 131.472
2)Tumori: 69.672
3)Altri stati morbosi: 21.173
4)Malattie dell’apparato respiratorio: 15.324
5)Disturbi psichici e malattie sist. Nervoso org. Sensi: 14.765
6)Malattie dell’apparato digerente: 12.234
7)Cause esterne dei traumatismi e degli avvelenamenti: 10.667 (di cui omicidi 560, ripartiti come più sopra)
8)Sintomi, segni e stati morbosi mal definiti: 3.640
9)Malattie infettive e parassitarie: 2.147
Fonte: http://www.istat.it/dati/dataset/20051107_00/
Care compagne ci siamo viste ieri e abbiamo rivisto insieme la piattaforma stilata con impegno e non poche difficoltà ma nonostante l’appello a non intervenire sentiamo di dover dire alcune cose
Che ci pare possano dare una mano a sistemare e ricentrare alcune questioni
In primo luogo eravamo numerose a Roma il 18 ottobre ’08 e abbiamo memoria che nella piattaforma letta per due volte a conclusione dei lavori fosse stata inserita la questione, portata da noi come contributo e anche da numerose altre compagne, della connessione fra tutte le violenze e il conseguente potere di controllo, che vogliamo chiamare con un nome non privo di forza evocativa: femminicidio.
La parte in questione veniva letta nella sintesi più o meno così:
Vogliamo reagire alla violenza fisica, psicologica, economica, normativa, sociale e religiosa agita continuativamente verso di noi, in famiglia e fuori, “solo” perché siamo donne.
Vogliamo dire basta al femminicidio
Dove è finita? Magari si potrebbe inserire nella parte finale al posto di quella sfilza di richiami alle leggi, del resto della questione Gelmini si è già trattato dentro così come delle norme razziste il ddl Carfagna si potrebbe inerire nella parte di analisi
Infatti in questi richiami finali si corre il rischio di perdere il fuoco sulla questione politica centrale che poniamo.
Sempre nella parte finale, RIBADIAMO, secondo noi vale la pena di allungare la frase…”non è un problema di ordine pubblico né di marginalità privata ma un problema inequivocabilmente politico. Vale la pena di nominare per esteso le cose non comunemente assunte.
Un’altra questione che emergeva è l’evaporare delle lesbiche nel testo messe solo lì davanti a gay e trans nel nominare i pestaggi fascisti….secondo noi avrebbe senso nominarci sin dal titolo della manifestazione Manifestazione nazionale contro la violenza maschile sulle donne e sulle lesbiche se le lesbiche non si nominano almeno quando sono le promotrici delle iniziative ! Non possiamo contare solo su Alda D’Eusanio che ogni tanto salva qualche lesbica segregata!
Qualche dubbio anche in relazione all’utilizzo della frase
“non pagheremo noi la vostra crisi” si tratta di uno slogan degli studenti e pur concordando sul concetto forse non ha senso appropriarcene.
Abbiamo cercato di fare segnalazioni precise che non affatichino ulteriormente le compagne che a Roma lavorano…ma non potevamo proprio farne a meno.
Stiamo lavorando sul territorio per far conoscere i contenuti che danno senso a questa manifestazione e per portare a Roma con noi tante donne e tante lesbiche Vi terremo informate.
Quelle che non ci stanno
Collettivo Clitoristrix femministe e lesbiche
Fuoricampo Lesbian Group
Crediamo che anche le altre compagne con le quali lavoriamo coordinate concordino con noi, ma non avendo ancora discusso insieme la piattaforma non parliamo per loro ne discuteremo comunque mercoledì in assemblea cittadina.
Vorrei tornare un attimo alla questione della prostituzione. L’apello è molto stringato e “zeppo” di contenuti vari, ma sicuramente non “promuove la prostituzione” né – tanto meno – la sua legalizzazione [facciamo attenzione, come dice Rho, a non schiacciare le posizioni. Il dibattito sull’aborto ci ha insegnato che depenalizzazione e legalizzazione sono due cose molto diverse].Questo non toglie, credo, che nel momento in cui alcune donne [biologiche e non] subiscono una violenza istituzionale così marcata [vengono chiuse in casa,deportate, braccate, criminalizzate più di quanto già non siano], vengono stigmatizzate, ulteriormente marginalizzate ed esposte ad ulteriori violenze, noi non possiamo ma DOBBIAMO prendere pubblicamente posizione. Come più d’una ha ricordato anche il matrimonio – per citare il caso più eclatante – è un contratto su prestazioni sessuali e di cura, ma non abbiamo [ovviamente] problemi a denunciare la violenza che si esercita sulle donne che “scelgono” il matrimonio [le house workers?]. perchè non facciamo altrettanto su quella che si esercita sulle donne e le trans che praticano la prostituzione, tanto più se questa è “di stato”? non credo che facendolo, rischiamo di promuovere il matrimonio o la prostituzione [o tanto meno la tratta, che è ancora un altro paio di maniche…anche se c’è da dire che ordinanze e ddl sono nefaste per le vittime di tratta].
credo che sia molto importante per il sommovimento prendere parola sulla violenza contro chi esercita la prostituzione [tanto per lasciare da parte la questione dell’effetto “normalizzante” per tutte del ddl Carfagna e delle ordinanze] soprattutto in un momento nel quale si sta cercando di far passare l’idea che alcune donne [questa volta sì, rigorosamente biologiche!] sono “degne” [di vivere sicure, di vivere e basta..] e altre no.credo che sia importante che questo lo si dica in quanto femministe e lesbiche.poi si può scegliere di supportare le rivendicazioni specifiche delle/dei sex workers, ma questo è un altro passaggio.
al di là di queste considerazioni credo sia importante trovare un momento per approfondire cosa pensiamo della prostituzione. ci sarebbe moltissimo da dire. credo che in parte ci si stia già lavorando.
Sono molto d’accordo con tutto quello scritto da Barbara nei suoi interventi. Se la spiegazione non vi soddisfa mi spiace..ma è davvero frutto di una discussione collettiva – nazionale e romana – molto articolata e lunga, e le cose scritte da barbara ne rispecchiano i punti essenziali. che condivido, giacché ho partecipato a tutte le discussioni. Mi sembra che le argomentazioni siano molto chiare. Che non vi piacciano è un altro discorso. Credo che si faccia finta di non capire..specie sulla questione pubblico o non pubblico. L’assemblea femminista e lesbica romana è uno spazio aperto, lo è sempre stato, di discussione. Quando le cose non piacciono o non si condividono ce lo si dice apertamente in faccia. Riusciamo con molto impegno e fatica a costruire un luogo positivo propositivo dove si prendono decisioni collettive che poi sono appoggiate da tutte. mi lascia perplessa e francamente lo trovo anche un po’ fuoriluogo il tono polemico e sarcastico degli ultimi messaggi. il confronto bisogna volerlo e non agirlo in maniera conflittuale..altrimenti non è confronto. Ho partecipato ad assemblee che finivano oltre la mezzanotte proprio perché dense di discussioni poi è chiaro che se non ci si sta queste cose non le si può sapere. le critiche sono un po’ strumentali e comode fatte dall’esterno.
Nella nostra preziosa stanza abbiamo riflettuto parecchio sulle modalità e sulle questioni emerse nell’assemblea, perché noi abbiamo partecipato alle riunioni e l’impressione di molte(non di tutte) è stata che manchi un vero momento “pubblico” di confronto sulle questioni che forse più hanno coinvolto e “sconvolto” il femminismo. Devo dire che talvolta queste questioni sono state sfiorate, ma l’urgenza dell’organizzazione della manifestazione(nonostante tutto un momento bellissimo quello dell’anno scorso) ha avuto forse la priorità su questioni meno “urgenti”.
La distinzione che fai su ciò che è pubblico e ciò che deve rimanere inter nos(lo scambio e se vuoi anche l’incontro/scontro di posizioni diverse) non mi convince molto. Io credo si possa anche pensare un luogo pubblico all’interno del quale non si rappresenti un’immagine monolitica del femminismo, ma si possa anche rappresentare una eterogeneità di punti di vista che coesistono in modo “fluido” e senza distruttività che abbia però dei punti di riferimento comuni e questi non possono essere solo in riferimento alla violenza, mi sembra un pò riduttivo. Poi una cosa è dire a turno quelle che sono le posizioni dei vari collettivi, altro è entrare nel merito ed argomentare insieme.
Lo abbiamo visto anche nella politica “ufficiale” che la mediazione, nel momento in cui si tratta di scendere nelle questioni più complesse, ha poi portato a delle rotture. Mi chiedo quindi se è possibile iniziare ad affrontare queste questioni nell’assemblea. Possiamo trovare un momento di confronto , scambio che vada oltre il discorso sulla violenza? Certo che se l’obbiettivo è l’organizzazione della manifestazione, comprendo bene che si debba procedere con speditezza e pragmatismo e talvolta ciò è incompatibile con i tempi di una riflessione un pò più approfondita e lo spazio che ci si dà a me è sembrato un pò angusto, ma la mia è un’impressione che attende di essere smentita.
Dici che si è discusso dell’appello e quindi immagino anche della questione che ponevano le sex workers sull’affermazione dei loro diritti in quanto lavoratrici come strumento di opposizione al DDL Carfagna. Spero ci sia modo di confrontarsi su questo, a meno che non sia troppo tardi rispetto ai tempi di cui sopra, se fosse così sarebbe davvero un peccato non avere la possibilità di fermarsi o di rifermarsi su questo ed altri punti, e a prescindere dalla manifestazione, se è possibile.
Comunque, nel rispetto delle modalità da voi concordate per le discussioni, provvederemo presto a inscriverci alle mailing list e a portare le nostre riflessioni nell’assemblea.
Quello che vi pare, rimanete nella vostra stanza.
dopodichè questo testo è frutto di una mediazione enorme tra tantissime teste e tantissimi collettivi, e di questo parlo quando dico che siamo andate oltre: abbiamo cercato un punto di vista che ci trovasse vicine tutte, abbiamo cercato ponti invece di barricate, di apportare costruttivamente. se volete continuare a leggere in questo appello (anche se tutte vi diciamo che non è così) un’apologia del sex work, fate vobis.
però vi ripeto che quando si vuole intervenire criticamente in processi collettivi è importante dire le cose nel tempo e nello spazio della mediazione: l’assemblea, e se volevate scrivere (verba manent) ci sono la mailing list cittadina e la mailing list nazionale, in tutti questi luoghi si è discusso questo appello. sarebbe stato più costruttivo per voi e per noi e magari alla fine questo comunicato rispecchierebbe di più le connettive.
barbara
Mi correggo: disegno di legge Carfagna e non decreto Carfagna.
Il decreto Gelmini è stato il mio incubo per due mesi.
La parola ‘decreto’ si è impossessata di me.
Scusate, ma perchè mettere il blog se poi si preferisce non usarlo?
Credo che un confronto che passi attraverso la scrittura sia al pari, se non migliore, del confronto verbale a volte sottoposto a ‘caciara’ e a sovrapposizioni che fanno perdere il filo dei pensieri e dei discorsi e che portano ad una comunicazione frammentaria. Verba volant, scripta manent.
Non ho bisogno di spiegazioni sul decreto Carfagna perchè l’ho ben chiaro, purtroppo.
Cosa vuol dire poi, “essere andate oltre il dibattito femminista”?
L’oltre è dire che difendiamo le prostitute da ciò che sta accadendo e che è sempre accaduto?
Scusate, ma questa mi sembra la base condivisibile da tutte e non l’oltre.
A presto per un face to face…
care connettive:
visto che siete a roma e ci siamo date come strumento di confronto cittadino l’assemblea, visto che tutto questo è stato dibattuto in assemblea: perchè non partecipate alle assemblee invece di usare il blog che si presta a fraintendimenti, a toni malinterpretati e a una comunicazione frammentata? Il vostro apporto sarebbe benvenuto e bengradito e di sicuro stimolo per tutte, molto più del blog.
inoltre voglio ribadire come sulla piattaforma nessuna stia promuovendo la prostituzione e nel confronto tra noi siamo andate oltre il dibattito femminista annoso (perchè si, perchè no) e intendiamo difendere le prostitute e le donne tutte contro politiche repressive che si ripercuotono in primo luogo sulle prostitute (soprattutte quelle vittime di tratta) ma che riguardano noi tutte.
Le case chiuse: isolano le donne vittime di tratta che diventano irragiungibili dagli/lle operatrici di strada. tutela gli sfruttatori per lo stesso motivo.
Il rimpatrio dei/lle minori è di fatto un espulsione (prima vietata) che lascia senza tutela minori che provengono, indubbiamente, da situazioni violente.
La legge è a costo zero questo vuol dire che non verranno investite risorse nella lotta alla tratta nè nell’assistenza alle/ai minori. Ovviamente anche questo settore è soggetto a tagli: tutte sappiamo come a Roma siano diminuiti drasticamente i servizi come le unità di strada.
L’identificazione delle prostitute attraverso codici di abbigliamento e di condotta criminalizza tutte le donne.
Mi sembra quindi doveroso rimarcare la nostra distanza dal ddl carfagna.
Perchè ci diciamo indecorose e libere?
Perchè le parole come “decoro”, “legalità”, “sicurezza” sono quelle che vengono usate da questo potere per legittimare il controllo sui nostri corpi e se ci vogliono decorose e oppresse noi rispondiamo che siamo indecorose e libere!
baci,
barbara
Baf…come ho scritto non mi pare sensato discutere qui di prostituzione e legalizzazione -o di prostituzione come scelta. Avrò sbagliato a dilungarmi troppo, ci sono gli incontri reali e forse ce ne sarà uno a breve proprio su questo argomento a Roma, spero davvero di vederci lì. Qui specificavo solo che inserire la questione norme repressive sulla prostituzione è cosa diversa da “promuovere” la prostituzione; che le norme repressive sulla prostituzine rappresentano una forma di violenza (istituzionale) contro le donne (come anche altre proposte di legge e decreti etc…) e per questo stanno nell’appello. Mi sembra anche se ne sia parlato in assemblea nazionale il 18 e non sono state sollevate questioni in merito.
Trovo interessante la questione autodeterminazione/mercato e “libera scelta” (nonchè di approfondire la subdola connessione pulizie al canile e prostituzione, che evidentemente rimane indigesta o misteriosa) e mi farebbe piacere discuterne,ma non mi piace intasare i blog con botta e risposta, lascio la mia mail per condivisione di pensieri a riguardo, sperando in un incontro reale-di persona. rhockher@yahoo.it
L’identificazione donna/sesso, donna/fica non la faccio certo io ma i clienti che sezionano le parti del corpo in fica, culo, tette, bocca in funzione della loro sessualità e se fossimo in un mondo neutro, in cui si potesse “giocare” liberamente con le molteplici parti di sè, non ci sarebbero problemi. Ma siccome questo sezionamento è strettamente correlato alle dinamiche di potere, non si possono non considerare.
E dirò di più, considerarle come qualcosa di estrerno a cui resistere affermando la propria “libertà sessuale” pura e neutra è un’operazione ingenua. La prestazione sessuale non è mai neutra, non esiste un sesso libero che si sottrae al potere, è necessario individuare la nostra responsabilità e connivenza nei sistemi porduttivi del potere.
Cito Foucalut:”La sessualità si è costituita come campo di conoscenze a partire da relazioni di potere che l’hanno costituita come oggetto possibile”.
E poi non si tratta di dire cosa è bene e male, chi è buona e chi cattiva(distinzione a me estranea), ma di rintracciare delle responsabilità in entrambe i casi.
Il contratto di prostituzione è paragonabile a quello di matrimonio, entrambi trovano legittimazione nel mercato, nella contrattualizzazione delle relazioni e il mercato non è per nulla garanzia di libertà, ma è perfettamente in linea col sistema. Autodeterminazione e mercato sono incompatibili.
Paragonare poi un pompino allo spalare merda non mi sembra corretto (tanto più in questo caso che a giovarne sarebbero i cani, che mi stanno simpatici) e anche ove lo fosse, sarei molto critica anche nei confronti dell’affermazione del diritto di scegliere di spalare merda, all’interno di una manifestazione contro la merda.
Il sostegno alle sex workers contro i provvedimenti criminalizzanti nei loro confronti, ci sta tutto e non lo metto proprio in discussione, è fin troppo scontato e ha senso all’interno della manifestazione, l’affermazione della scelta di prostituirsi invece non la trovo molto azzeccata.
Ci sono state diverse manifestazioni negli ultimi tempi, mirate a contrastare i diversi provvedimenti e decreti del governo, e tante ce ne saranno ancora sicuramente nel corso dei prossimi mesi. La manifestazione contro la violenza sulle donne è una sola volta l’anno, e riguarda anche le donne che lavorano. Non basta lavorare per esserne immuni.
Possiamo sostenere (qualora lo vogliamo) le sex workers, come le maestre, come le altre categorie lavorative femminili in qualsiasi manifestazione in qualsiasi giorno. E lo stiamo facendo già. La data del 24 novembre(anche se anticipata al 22) ha una sua specificità e una sua storia.
Rho, quando parli di sex workers, io capisco letteralmente lavoratrici del sesso.
Ho letto il manifesto internazionale dei sexworkers su internet, e mi pone molti interrogativi. Mi sembra che nella tua risposta manchi una riflessione sul potere che vada oltre la “norma repressiva”. Sinceramente non conosco sexworkers, conosco però tante donne cadute nella tratta e tante cadute nella violenza domestica. Tante davvero: 1500 circa all’anno solo nella provincia di Roma. Ogni anno, e solo nella provincia di Roma. La tratta poi, non ne parliamo! Se vogliamo allargare la base del movimento femminista dobbiamo assumere una prospettiva materialista, prima che utopica. E in questo senso porre il problema sexworkers all’interno di una manifestaz contro la violenza sessuale sulle donne è un controsenso. E anche un po’ indecoroso!
Care compagne, non entro nel merito della discussione sulla prostituzione, perché trovo inutile farlo in un blog, ma leggendo la piattaforma mi nasce spontanea una domanda: e l’antifascismo?
Nella piattaforma del corteo non ce n’è traccia. Non è che stiamo perdendo di vista quello che ci succede intorno?
Sarò breve.
Innanzi tutto credo che attribuire un linguaggio sessista sia fuori luogo.
Credo fermamente che una buona percezione di noi passi anche e soprattutto attraverso il nostro corpo. E scusatemi se posso sembrarvi fuori moda ma scopare a destra e a manca per soldi o non soldi mi fa riflettere un po’.
La questione per me, al di là di tutti i discorsi, è semplice:
si può affermare che la prostituzione può essere una scelta?
Per quanto mi riguarda no e affermarlo sì che rientra in una cultura patriarcale, maschilista, sessista… chiamatela come vi pare.
Nessuna di noi è contenta per ciò che sta accadendo e nessuna di noi pensa che la prostituzione debba essere considerata reato.
La questione è: perchè una donna sceglie(?) di prostituirsi?
Credo si debba andare a fondo di questo.
per comodità mia riporto l’intervento delle connettive nel miocommento dirisposta…
1. Cosa implica il riconoscimento dellal scelta di prostituirsi e che significato ha all’interno della manifestazione:
-la promozione della prostituzione oscura le violenze a cui le donne che si prostituiscono sono soggette, non nominando il problema della tratta, che riguarda la maggior parte delle prostituite.
Non è chiaro chi “promuove” la prostituzione. A me non sembra che nessuna/* lo faccia….
-la prostituzione è in sé una violazione, è sfruttamento perché mercifica i corpi e ne contrattualizza l’uso: una società civile non può riconoscere il diritto di vendere il proprio corpo, così come vieta la vendita degli organi e disciplina la donazione degli organi in modo da escludere qualsiasi tipo di scambio economico.
Gli atti sessuali non sono “il proprio corpo”. Il modo di dire “vendere il proprio corpo” è TOTALMENTE interno alla cultura sessista in cui si assimila la donna al sesso: donna=sesso, ovvero donna che vende sesso equivale a vendersi in toto. Che significa esattamente vendere il proprio corpo? A che pensate quando dite questo? (non ho capito,la vagina è la cosa più preziosa per una donna? O il femminismo mette in evidenza che sono sacri e preziosi l’intero essere umano e il suo tempo?)
Compagne attenzione ad usare il linguaggio creato dalla cultura sessista.
Attenzione due volte perchè il sesso così descritto si “santifica” e questo rientra sempre nello stesso sistema di pensiero: il sesso non si vende perchè è sacro (ma solo quello delle donne, il sesso maschile venduto fa meno impressione…vi siete chieste perchè? E il perchè è importante: riguarda da vicino le donne questa diversa percezione che si ha della prostituzione femminile e di quella maschile….e parlo sempre al di fuori di tratta e sfruttamento, sia chiaro)..
Perchè il sesso è più sacro di tutto il “resto” della persona-donna?
Perchè è più denigrante per una donna vendere sesso, che per un uomo?
Perchè fare 5 minuti di pompino a pagamento è più denigrante che pulire merda al canile comunale 7 ore al giorno? O doversi piegare alle regole di mercato in materia artistica? O “leccare il culo ” a qualcuna/o per far carriera (tipo all’università o dove vi pare)?
Dov’è il problema? Non sarà la vendita e lo sfruttamento IN OGNI SENSO di esseri umani? Non sarà che “vendersi” in qualsiasi modo non è bello né “giusto”?
Da un punto di vista femminista è fondamentale rilevare come l’oppressione delle donne passi in modo specifico per lo sfruttamento sessule, nelle sue varie forme: di coppia (matrimonio), nella prostituzione, nella pornografia e, contemporaneamente, nel lavoro di cura. Divisione sessuale del lavoro. Ed è importante tornarci su, riprendere questo discorso. E’ importante capire come patriarcato e sessismo intervengono sui corpi e nelle vite delle donne. E’ importante tornare a dire come (e sottolineo come ) le donne rappresentino e siano rappresentate/rappresentanti in qualità di oggetti sessuali. Se vogliamo smontare questa roba bisogna andare affondo e guardare anche quello che “è scomodo vedere”, la complessità della cosa, le sue numerose, varie articolazioni. Non basta dire “si mercifica il corpo” sopratutto in un mondo in cui i corpi di tutte e tutti sono mercificati in ogni modo, e non solo: tutto è mercificato, gli affetti, la socialità etc…(la metto giù dura ma E’ dura). E’ facile isolare la questione e sentenziare: “è male”.
Diverso è dire i corpi delle donne sono mercificati in modo specifico e analizzare la questione.
-considerare la prostituzione una scelta e un diritto implica la necessità di una regolamentazione e quindi il riconoscimento del sesso come un prodotto/servizio e i clienti/compratori dei “consumatori” di donne, con tutte le implicazioni che questo comporta (limiti di età, quantità e qualità delle prestazioni, diritto all’esigibilità della prestazione stessa, etc.); maggiore espansione dell’industria del sesso e soggezione alle regole di mercato; limitazione dei programmi di fuoriuscita dalla prostituzione, anzi la sua promozione come “lavoro”; difficoltà di determinare gli abusi, di delineare la differenza tra una violenza e una giusta pretesa all’ottenimento di quanto pattuito nella contrattazione; mancata promozione di ricerche sul fenomeno.
Emerge da studi internazionali (Osservatorio sulla violenza contro le donne,Lobby Europea EWT, Coalizione contro la tratta CATW), che laddove la prostituzione è stata legalizzata, le violenze contro le prostitute continuano ad esistere: per esempio in Netherland il 40% subisce aggressioni fisiche, il 40% violenza sessuale). Il problema reale è il cliente, al quale non può essere riconosciuto alcun diritto e alcuna legittimazione, attraverso il riconoscimento del diritto a prostituirsi.
Mi sembra un passo molto accelerato parlare qui di “legalizzazione”: per ora ci troviamo in una situazione in cui si vuole far diventare la prostituzione reato. Ci rendiamo conto?!
Compagne, ci rendiamo conto? REATO.
La prostituzione è un fenomeno che ha molte faccie e dire “le violenze contro le prostitute continuano ad esistere” è un’affermazione sicuramente vera -sic- ma non descrive la situazione: Quali prostitute? In che contesti lavorano? Etc…
Ripeto: per fare un’analisi seria di un fenomeno non basta una statistica (che poi va letta adeguatamente tra l’altro) ma è assolutamente necessario un confronto reale con i soggetti coinvolti.
E sentire anche le sex worker (e dico le sex worker per le specifiche oppressioni di genere, ma confrontarsi anche con le sex worker trans e i sex worker forse ci direbbe anche qualcosa in più sul rapporto patriarcato-sessismo e sessualità in genere, che non guasterebbe…ad esempio M.Mieli diceva qualcosa sulla misoginia e la rappresentazione, in un certo senso pornografica, del “femminile” in correlazione all’omosessulità maschile repressa o “educastrata”…argomento che potrebbe essere rilevante ai fini anche della “nostra” lotta, si diceva sguardo globale-agire locale).
Insomma forse possiamo vedere qualcosa che dalla nostra posizione ci sfugge.
Fare un unico calderone sotto la voce “prostituzione” (tra l’altro descritta solo come “vendita del proprio corpo) non credo sia uno strumento realisticamente valido di lotta.
Spero di essere stat* chiar* abbastanza.
E spero di poter discutere sulla legalizzazione quando le persone che si prostituiscono e/o vittime di tratta e sfruttamento, almeno non rischino multe, espulsioni, galera (oltre a tutto il resto).
-la connessione tra prostituzione e violenza, inoltre risulta da molti studi: una percentuale considerevole di donne e ragazze che si prostituiscono sono state vittime di abusi. San Francisco 1998: su 130 donne il 57% erano state abusate da bambine, il 49% aveva subito violenze fisiche in famiglia. In Oregon 1993, l’85% sono state vittime di incesto, etc. Le donne che si prostituiscono dichiarano di non desiderare che le proprie figlie abbiano come aspirazione il “lavoro” di prostituta.
Noi vogliamo che la nostra comunità di donne lo desideri?
Ripeto nessuna qui mi pare si auguri di prostituirsi o lo promuova in alcun modo, come non mi auspico che mia figlia/o vada a fare un lavoro alienante, che la/lo deprivi degli affetti o dei tempi per viverseli …e via cantando.
E poi ancora sulle statistiche…mi sa che purtroppo le percentuali di donne violentate-molestate-abusate in qualche modo sia alto un po’ in qualsiasi campo. Ma ancora torno a dire indaghiamo sulle statistiche…come un’abuso porta alla prostituzione? Come funziona questo meccanismo? Questa sarebbe una cosa su cui lavorare, non mi basta decretare: “la prostituzione è male” (e, di conseguenza: “ quanto sbagliano le donne che lo scelgono=cattive”, non sarà funzionale al sistema a schieramenti dividersi in buone e cattive?)
-introdurre, all’interno di una manifestazione contro la violenza alle donne, la difesa del “lavoro” di prostituta è contraddittorio e legittima la violenza che essa stessa vuole rendere visibile e condannare.
Mi sono pers* un passaggio: non mi sembra si stia difendendo nessun “lavoro” (e sul concetto di lavoro ci sarebbe molto da dire, appunto). Mi sembra ci si sia limitate a difendere le persone che sono oggetto di violenze normative fondate sull’ipocrisia sessista e patriarcale. Si esprime solidarietà ad altre donne (nate tali o no) rispetto ad una situazione, ad un contesto preciso, su qualcosa che riguarda tutte: dividere le donne in sante e puttane, in degne/indegne, repressione normativa sui corpi reali delle donne.
Buona lotta a tutte/i/*. Rho.
Posto che i dissensi sono segno di un alto livello raggiunto dal dibattito femminista, non voglio fare la guastafeste della situazione a pochi giorni dalla manifestazione, ma non riesco a comprendere bene lo spessore politico e la specificità femminista dell’espressione “indecorose e libere”. Qualcuna mi può aiutare?
Cosa implica il riconoscimento dellal scelta di prostituirsi e che significato ha all’interno della manifestazione:
-la promozione della prostituzione oscura le violenze a cui le donne che si prostituiscono sono soggette, non nominando il problema della tratta, che riguarda la maggior parte delle prostituite.
-la prostituzione è in sé una violazione, è sfruttamento perché mercifica i corpi e ne contrattualizza l’uso: una società civile non può riconoscere il diritto di vendere il proprio corpo, così come vieta la vendita degli organi e disciplina la donazione degli organi in modo da escludere qualsiasi tipo di scambio economico.
-considerare la prostituzione una scelta e un diritto implica la necessità di una regolamentazione e quindi il riconoscimento del sesso come un prodotto/servizio e i clienti/compratori dei “consumatori” di donne, con tutte le implicazioni che questo comporta(limiti di età, quantità e qualità delle prestazioni, diritto all’esigibilità della prestazione stessa, etc.);maggiore espansione dell’industria del sesso e soggezione alle regole di mercato; limitazione dei programmi di fuoriuscita dalla prostituzione, anzi la sua promozione come “lavoro”; difficoltà di determinare gli abusi, di delineare la differenza tra una violenza e una giusta pretesa all’ottenimento di quanto pattuito nella contrattazione; mancata promozione di ricerche sul fenomeno.
Emerge da studi internazionali(Osservatorio sulla violenza contro le donne,Lobby Europea EWT, Coalizione contro la tratta CATW), che laddove la prostituzione è stata legalizzata, le violenze contro le prostitute continuano ad esistere: per esempio in Netherland il 40% subisce aggressioni fisiche, il 40% violenza sessuale). Il problema reale è il cliente, al quale non può essere riconosciuto alcun diritto e alcuna legittimazione, attraverso il riconoscimento del diritto a prostituirsi.
-la connessione tra prostituzione e violenza, inoltre risulta da molti studi: una percentuale considerevole di donne e ragazze che si prostituiscono sono state vittime di abusi. San Francisco 1998: su 130 donne il 57% erano state abusate da bambine, il 49% aveva subito violenze fisiche in famiglia. In Oregon 1993, l’85% sono state vittime di incesto, etc. Le donne che si prostituiscono dichiarano di non desiderare che le proprie figlie abbiano come aspirazione il “lavoro” di prostituta.
Noi vogliamo che la nostra comunità di donne lo desideri?
-introdurre, all’interno di una manifestazione contro la violenza alle donne, la difesa del “lavoro” di prostituta è contraddittorio e legittima la violenza che essa stessa vuole rendere visibile e condannare.
Cosa implica il riconoscimento dellal scelta di prostituirsi e che significato ha all’interno della manifestazione:
-la promozione della prostituzione oscura le violenze a cui le donne che si prostituiscono sono soggette, non nominando il problema della tratta, che riguarda la maggior parte delle prostituite.
-la prostituzione è in sé una violazione, è sfruttamento perché mercifica i corpi e ne contrattualizza l’uso: una società civile non può riconoscere il diritto di vendere il proprio corpo, così come vieta la vendita degli organi e disciplina la donazione degli organi in modo da escludere qualsiasi tipo di scambio economico.
-considerare la prostituzione una scelta e un diritto implica la necessità di una regolamentazione e quindi il riconoscimento del sesso come un prodotto/servizio e i clienti/compratori dei “consumatori” di donne, con tutte le implicazioni che questo comporta(limiti di età, quantità e qualità delle prestazioni, diritto all’esigibilità della prestazione stessa, etc.);maggiore espansione dell’industria del sesso e soggezione alle regole di mercato; limitazione dei programmi di fuoriuscita dalla prostituzione, anzi la sua promozione come “lavoro”; difficoltà di determinare gli abusi, di delineare la differenza tra una violenza e una giusta pretesa all’ottenimento di quanto pattuito nella contrattazione; mancata promozione di ricerche sul fenomeno.
Emerge da studi internazionali(Osservatorio sulla violenza contro le donne,Lobby Europea EWT, Coalizione contro la tratta CATW), che laddove la prostituzione è stata legalizzata, le violenze contro le prostitute continuano ad esistere: per esempio in Netherland il 40% subisce aggressioni fisiche, il 40% violenza sessuale). Il problema reale è il cliente, al quale non può essere riconosciuto alcun diritto e alcuna legittimazione, attraverso il riconoscimento del diritto a prostituirsi.
-la connessione tra prostituzione e violenza, inoltre risulta da molti studi: una percentuale considerevole di donne e ragazze che si prostituiscono sono state vittime di abusi. San Francisco 1998: su 130 donne il 57% erano state abusate da bambine, il 49% aveva subito violenze fisiche in famiglia. In Oregon 1993, l’85% sono state vittime di incesto, etc. Le donne che si prostituiscono dichiarano di non desiderare che le proprie figlie abbiano come aspirazione il “lavoro” di prostituta.
Noi vogliamo che la nostra comunità di donne lo desideri?
-introdurre, all’interno di una manifestazione contro la violenza alle donne, la difesa del “lavoro” di prostituta è contraddittorio e legittima la violenza che essa stessa vuole rendere visibile e condannare.
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